Prologo

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Corinne

«Corinne! Vieni subito qui per favore».

Sbuffai, posando la mia tazza di caffè sull'isola della cucina mentre raggiungevo Maria. Mia sorella era completamente nel panico di nuovo a causa della piccola peste della casa.

«Che c'è?», chiesi con un sospiro.

Maria mi guardò disperata con le mani nei capelli di sua figlia, che singhiozzava senza controllo. «N-non riesco a farle la treccia, ci sto provando da ore e Dio, Raven non smette di piangere e devo accompagnarla a scuola».

«Lascia fare a me», dissi, sedendomi davanti alla bambina, che mi guardò con grandi occhi arrossati, dal colore uguale a quelli di suo padre, «Tranquilla Raven, adesso la zia ti fa una bellissima treccia».

«G-grazie zia Cori», singhiozzò Raven, voltandosi per mostrarmi la matassa disordinata dei suoi capelli corvini. Quelli li aveva presi da Maria.

Dopo aver districato i nodi, mi adoperai ad intrecciare i capelli di mia nipote.

«Sei pronta per il colloquio?», mi chiese Maria, intenta a preparare la borsa della scuola di sua figlia.

Mi morsi il labbro inferiore. «Credo di sì... Spero che riesca a fare colpo», borbottai, fermando la treccia di Raven con un piccolo elastico per capelli. La bambina si voltò, posandomi un bacio sulla guancia.

Quella mattina avrei affrontato uno dei colloqui più importanti della mia vita. La più importante rivista di New York, l'Upper State Magazine, cercava personale per uno stage retribuito messo in atto dal nuovo amministratore delegato dell'azienda che la pubblicava, il figlio minore di Andrew Hemmings, Luke, a cui il padre aveva lasciato le redini dell'azienda.

Era una bella opportunità, qualcosa che capita una volta nella vita, e io non avevo intenzione di fallire: ho bisogno di soldi se voglio aiutare la mia famiglia.

«Sbottona un po' quella camicetta e vedrai come farai colpo», disse Maria, sorridendomi maliziosa.

Sospirai. «Non farò colpo aprendo le gambe. Hemmings mi assumerà perché sono intelligente, capace-».

«E perché sei disposta a succhiarglielo sotto la sua scrivania», concluse Maria, tappando le orecchie a sua figlia che si lamentò prima di correre in cucina.

Io e Maria seguimmo la piccola peste. «Non sarei mai disposta a fargli favori sessuali, e lo sai. Se verrò assunta sarà soltanto per le mie capacità in ambito lavorativo».

«Beh, non conosci Luke Robert Hemmings, allora», si intromise Derek, seduto sul divano con un vassoio di biscotti in mano.

Ogni tanto era spaventoso trovarlo in casa, considerato che vive da solo da cinque anni ed ha cominciato a venire a trovarci più frequentemente dalla nascita di Raven. Di solito passa qui il giovedì, il suo giorno libero, giusto per esasperare la mamma - insomma, chissà come se ne trovava uno in meno in giro per casa!

A volte mi chiedo perché passi il novanta percento del suo tempo qui considerato che il suo appartamento non è neanche tanto male. Un giorno me lo prenderò io, visto che lui non lo usa...

«Zio Derek!», strillò Raven, saltando sulle gambe di mio fratello, «Voglio un biscotto».

Derek sorrise a Raven, porgendole un biscotto che la bambina afferrò prontamente. «Tieni, pulce», borbottò a bocca piena, baciandole la fronte prima di tornare a guardarmi, «Quest'anno è finito sulle pagine dei giornali di gossip minimo una ventina di volte per numerosi flirt con numerose modelle».

Scossi la testa. «Perché dovrei finire anch'io con lui? Vado lì per lavorare, cavolo!», mugugnai esasperata, sedendomi accanto a Derek e prendendo un biscotto dal vassoio.

Boss || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora