Capitolo 3

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Mi piacerebbe dire che la luce del sole che filtrava dalle serrande, in quella luminosa mattina di Marzo, mi svegliò, ed io aprii gli occhi pronta per una nuova giornata...ma no. Non va esattamente cosi, e lo capisco da quando sbatto le palpebre ripetutamente e mi metto a sedere, riuscendo a captare un fruscio oltre le finestre chiuse, che individuo come pioggia. 'Grandioso, come il mio umore di merda' penso, districandomi a fatica tra le coperte e ciabattando rintronata verso il bagno.

Non appena entro, mi getto dell'acqua sul viso con le mani, cercando di lavar via quella sensazione di stanchezza che mi accompagna da ieri sera, e alzo lo sguardo per osservare il mio viso allo specchio, contrornato da tante goccioline che scorrono sulla pelle. So benissimo dove sono, perché ci sono finita...ma non cosa ho intenzione di fare. La mia vita è completamente andata a farsi benedire, dato che non ho più né casa, né un posto assicurato in facoltà, né tantomeno soldi, dato che era il mio ragazzo quello ricco.'Dovrò trovarmi un lavoro' realizzo, mentre esco dalla stanza e chiudo con cautela la porta, evitando di fare rumore. Attraversando il corridoio, cerco di ricordare le indicazioni di Diamond per giungere in cucina, e mi sorprendo della grandezza dell'appartamento, capace di contenere un intero esercito.

Mentre inforco l'ennesima cucchiaiata di cerali e latte, inizio a pianificare la mia giornata, almeno un minimo. E' più forte di me: non che sia una di quelle tipe pignole che devono sapere il minuto esatto in cui usciranno di casa e robe del genere, ma se non ho una vaga idea di ciò che devo fare vado in confusione. Ripensando a ciò che ho passato ieri sera, realizzo che la cosa migliore da fare è informare la mia famiglia di questa..ehm...bancarotta, prima che lo vengano a sapere da Jack, dato che quel viscido potrebbe dir loro che sono stata io a scoparmi un tipo a caso incontrato in discoteca. Mi alzo e percorro il corridoio a ritroso, abbandonando la mia tazza con un quadro di Van Gogh, per raggiungere la mia stanza, il mio cappotto e, di conseguenza, il mio telefono...compratomi da Jack per il mio diciannovesimo compleanno. Un'altra cosa che mi lega a lui, un'altra cosa che mi fa sentire uno schifo, per essermi affidata completamente a un uomo, avendogli lasciato libero arbitrio nella mia vita, tenendolo stretto anche se lui faceva di tutto per liberarsi, divincolandosi. Sono questi cupi pensieri che mi accompagnano mentre compongo il numero di mia madre, mentre aspetto che risponda, e mentre sono sul punto di riattaccare. "Tesoro! Come mai mi chiami adesso?" questa frase mi ferma al premere il pulsante rosso, e riporto l'oggetto all'orecchio "perché..che ore sono" chiedo, scettica, controllando l'orologio sulla parete. Sono le nove. Decido di tornare in cucina e finire la mia colazione, dato che ho anche bisogno di energie per dirle ciò che è successo. Spero solo capisca. "Oh no, cara. Non...non c'entra l'orario...sai che io e tuo padre siamo sempre svegli. Come pipistrelli" ridacchia, e mi ritrovo a sorridere nel sentirla così allegra. Mi diapiace solo che tra poco rovinerò tutto. "E' solo che non ci sentiamo mai più..più di due volte a settimana. Sei sempre occupata con Jack. A proposito, come va tra voi due?". BOOM. Un'altra pugnalata al cuore. L'ennesima che mi ricorda di cosa mi ero privata mentre stavo con quella bestia. Ma come mi ero ridotta? A chiamare la mia famiglia due volte a settimana? Dio, che schifo. "Ecco..io...dovrei parlarti di lui" esordisco, mentre afferro la tazza e mi siedo accanto all'enorme finestra che mi dà una perfetta visuale della trentanovesima ,e di questa meravogliosa città che è New York. "E' successo qualcosa, Juli?" chiede, allarmata, e posso sentire il fruscio delle lenzuola che si scostano. Lei e papà amano svegliarsi presto, ma restano sempre un'oretta a letto a guardare la TV. E io da piccola portavo loro la colazione, con tanto di fiori che andavo a cogliere in giardino la sera prima. Questa visione mi fa scoppiare di nuovo a piangere, e la donna dall'altro capo del telefono sospira, prima che io riesca a trovare il fiato per continuare: "ci..ci siamo lasciati" ammetto, abbassando lo sguardo sui cereali al cioccolato che galleggiano nel latte ormai marroncino, ricevendo solo un Oh come commento. "In realtà l'h..ho l..lasciato i..io. Q..quel v..verme" inspiro ed espiro parecchie volte, per cercare di calmarmi e risultare un minimo comprensibile. "Per la quinta volta mi ha lasciata sola in discoteca. E dato che nelle precedenti quattro l'ho beccato a strusciarsi contro qualcuna, sono arrivata alle mie conclusioni. Andrò a prendere la mia roba appena me la sento, ma ti ho chiamata per informarti del fatto che non mi importa se mi hai mandata qui solo per lui, non mi importa se ora non ho più nulla...di materiale, almeno. La dignità, quella c'è ancora...un pochino. E francamente tengo più a questa che a un futuro garantito in compagnia di un viscido che ha anche osato minacciarmi, ha detto che se lo avessi lasciato vi avrebbe chiamato, e mi avrebbe fatta tornare in Ohio. Ma..beh. L'ho mollato lo stesso. Voglio avvisarti: se chiama, non credere a una parola di quello che dice" concludo, prendendo una cucchiata di latte e asciugandomi le lacrime. Mentre percepisco che mia madre sta pensando a cosa rispondere, sento un braccio attorno alla mia vita e mi accorgo che Diamond si è svegliata. Quel gesto mi mette estremamente a disagio, cosi mi divincolo e mi libero dalla sua morsa, ma poi me ne pento quando vedo un velo di tristezza attraversarle lo sguardo...che però ad un mio sorriso, sembra sparire. " Quel bastardo!" esclama mia madre, e io sgrano gli occhi. "Mamma?" "Che c'è. Anche io conosco gli insulti, e li uso quando ce n'è bisogno." risponde, stizzita. Okay, questa versione di mia mamma regina della commedia mi spiazza, e devo ancora capire se mi piace o se, piuttosto, mi fa paura. "Tesoro. Dove sei ora?" chiede, e lancio un'occhiata a Diamond per avere il via libera, che ottengo. "Da un'amica,mamma. Non sono in mezzo ad una strada" la rassicuro, per poi alzarmi e andare a riporre la tazza nel lavello. "Okay. Quest'amica...dove abita?"...posso sentire il suo tono sicuro, deciso, combattivo, e sospiro, dato che quando lei entra nella fase da nulla-può-fermarmi non ho speranze di dissuaderla. "Sulla trentanovesima ma.." "Okay. Ci vediamo al massimo stasera" esordisce, per poi riattaccare lasciandomi con la bocca aperta nel tentativo di dire qualcosa. Sento Diamond ridacchiare alle mie spalle, e mi giro per vederla seduta al tavolo della cucina, intenta a mangiare da un pacco di biscotti. "Sei un animale" commento, dirigendomi verso lo scolapiatti e mettendole accanto un piatto. "Prima li metti qui, poi li mangi. Solo quelli che vuoi. Non è igienico per gli altri!" la istruisco, guardandola. Lei alza lo sguardo e mi risponde semplicemente con un "ma ci vivo solo io qui". "Non più" ammetto, sedendomi accanto a lei. "Uh...ti stai autoproclamando mia coinquilina?" "Uhm...finché non troverò una nuova sistemazione...sai.." "Ehy" mi zittisce lei, mettendomi una mano sulla spalla. "Va bene. Mi piace la compagnia. Resta finché vuoi...questa casa è grande". "Ecco..a proposito di casa grande...potresti ospitare anche mia madre? Non mi va di lasciarla sola in hotel". Lei annuisce, per poi alzarsi e stiracchiarsi, osservando il sole che illumina i tetti di New York, e io mi ritrovo a pensare che la sua pelle resa dorata dalla luce è davvero una bella visione.

DIAMONDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora