Why are you doing this to me?

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 La mia macchina emette un forte rombo prima di iniziare a muoversi diretta verso l'ufficio dei miei genitori. Sono le 16:30 e sarò per le 16:50 massimo, devo calcolare bene i tempi visto che io, non si sa come, sono sempre in ritardo e miei genitori sfortunatamente non lo tollerano. Accendo la radio e cerco di mantenere la mente libera dalle troppe preoccupazioni e dalle troppe domande che come sempre non hanno mai una risposta sensata.
Con mio rammarico parcheggio entro nell'ufficio dei miei genitori con 5 minuti di ritardo.

Meno male che avevo calcolato i tempi!

"Genesis sei in ritardo" tuona autorevole mio padre che si alza dalla sedia in pelle verde bottiglia. "Si, lo so. Scusatemi. Allora di cosa dovete parlarmi?" chiedo immediatamente per risparmiarmi la ramanzina abitudinale di mio padre sull'arrivare nell'orario richiesto e portare rispetto e bla bla bla. "Come ti ho già detto ieri sera, c'è qualcuno che ci impedisce di iniziare il processo" dice mia madre mentre si alza dalla poltrona girevole dall'alto schienale in pelle nera dietro la scrivania in legno di ciliegio.
Solo ora noto quanto sia cupo questo abitacolo. La grande libreria, con tomi di legge, in legno di ciliegio appesantisce l'ambiente, reso ancora più cupo dalle spesse tendi verde che impediscono alla luce di entrare. Il colore delle tende richiama le due poltroncine poste davanti alla scrivania sormontata da un computer e varie cartelle sparse. Il parquet del pavimento è quasi completamente messo in ombra da un tappeto persiano fatto a mano dai contorti ghirigori che sembra l'unica cosa che da un po' di luce grazie al bianco che fa capolino tra il rosso, il verde e il marrone.
"Chi?" chiedo dopo una pausa troppo lunga. Trattengo il respiro, ho quasi paura che dalle labbra dei miei genitori possa uscire una risposta troppo spiacevole, che mi rechi ancora più preoccupazioni di quelle che già ho oppure che implica il coinvolgimento dello stalker. "Cameron Price" questo nome scivola veloce dalle labbra rosse di rossetto di mia madre. Le mie sopracciglia si aggrottano e le unghie della mano destra trovano il palmo, conficcandosi al suo interno. "Potete spiegarvi meglio?" chiedo per placare la mia confusione mista a curiosità. " è in ospedale, in coma. Al tribunale è richiesta la sua presenza in quanto deve dare la sua versione dei fatti. Fino a quando non sarà in grado di intendere e di volere il processo non potrà iniziare" dice mio padre dando inizio ad una tumultuosa serie di domande.

Perché Cameron è in coma?

Come è successo?

È colpa di J.B.?

"Come ha fatto a finire in coma?" chiedo velocemente per cercare di arrivare a qualche risposta. "Un mix di alcool e droga. I medici hanno detto che è un miracolo che sia ancora vivo" sputa velenosamente mi madre che raggiunge mio padre davanti a me.

Sapevo che Cameron si fumasse qualche canna ma era solo per apparire "figo" e di certo non può essere stata una canna di troppo a provocargli il coma.

Lo stalker mi aveva avvertito che gliel'avrebbe fatta pagare ma non sono sicura che lui centri in questa storia. In fondo non ho prove per accusarlo.
Beh non avrei prove nemmeno se fosse stato lui il colpevole.
Non so davvero che pensare.

Davvero lo stalker sarebbe capace di mandare in coma una persona?

I miei pensieri vengono interrotti dal trillo del telefono. Mia madre si muove svelta su suoi tacchi neri lucidi firmati Chanel ed alza la cornetta. "Pronto?" dice lei gentilmente, "Si" risponde prima che la sua espressione cambi radicalmente. Sembra preoccupata e terrorizzata, deve essere successo qualcosa di grave. Mia madre non diventa mia così agitata, è la classica persona che rimarrebbe calma e saprebbe gestire la situazione anche se fosse in mezzo ad un incendio. Mio padre deve aver percepito la sua paura ed insieme ci avviciniamo alla mamma per tentare di capire qualcosa.
Non facciamo in tempo ad avvicinarci che la cornetta le scivola dalle mani cadendo a terra in un forte tonfo.
Ci guarda spaesata mentre alcune lacrime iniziano a straripare dai suoi occhi trascinando con se il mascara. Mio padre accorre verso di lei e la sorregge prima che possa raggiungere la cornetta a terra. "Che succede Victoria?!" grida in preda al panico mio padre. "Sono in coma" la risposta scivola leggere in un sussurro dalla bocca di mia madre e continua a fluttuare nella mia mente. "Chi?!" chiede ancora una volta mio padre. "Hanna, Rob, Jazmine e Jaxon" al suono della risposta di mia madre un forte dolore si aggrappa al mio stomaco e sono costretta a reggermi alla scrivania per non cadere a terra.
Il viso di mio padre assume un smorfia di puro terrore e con un scatto afferra le chiavi della macchina mentre io e la mamma ci sorreggiamo a vicenda. "In che ospedale si trovano?" chiede svelto mio padre mentre ci dirigiamo verso la home dell'edificio. "Al St. Andrew" risponde mia madre tra un respiro profondo e l'altro cercando di calmarsi. "Micaela cancella tutti gli appunti fissati per oggi, abbiamo un'emergenza familiare" dice mio padre rivolto alla segretaria che sguaiatamente mastica una gomma da masticare.
Al suono della voce di mio padre riacquista una postura eretta ed inizia a battere lettere sulla tastiera del suo computer. "Ma signor Hill oggi avete in programma la riunione con il signor Thompson" tenta di ribattere Micaela con voce stizzita. "Fa come ha detto e non scordarti che tu la lavori per noi e devi fare ciò che ti è richiesto" sputa velenosa mia madre mentre le dedica uno sguardo truce. "Certo signora Hill, mi scusi" ribatte la segretaria a testa bassa. "Non abbiamo tempo per questo Victoria" sbuffa mio padre mentre velocizzando il passo si dirige verso il parcheggio seguito da me e mia madre.

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