Capitolo 3 Sophie

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Usciamo da quel luogo e io inizio a camminare a passo svelto. Ora sì che sono agitata e nervosa. Ma tu guarda un po' questo, più si è gentili con la gente più si sbaglia. La mia mente è così impegnata a seguire ogni pensiero, che non mi ero accorta che Mark che parlava. 《Sophie, sei sulla terra? Ti ho fatto una domanda》mi chiede Mark preoccupato. Allora mi rendo conto di non aver seguito il discorso e replico 《Mark, scusa, stavo pensando ad altro. Che dicevi?》mi vergogno da morire. Lui mi porta via dal carcere e io penso al pallone gonfiato. Stupida, stupida, stupida. Lui mi sorride 《Dicevo che sei stata un giorno in carcere. Stai bene? Mi dispiace di non aver fatto tutto in meno tempo.》È di una gentilezza incredibile quest'uomo. Io lo guardo con tenerezza 《Mark hai fatto molto di più di quanto pensassi e in pochissimo tempo. Ti devo tutto, come sempre.》Sono sincera.
Lui mi guarda mentre prende le chiavi della sua auto a cui siamo appena arrivati. 《Sophie, non dirlo neanche. Ci siamo sempre salvati a vicenda e sarà sempre così.》entra in auto e io anche. Ha ragione, ci siamo sempre protetti da ogni cosa e ripenso a quante volte io e Kate siamo andate da lui perché la situazione era diventata ingovernabile. Lui è più grande di me di due anni, ci conosciamo praticamente da sempre. Lui abitava nel palazzo di fronte al mio. Abbiamo sempre frequentato la stessa scuola, anche se lui era più avanti di me  e per stare insieme, quando ancora avevo tempo per altre attività, frequentavamo insieme i corsi di teatro o cose simili. I genitori di Mark non erano tanto migliori dei miei. Il padre aveva il vizio del gioco d'azzardo e stava pian piano sperperando tutto quello che, sia lui sia la moglie, erano riusciti a guadagnarsi lavorando. La madre, per sopperire alle ingenti somme di denaro sperperate, si dedicava a tutti i lavori possibili ed immaginabili. Tempo fa si vociferava addirittura che essendo rimasti senza quattrini e avendo paura di perdere la casa, lei abbia iniziato a concedersi ad altri uomini. Mark sembrava estraneo a tutto questo, lui viveva nel suo mondo fatto di libri e calcoli matematici.
Mi giro verso di lui e gli chiedo《Come sta Kate e dov'è? 》sono in pensiero ma immagino già dove possa essere. 《È a casa mia, con Jane e Lily. Sta benissimo e chiede di te in continuazione.》Come volevasi dimostrare. Jane è la cameriera e Lily è la cagnolina di Mark. Non vedo l'ora di riabbracciarla. Mark si inserisce sulla corsia principale dirigendosi verso la sua villa. 《Grazie ancora. Per Kate, per me, per tutto. A volte penso a come sarebbe stato se tu non fossi entrato nella mia vita..》sarei morta, adesso. Insieme a Kate. Non è difficile da immaginare.《Ce l'avresti fatta comunque. Tu sei forte.》sembra convinto e io annuisco anche se so bene che non è così. Dopo semafori e curve arriviamo a casa di Mark. È una villa in mezzo al verde, un regalo dei suoi nonni per la sua laurea e ora lui vive qui con Lily. Questo posto è un po' un rifugio, la mia seconda casa. Il cancello automatico si apre e la macchina sfreccia sulle piccole pietre del viale. È come se Mark avesse capito che muoio dalla voglia di abbracciare mia sorella e anche lui si facesse prendere dall'ansia. È così bello qui. Mark parcheggia e io corro giù dall'auto, supero la vetrata aperta che dà accesso al soggiorno di Mark e vedo Kate con Lily in braccio seduta accanto a Jane. La piccolina alza la testa e appena realizza di avermi vista davvero si alza e forse verso me. 《Sophie, eccoti. Finalmente. Mi sei mancata tanto.》quasi piange. 《Anche tu, piccola! Come stai?》le chiedo mentre la abbraccio.Mentre stringevo tra le braccia la cosa più bella del mondo, un vortice di emozioni mi stava travolgendo, ma non mi importava, tutto il mondo non aveva più senso se avevo Kate con me. Dopo un lungo abbraccio, la guardo attentamente per assicurarmi che stia bene ed effettivamente stava benissimo. Kate è una delle bambine più belle che avessi mai visto. Non ci assomigliavamo molto, i suoi capelli, a differenza dei miei nero corvino, erano una cascata di migliaia e migliaia di fili d'oro e suoi occhi azzurri erano così chiari che su di loro il mondo si rifletteva come su di uno specchio. I miei invece non ho mai capito di che colore fossero, erano difficili da definire, erano confusi, tanti colori cercavano di prevalere gli uni sugli altri, proprio come le emozioni dentro di me. E il fatto "Gli occhi sono lo specchio dell'anima" non avrebbe potuto essere più vera. Gli occhi di Kate chiari erano lo specchio della sua anima così pura, candida ed innocente. I miei, invece, rispecchiavano quelli di una persona che nella sua breve vita ha dovuto sopportare troppo dolore e sofferenza, e che ha visto cose che nessuna ragazza di ventidue anni avrebbe dovuto vedere. Mentre Jane prende con sé Kate per prepararla per il pranzo, io mi congedo da Mark e mi ritiro nella stanza degli ospiti, dove erano disposte anche le cose di Kate e qualche mio vestito, che di solito lascio qui per le emergenze. Apro l'acqua per riempire la vasca da bagno e inizio a spogliarmi. Mi guardo allo specchio i segni della sofferenza erano ancora vivi sul mio corpo. Mi immergo nella vasca sperando di poterli lavare via insieme ai ricordi, ma sapevo che quello che stava facendo era solo temporeggiare. Loro sarebbero tornati e l'avrebbero riportata tra le loro grinfie e io non mi sarei potuta opporre. Dovevo agire prima di loro e mentre complottavo nella mia mente un modo per ottenere la custodia della mia sorellina, il sonno prese il sopravvento conciliato dall'acqua calda.

Il mio primo "non" fidanzato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora