Risposte e scelte

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Aprii gli occhi, ero legato in una cella con delle catene a laser che mi intorpidivano il corpo, ma fortunatamente non la mente.
Osservai la cella, era spoglia con un letto semplice e un gabinetto.
Ogni centimetro di quella stanza trasudava di gelo.
Indossavo semplici vestiti quindi dovevo essere tornato umano.
Sentii dei passi avvicinarsi e un'ombra comparse nel sottile fascio di luce che proveniva dall'esterno di quella stanza.
Mi finsi svenuto, la porta si aprì ed entrarono due persone a giudicare dai passi.
-Portalo dalla Magista Serena Xaras, deciderà lei cosa fare- disse una delle due voci, maschile e forte.
I lacci al laser si dissolsero poi due braccia mi afferrarono dalle ascelle e cominciarono a trascinarmi.
Cercai di alzare lo sguardo ma ero privo di forze, qualsiasi cosa fosse successa, ero esausto ed ecco spiegato il motivo per cui non mi era risultato difficile fingere di essere svenuto.
Superammo molte porte e prendemmo un ascensore.
Dopo che perdetti il conto delle svolte e dei numerosi ascensori, i miei "amici" mi lasciarono di colpo e io mi accasciai a terra.
-Milady abbiamo trovato questo prigioniero durante la pattuglia nel settore Echo insieme alla sua nuova apprendista- la stessa voce che poco fa era forte ed autoritaria, ora sembrava sottomessa.
Probabilmente ero davanti al capo o ad uno dei capi che mi avevano rinchiuso.
-Questo essere era insieme ad Elena? Interessante, tiratelo su-. Così come mi avevano lasciato cadere a terra mi sollevarono senza troppe cerimonie.
Sollevai lo sguardo: davanti a me si stagliava una ragazza, alta, dalla pelle olivastra, due occhi marroni contornati da due ciocche di capelli neri leggermente arricciati, mentre sulla nuca il resto era raccolto in un elegante chignon fermato da una piccolissima freccia. Quegli occhi lo guardavano con interesse.
-Niker...- sentii una voce femminile riconoscibile fra mille.
-Elena!- guardai verso la direzione da cui proveniva la voce e trovai i suoi occhi blu, che per me erano magnetici. La stanchezza sembrava essere svanita in un solo istante.
-Interessante, vi conoscete...-esclamò la donna dai capelli corvini.
Non sopportavo che qualcuno mi esaminasse. Non temevo altro se non che trovasse difetti e che li sottolineasse.
Ne avevo abbastanza. Sì, ne avevo abbastanza di essere tradito, studiato come un fenomeno da baraccone. Cercai l'oscurità, che pareva essere il mio potere e la trovai; e la forza nel mio corpo tornò, l'energia che si irradiava in me alla vista di Elena era ormai solo un vago ricordo rispetto a quella che invece si irradiava ora.
-Come...!?Cosa sei!?- urlò la donna che con un gesto mi spinse contro la parete.
Le guardie erano sorprese, Elena mi guardò con uno sguardo di angoscia che mi inchiodava. Pochi secondi e mi trasformai in un Titano.
Ma anche la donna si trasformò: mi trovavo davanti ad una creatura che poteva apparire divina: i capelli corvini ora erano attraversati da riflessi bianchi e azzurri, gli occhi marroni erano attraversati da pagliuzze dorate e argentate, con ciglia lunghissime; l'armatura che le ricopriva quasi interamente il corpo lasciava intravedere solo quei due dettagli, oltre a rivelare la struttura slanciata e perfetta della donna.
-Non voglio combattere, ma parlare-dissi.
La mia voce risuonava cupa e potente.
Le guardie guardano la loro signora in attesa di qualche ordine.
-Lasciateci soli- esclamò la ragazza con una voce fredda, da far mettere i brividi.
-Sei un Titano, e anche di grande potenza tu non ti sia trasformato ancora completamente. Ma ciò che vuoi è parlare,e così faremo-.
Fece comparire due sedie e un tavolo mentre le pareti scomparvero mostrando l'ambiente intorno senza però farne sentire il freddo pungente.
Elena si sedette a fianco di me.
-Dopo che i miei soldati vi hanno trovato, siete stati condotti qui in attesa di giudizio. Avevo percepito una potente aura, che apparteneva a un Titano a me sconosciuto. So qualsiasi cosa su Elena ed è sicuro che lei sia ancora umana l'ho percepito dalla sua aura. Quando vi hanno portati qui ho sentito l'aura di un Titano, ma non immaginavo potessi essere tu-.
-Cosa comporta essere un Titano?-domandai sistemandomi sulla sedia. Non volevo sprecare alto tempo per avere le mie risposte.
-Molte cose: sei un essere che ha una potenza pressoché immensa. Noi Titani siamo in dodici,ora tredici con te. Ognuno ha le proprie abilità e caratteristiche. Io, per esempio, ho il controllo completo sulla luce solida, riesco a costruire oggetti di varia natura e sono in grado di teletrasportarmi, mentre sono abile con varie armi bianche e sono un'erudita. La tua comparsa, come nuovo Titano causerà problemi- Pensai a quanto aveva detto. Era assurdo.
-Immagino la tua confusione,è normale. Comunque i nostri poteri sono confinati ad alcuni pianeti e alle loro attività. Non siamo onnipotenti, possiamo morire per mano di un altro Titano o Nobilis superior. E credo che tu sia il Titano dell'Ombra, Niker. Il più elusivo, il più flessibile e quello che non si è mai manifestato nella storia dell'Universo, fino alla tua Ascensione. Dovresti avere un mentore per una maggiore sicurezza nella transizione-.
-Quindi posso cambiare aspetto e tornare umano quando desidero?-esclamai sperando che la risposa fosse positiva come mi aspettavo.
-Sì. I Titani sono mimetizzati in varie razze è hanno ruolo di diverso tipo. Un Titano solitamente ne sentirebbe e ne riconoscerebbe un altro. Eccetto te, credo proprio per le tue qualità di Titano dell'Ombra-.
Mi alzai , stavo metabolizzando tutte quelle informazioni: forse avevo una possibilità di tornare alla vita di prima, ma volevo essere in grado di controllare i miei. -Rimarrò qua per imparare ad usare i miei poteri, poi io ed Elena c'è ne andremo-.
Ma Elena non annuì anzì, scosse la testa. -Il mio posto è qui Niker. Vorrei venire con te, ma non posso-. La Titana Xaras rifletteva, poi si ritrasformò in umana.
-Non puoi, i Titani ti percepirebbero. Dovrai tornare da i tuoi compagni umani e mimetizzarti. Forse allora Elena potrà raggiungerti: fino ad allora sarebbe troppo rischioso per entrambi"-
-No!- esclamai ostinato.
Lei con movimento fluido mi sbattè contro il muro.
"Basta!" pensai, era ora di combattere.
Mi teletrasportai dall'altra parte della stanza con la falce in pugno.
Xaras si girò era già nella sua forma titanica.
-Affrontami- dissi carico di fredda rabbia.
Lei si teletrasportò dietro di me puntandomi il fianco scoperto.
Feci una piroetta a destra per evitare e calai la mia falce.
Lei la deviò con un calcio.
Nel frattempo con i pugnali colpì la mia spalla destra nel tentativo di ferirmi.
Riuscì però a darle una testata che la sbilanciò.
Lei mi colpi con un calcio in petto facendomi arretrare.
Io mi concentrai e riuscii ad evitare un suo fendente abbassandomi.
Intanto Elena era bloccata dallo shock: semplicemente non si muoveva, con la bocca spalancata e le braccia rigide lungo i fianchi.
La mia avversaria era formidabile, solo grazie alla mia natura ormai affermata di Titano riuscivo a contrastarla quel tanto che mi serviva per sopravvivere. La presi da un braccio e facendo leva la scagliai contro la parete dietro di noi, distruggendola.
-Perché non posso essere addestrato da te?!- tuonai.
La polvere si stava diradando.
Lei era in piedi, mentre si stava scrollando della polvere dall'armatura.
-Perché non io sono colei che ti addestrerà, devi trovare il tuo Sancrum. È da lui imparerai tutto...
Quindi devi andartene- Mi scagliò addosso un altro impulso cinetico e mentre volavo un vortice di teletrasporto si materializzo dietro di me.
Mi aveva condannato...

Sentii l' aria, che mi faceva resistenza mentre cadevo.
"MALEDETTA" urlai dentro di me.
Guardai sotto, era una città, più probabilmente una colonia perché non aveva l'estensione di una città dei pianeti maggiori.
"Se non mi invento qualcosa sono fottuto".
Provai a concentrarmi e quindi ad usare il teletrasporto.
Mi andava bene qualsiasi posto, poi le tenebre mi inghiottirono.
Di istinto allungai le braccia e le gambe per sostenermi.
Avevo avuto un buona idea, ero in un condotto di aerazione.
"Poteva andarmi peggio"dissi tra me e me.
Guardai sotto di me, per quanto mi era possibile, e scorsi una luce.
Probabilmente una stanza, forse potevo provare a vedere se era libera.
Scesi adagio fino alla grata, e con un calcio la staccai.
Scesi dalla grata e mi guardai attorno: ero solo.
Feci un passo ma un dolore terribile si propagò in tutto il corpo.
Crollai a terra, il dolore era insostenibile. Piansi, ormai era diventata una abitudine, purtroppo.
Poi il mondo intorno a me divenne nero.

Le Cronache della squadra OmegaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora