Gerard era come un puntino nero su una tela immacolata, o un filo d'erba che spunta fuori da una spaccatura nell'asfalto. Era impossibile non notarlo, e questa era una cosa che detestava. Perché le persone sapevano essere incredibilmente cattive, e lui lo sapeva bene. Gli sarebbe piaciuto stare al centro dell'attenzione ma senza generare commenti negativi. Forse era perché vestiva sempre di nero, o ancora non aveva perso tutti quei chili che al liceo lo avevano messo in imbarazzo più volte, o quella sua passione per le cose macabre, o forse semplicemente la gente non era pronta ad apprezzare qualcuno come lui. Qualunque fosse il motivo, a lui non importava, perché le cose brutte lasciano delle cicatrici nell'anima che non puoi semplicemente scrollare le spalle e dire "Non importa". Le cose brutte e offensive, i calci nello stomaco che aveva preso negli spogliatoi della scuola, il sapore ferroso del sangue che gli usciva dal labbro, gli occhi neri, i lividi sulle costole, continuava tutto a far male, anche dopo anni.
Dunque Gerard preferiva starsene chiuso in casa, che uscire fuori e farsi chiamare "quello strano". Non aveva paura degli schiamazzi o delle offese, ed aveva imparato anche a sopportare il dolore fisico delle botte. No, non aveva paura di quello. Aveva paura di essere sbagliato. Ed era estremamente importante per lui riuscire a non sentirsi in quel modo, perché sapeva che altrimenti avrebbe rischiato di impazzire. Perché non era facile riuscire ad accettarsi, eppure era l'unica cosa che voleva davvero. Accettarsi per quello che era. Ma quando cresci pensando di essere diverso, senza nemmeno comprendere quale sia lo standard di "normalità", come puoi non impazzire? Come puoi guardarti allo specchio senza detestarti? Perché forse gli altri avevano ragione, anche se non contavano nulla, se era il mondo intero contro di lui, allora gli altri dovevano avere ragione per forza.
E l'unico modo per sopportare tutto era prendere una pillola, o due, bere una birra, magari anche tre, chiudersi in camera, sognare di andare via.
Poi però era successa quella cosa, alla festa, dove quel tipo gli aveva detto che era strano, ma strano in modo bello. E Gerard, che da sempre era un gran pensatore, ci aveva pensato e ripensato milioni di volte. Per giorni interi.
Strano. Ma non in senso brutto. Strano in modo positivo.
Gerard aveva anche pensato che quel Frank fosse semplicemente ubriaco, eppure quelle sue parole gli risuonavano nella testa.
Così decise di fare qualcosa di veramente strano, ovvero convincere Mikey a dare una festa in casa Way approfittando del fatto che i genitori fossero partiti per il fine settimana.
E non dovette nemmeno insistere tanto, che Mikey aveva invitato tutti i suoi amici. Tutti. E quel tutti significava, sicuramente, anche quel Frank.
Ora, l'orientamento sessuale di Gerard Way non era molto chiaro nemmeno a lui. Perché in 23 anni tutto ciò che sapeva sul sesso era come procurarsi piacere chiuso nel bagno, sotto la doccia, o anche nel suo letto. E non sapeva nemmeno chi o cosa lo eccitasse particolarmente, se una maggiorata in perizoma o un ragazzo dall'aria ribelle.
Non aveva nemmeno mai baciato nessuno. Una volta aveva fatto una cosa assurda, aveva rubato dei vestiti dall'armadio della madre ed era andato a scuola travestito da ragazza, ed era davvero carino nella sua versione femminile, tanto che alla fine aveva addirittura rimorchiato uno dell'ultimo anno, e stava quasi per rimediare il suo primo bacio, ma la paura che la cosa gli procurasse un'erezione lo bloccò. Così Gerard Way, sia vestito da uomo che da donna, non aveva ancora mai dato nemmeno il primo bacio.
Quando ci pensava si sentiva dannatamente sfigato, suo fratello Mikey era più piccolo di lui ed aveva già perso addirittura la verginità.
Comunque, era Venerdì sera e la musica era a tutto volume, Mikey girava per casa saltellando da un amico all'altro come un bambino al parco giochi, e Gerard aveva resistito alla tentazione di prendere un tranquillante anche se si sentiva particolarmente anzioso. Non riusciva nemmeno a spiegarselo, ma non la smetteva un attimo di guardare verso la porta nella speranza di veder arrivare quel Frank.
Aveva bevuto due birre e una specie si cocktail al lime preparato da Ray, uno che stava a scuola con Gerard ma che -e non c'era da stupirsi- aveva fatto amicizia con suo fratello più che con lui.
Poi finalmente Frank arrivò, e Gerard non riuscì a trattenere un sorriso.
Che svanì subito, quando notò la ragazza che si era portato dietro e alla quale stava stringendo la mano.
Frank aveva una ragazza.
Gerard si sentì patetico. Certo che Frank aveva una ragazza. Perché non avrebbe dovuto? Era carino, anche se era basso e indossava vestiti sgualciti, era socievole, sorrideva spesso ed effettivamente aveva un sorriso che ti faceva sentire le gambe molli. Gerard sospirò. C'era davvero rimasto male perché Frank si era presentato con una ragazza? Ci era rimasto male perché a Frank piacevano le ragazze? O forse perché non poteva negare che a lui piaceva Frank?
Certo che gli piaceva, altrimenti qual'era il senso dell'aver organizzato quella festa? Per farsi dire "Sei strano. In modo carino, ma strano" ancora una volta?
Bevve un lungo sorso di birra, seguendo gli spostamenti di Frank con lo sguardo. Lo vide salutare suo fratello, Ray, qualche compagno di Mikey, qualche ragazza. Lo vide prendere due birre, passare una bottiglia alla tipa che si era portato dietro, accendere una sigaretta, chiacchierare con qualcun altro.
Incrociare il suo sguardo.
Sorridere.
Frank gli stava sorridendo, ed ora si stava incamminando verso di lui.
Gerard si passò una mano sui capelli, sperando di avere un aspetto decente. «Ehi, come va?»
Gerard sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori «Bene. Tutto bene» balbettò.
«L'altra volta alla festa non mi hai nemmeno detto come ti chiami!» disse Frank ridendo.
«Giusto. Mi chiamo Gerard»
«Si, lo so, alla fine ho chiesto di te in giro».
Gerard arrossì. Probabilmente nessuno prima di allora aveva mai chiesto in giro informazioni sul suo conto. Poi fu attraversato da una sensazione di panico. Chissà che gli avevano raccontato.
«Se ti hanno detto che faccio parte di una setta satanica o cose del genere hanno mentito» disse in sua difesa.
Frank si mise a ridere. Ed aveva una bellissima risata «Sei pazzo? Credi davvero che dicano cose del genere su di te?»
Gerard scrollò le spalle «Che ti hanno detto allora?» domandò curioso.
Frank scosse la testa «Tanto per cominciare la maggior parte delle persone a cui ho chiesto non sapevano nemmeno che Mikey Way avesse un fratello, poi Ray mi ha detto che andavate a scuola insieme e che disegni dei fumetti fantastici».
Gerard annuì, compiaciuto. Era contento di sapere che non lo avevano descritto come psicopatico o sociopatico.
«Comunque dovrai farmeli leggere quei fumetti, prima o poi» aggiunse Frank, allungando il collo per guardarsi intorno «Ora mi conviene tornare da Jamia, se la perdo di vista poi devo cercarla per tutta la casa!».
Gerard forzó un sorriso «Jamia sarebbe la tua ragazza?» chiese, sperando di ricevere un no in risposta. Invece Frank annuì, poi sospirò «Più o meno, qualcosa del genere».
Quella risposta incuriosì Gerard. Perché non era un si. Non era nemmeno un no, ma decisamente non era un si.
«In che senso?» domandò sperando di non sembrare un ficcanaso.
Frank accennò una risatina «È una storia lunga e complicata, poi magari un giorno te la racconto» si affrettò a rispondere, alzando un braccio per cercare di catturare l'attenzione della ragazza che stava seduta su un divano nel lato opposto della stanza.
Sorrise a Gerard, poi si allontanò per raggiungere Jamia.
Li osservò per tutta la serata, cercando di capire cosa intendesse Frank dicendo che la loro era una storia lunga e complicata. Perché a guardarli non sembrava affatto così. Anzi, sembravano davvero in sintonia.
E la cosa procurava un lieve senso di invidia in Gerard.
Così fece una delle cose che gli riuscivano meglio, decise di bere due, tre, cinque birre.
STAI LEGGENDO
From my head to my middle finger, I really think I like you.
FanfictionFrerard. Dal loro primo incontro, all'ultimo (o qualcosa del genere).