"Juli....mi dispiace così tanto" sussurra mia madre, stretta a me nel tentativo di non lasciarmi andare mai più. Chiudo gli occhi per evitare lo sguardo insistente e triste di Diamond, che sembra quella tra noi due che ha più voglia di andarsene. Per quanto mi riguarda, potremmo restare: il peggio è passato. Ma lei ha una sorta di bisogno di fuggire da ciò che è successo, come se aver urlato di amarmi dentro il Macy's, e davanti ad Emily, l'abbia turbata moltissimo. Quella sensazione che si prova quando si compie qualcosa di terribile e se ne conoscono le conseguenze. Come quando rompi qualcosa e tua madre entra in cucina per urlarti contro; tu senti già i suoi passi avvicinarsi, e sai cosa accadrà. Provi quella sensazione per cui ha solo voglia di scappare lontano. Lontanissimo. Ovviamente, nel nostro caso, è moltiplicata per mille. "Mamma...scusami. Io prometto che tornerò. A Natale" replico, staccandomi dall'abbraccio e sorridendole rassicurante. Poi guardo mio padre: ha un sorriso mesto stampato sul volto, e i suoi occhi puntati nei miei sono lucidi. Mi fiondo tra le sue braccia e ci resto finché Diamond non mi richiama con un colpo di tosse; il taxi è arrivato. Lancio un ultimo sguardo alla casa per poi procedere verso la porta e chiuderla sul volto di mia madre che cerca di trattenere le lacrime.
"Bus?" chiedo perplessa, spostando lo sguardo dalla ragazza accanto a me al mezzo in questione. Lei scuote le spalle e replica, fredda:" non sono riuscita a trovare di meglio" prima di mettere le sue valige nel vano laterale, seguita da me. "Stai cercando di scappare da me? No, perché ti stai portando dietro la causa del tuo problema" ribatto, seguendola lungo lo stretto corridoio fino ai nostri posti. Lei mi lancia uno sguardo duro prima di sedersi, come al solito, vicino al finestrino. 'Mi piace vedere il mondo' aveva detto una volta, durante uno dei nostri soliti viaggi in taxi. Anche a me, però il posto accanto al vetro spetta a lei per chissà quale strana legge della fisica quantistica Diamondiana. Per due ore non parliamo quasi per nulla, e la situazione comincia a stressarmi. Nonostante la musica sia per me un'ottima compagna, in questo momento abbiamo un altro problema; il motivo per cui ha deciso di fare le valige e partire così in fretta. "Mi spieghi che ti prende? Mi ignori!" esclamo, e lei si volta verso di me scrutandomi con i suoi occhi blu. "Io? Io non ti ignoro. Sto solo cercando di farti un favore" replica, girandosi di nuovo verso il finestrino. "Quale favore? Scappare dalla mia famiglia?" sibilo, scuotendola per la spalla e ricevendo in cambio una gomitata sulle costole, che mi fa mugolare di dolore. Diamond si volta e, alzando di poco la mia maglia per controllare, dice con tono più dolce:"No. Da Emily". "Peccato che non mi serva" rispondo, acida, scostandomi da lei e voltandomi dall'altro lato.
"Juliette" sussurra, scuotendomi per la spalla. Apro lentamente gli occhi e realizzo che la maggior parte dei passeggeri è scesa, e che quindi siamo arrivate. Mi volto verso la ragazza accanto a me che sta cercando di infilarsi la borsa a tracolla e mi alzo, protendendomi verso il vano sopra le nostre teste per riprendere la mia , e la precedo lungo gli scalini dell'autobus e poi fino al portabagagli dove, con fatica, recupero le nostre valige. "Virginia. Eccoci.." sospira, afferrando il suo trolley e precedendomi lungo il parcheggio; "scusa...a casa tua come ci arriviamo?" chiedo, mentre una lussuosa limousine nera si ferma proprio davanti a noi e Diamond apre la portiera posteriore. Un uomo sulla cinquantina si fionda fuori dall'auto e corre ad abbracciarla, mentre lei grida gioiosa :" Mick! Dio mio! Ci rivediamo!". In questo momento mi sento leggermente esclusa. A quanto pare la sua famiglia è davvero ricca, e lo è talmente tanto da potersi permettere un autista, che sembra conoscere Diamond da molto tempo. Probabilmente da quando era solo una neonata. E io...io non c'entro nulla. "Juliette...Mick" la ragazza in questione ci presenta, e io stringo la mano a quest' uomo che ha l'aria di essere davvero simpatico. "Mick?" chiedo. Li per li avevo pensato fosse un soprannome. "Mick" asserisce lui "come Mick Jagger. Quando sono nato era appena uscito Satisfaction e mia sorella Marie ne era a dir poco ossessionata. È stata lei ad imporre il nome" conclude poi ridacchiando, aprendo il bagagliaio e aiutandoci con le valige. Non riesco a trattenere un lieve sorriso; sono ancora dell'idea che mio figlio si chiamerà Mick. O Angus. 'Beh, sempre se ne avrò uno' penso poi, puntando lo sguardo su Diamond.
"Sali?" mi chiede lei, e io mi affretto a seguirla scuotendomi dal mio sogno ad occhi aperti. "Non sei mai stata da Diamond, giusto?" chiede lui dopo poco, puntando lo sguardo verso lo specchietto retrovisore per cercare un contatto con me. "No...a dir la verità no. Ma data la macchina credo che la casa sarà stupenda" azzardo, allungando le gambe davanti a me per cercare di sgranchirle. Non avrei dovuto mettere le converse; qui fa decisamente troppo caldo. I due con cui sono in auto ridacchiano, confermando le mie previsioni. Mi chiedo se dovrò stare tre settimane in una mezza specie di Casa Bianca.
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DIAMOND
RomanceJuliette Owen sente di avere una vita perfetta: segue il suo sogno, quello di studiare legge all'università di New York, è fidanzata con Jack Wilson, quello che potrebbe essere definito il ragazzo perfetto, e ha già tutto il suo futuro pianificato...