Cicatrici profonde

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Abbasso leggermente la bretella del vestito e lo lascio cadere, per vederla ancora.
Guardala è proprio lì come sempre. Bella, lucida, con quella forma strana che solo tu avresti potuto concepire.
Scommetto che avvertiva la mia mancanza, non è vero piccola mia?
Con la mano destra raccolgo tutti i miei capelli e li scosti per vederla meglio.
Avrei giurato fossi più grande. Forse stai guarendo piano piano. O forse velocemente. Troppo oserei dire.
Dimmi piccola, quando sparirai dalla mia spalla, sparirà anche il suo ricordo? Te lo porterai via per sempre? Perché non penso di esserne pronta.

Abbasso lo sguardo e mi mordo le labbra fino a farle diventare rosse.
Non ci riesco.
Alzo lo sguardo e osservo pensierosa il riflesso di quella cucitura sulla mia spalla sinistra. Non è mai stata così graziosa. Non l'ho mai vista in così splendida forma.
Tocco il piccolo filo che spunta da quella cicatrice.
Inspiro profondamente.
Chiudo gli occhi stringendoli forte per essere sicura che non si riaprano.
Espiro mentre la mia mano incomincia a tirare.
Tiro piano, ma aprire quella ferita fa così tanto male. Quasi come toccare con le punta dei piedi il suolo dell'inferno.
Sento che la carne incomincia a respirare l'aria ancora una volta. E tutti quei ricordi nascosti dentro quella cucitura incominciano a riaffiorare piano piano. Percorrono la mia colonna vertebrale e giungono sulla mia bocca. Non riesco a trattenere un sospiro. Non riesco a dire con certezza se sia un sospiro di estasi, rimpianto o di stanchezza.
Proprio quando schiudo la bocca per assaggiare quei ricordi con la punta della lingua, sento che si staccano da me e si materializzano davanti ai miei occhi. Sembrano voler allontanarsi e non posso permettere questo.
Disperatamente mi dirigo verso la scatola di legno che avevo lasciato sul letto e cerco un ago e un filo.
Ti ricucirò per farti restare per sempre con me.
Perché io non ne ho mai abbastanza. Perché il mio corpo ne vuole ancora.
L'ago dentro la pelle fa ancora più male di tutti i miei tormenti quando gridano impazienti di essere liberati dal mio corpo. Ogni volta che lo affondo nella carne mi chiedo se ne valga la pena e quando finisco l'opera mi lascio cadere stanca sul pavimento. Poi chiudo gli occhi e svanisco per qualche ora.

Vorrei dirti che ho imparato a lasciar andare, ma non so farlo. E non so neanche mentire.
Chiedimi cosa so fare.
So aprire ferite per riportare indietro persone, euforia e dolore. Giusto per ravvivare i colori ormai sbiaditi dei ricordi. E quando sento che ne ho abbastanza e mi basterà per un lungo periodo, allora ricucio bene le ferite.

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