Capitolo 14 Sophie

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Prendo un altro tubino, nero semplice però ha la manica a tre quarti e ha delle decorazioni al girocollo. Decido di fare a meno del giacca visto che è primavera è il sole illumina Seattle in ogni angolo. Metto ai piedi un paio di scarpe rosse, alte, intrecciate e aperte. Mi guardo allo specchio e mi spruzzo il mio solito profumo. Corro a svegliare Kate, ormai sono le otto.
《Amore..svegliati piccolina.》le dico lasciandole un dolce bacio sulla guancia. Mi siedo sul suo lettino e lentamente apre gli occhi e se li stropiccia.
《Sssophie..》Mi abbraccia.
《Piccolina hai dormito bene?》chiedo mentre la stringo. Lei annuisce e sbadiglia.
《Voglio andare a giocare con Lily.》dice.
《Prima fai colazione, poi ti vesti e dopo giochi con Jane e Lily. Va bene?》la guardo.
Lei annuisce e sorride.
《Sii, voglio i cereali.》afferma convinta e sorridente.
《Allora corriamo a prenderli!》esclamo e andiamo in cucina. Le sistemo tutto per la colazione e lei si siede a mangiare. Io faccio velocemente un caffè che bevo subito e mando un messaggio al pirata.
"Ehi parata, buongiorno! Noi siamo attive e Kate è già ansiosa di giocare con Lily e Jane. Io tra un po' l'accompagno e poi scappo come sempre. Ci vediamo tra poco!
-Puffetta."
Corro in bagno, lavo i denti, metto un po' di mascara e sono pronta. Kate, quando la raggiungo ha appena infilato il vestitino che le avevo lasciato cuori e i sandali. Prende lo zainetto e io la borsa, spengo le luci e andiamo da Mark.
《Buongiorno, bellissime. Siete sempre più belle ogni giorno che passa!》dice Mark dando un bacio a Kate e guardandomi. Io sorrido, mi avvicino e lo abbraccio.
《Ciao, Mark. Dai un bacio a Jane. Kate, fa la brava.》Lei annuisce.
《Buona giornata!》dice Mark e io sorrido. Sono ormai in macchina e tra poco arriverò in ufficio. Parcheggio esattamente alle 8:40. Premo il pulsante dell'ascensore e sono, in men che non si dica, al mio piano. Entro nel mio ufficio che ormai è così familiare e accendo il computer. Mentre sistemo le mie cose, arriva una mail.
"Buongiorno, signorina McCartney. Oggi non ha molto lavoro da fare, dato che ha finito i documenti ieri. So che vorrebbe un giorno libero, ma potrei aver bisogno di lei in qualsiasi momento, infatti dovrà rimanere qui fino alle 18:00. Buona giornata."
Il solito presuntuoso, odioso, antipatico e..."basta, Sophie! Quell'uomo fa uscire la parte peggiore di te." Così, senza sapere bene cosa fare, inizio a girare in Internet, leggo articoli e post. Verso le 9:00 chiamo Bea.
《Ehi, come si sta ancora a letto? 》le chiedo divertita e la sento ridere.
《Il mio figlioletto scalcia. Sono praticamente incollata a letto perché aspetto che finisca di battere il rigore. Come va a lavoro? Tutto bene con il capo?》Certo, come no. Scuoto la testa sorridendo.
《Si, va bene anche se è sempre il solito antipatico. Oggi sono un po' più libera così ti ho chiamata. Volevo sapere come stesse la mammina.》la prendo in giro e mi manca un sacco chiacchierare con lei in ogni momento. Il mio computer suona nuovamente.
《Bea, devo chiudere. Il dovere chiama. Ci sentiamo e fa la brava. Ciao!》ride.
《Ciao Sophie , grazie per avermi chiamata.》sorrido e chiudo la comunicazione.
La mail è del capo. Ma tu guarda...
"Signorina McCartney, la aspetto nel mio ufficio. Faccia presto."
Mi alzo e quasi mi metto a correre.Cosa vorrà con tanta urgenza? Busso alla porta e aspetto che mi risponda, poi entro.
《Ho letto la mail, ha bisogno di me?》chiedo distante.
《Noto con piacere che ha imparato a leggere. Ed è anche diventata più perspicace. Fa grandi progressi, signorina.》
Vorrei gridargli che è uno stronzo e che può andare a farsi fottere, ma non posso, mi limito a sussurrare tra i denti stretti un dolce " vaffanculo "
《Per caso ha detto qualcosa?》
《Io signore? No, non ho detto niente, aspetto i suoi ordini!》il mio tono è ovviamente sarcastico, sul mio volto è stampato il sorriso falso di sempre.
《I miei ordini? Mi delizia con queste parole, ma dato che non la pago per deliziarmi, vada a ritirare i miei vestiti dalla lavanderia. Questo è l'indirizzo.》dice strisciando sulla scrivania una bigliettino da visita. Vuole che io vada a ritirargli i vestiti dalla lavanderia, ma mi prende in giro? Rimango ferma per qualche istante, sono letteralmente fuori di testa, ci mancava solo questo. Mi ha preso per una servetta?
《Per caso non sono stato abbastanza chiaro? Se vuole le faccio un disegno, così capisce meglio.》
《Il disegno se lo tenga per lei.》 dico sottovoce, dopo aver preso il biglietto da visita ed essermi diretta verso la porta. Prima che io uscissi lui mi richiama
《Ah dimenticavo signorina, faccia attenzione con gli abiti che sta per ritirare. Sa' costano più di tre dei suoi stipendi.》il suo tono è evidentemente divertito.
Io accenno con la testa un movimento per fargli capire che ho capito e vado via senza dire una parola. Raggiungo la macchina, sbattendo i tacchi per terra, sono arrabbiata, sono davvero arrabbiata. Io sono una segretaria, non un garzone. Decido nonostante tutto di stare al gioco. Vuole la guerra? Guerra sia. E qual è la migliore strategia per ottenere la vittoria? Ovvio, lasciare che vinca tutte le battaglie, ma mai la guerra. La guerra avrà una sola vincitrice: me. Ormai ero tu determinata. Vado a ritirare i suoi vestiti, torno in ufficio e mi rendo conto che mi sta venendo fame. Così prendo la mela che mi sono portata da casa e sono lì lì per addentarla, quando il mio computer segna una nuova mail. Ancora lui, cosa vuole adesso?
" Ho bisogno di lei. Ora. "
Poggio la mela e mi precipito nel suo ufficio.
Non mi da neanche il tempo di entrare che subito inizia a darmi ordini.
《Signorina McCurry, vada a ritirare al ristorante qui sotto il pranzo.》 il pranzo?
《Ma il ristorante qui sotto non ha il ragazzo delle consegne?》
《Vuole far perdere tempo ad un povero ragazzo, mentre lei è sfaccendata e può perdere tempo? Si guadagni lo stipendio, prima che me ne penta.》
Stavo per aprire la porta, ma ero convintissima mi avrebbe bloccata e così è stato.
《Ah dimenticavo. Gli ascensori sono fuori uso, può usare le scale di emergenza.》
I miei occhi stavano per uscire dalle orbite, le mani mi prudevano così tanto,che avevo voglia di saltargli al collo e picchiarlo finché non mi avesse implorato di smetterla. Purtroppo sono solo miei fantasie. Non mi perdo in chiacchiere e inizio a scendere le scale. Sono solo due piani di scale, ma con un tacco 12, sfido chiunque a scenderle saltellando. Che odio. Che odio. Arrivo all'ultimo gradino e mi si rompe il tacco. Mi sento la figlia della dea Sfortuna. Non è possibile, capita davvero tutto a me. Mi tolgo le scarpe, entro nel ristorante è pieno tutti mi osservano. Mi guardo in torno e stizzita chiedo a uno dei tanti, che mi stava fissando
《Per caso non hai mai visto una ragazza con un tacco rotto o una ragazza scalza? O dovrei dire: hai mai visto ragazza?》
Lui mi sorride come se avessi appena raccontato una delle barzellette più belle del mondo. Mi avvicino al bancone, chiedo l'ordine e vado via da quella gabbia di matti. Ma che si guardavano. Sento le porte dell'ascensore aprirsi, allora mi avvicino verso il corridoio delle ascensori, chiedo ad un ragazzo in giacca e cravatta
《Ma ora gli ascensori funzionano?》
《Sempre funzionati, signora.》
Tralasciando il fatto, che un mio coetaneo, mi ha appena chiamata signora, il mio capo è davvero uno stronzo. E che stronzo, di quelli certificati. Prendo l'ascensore e vado su. Mi guardo allo specchio, sembro una iena. Mi sistemo i capelli, mi dirigo verso il suo ufficio e ci entro senza bussare. Mai fatto un errore più grave. Non era solo. Una bionda gli accarezzava le tempie dolcemente, mentre gli sussurrava qualcosa, sicuramente di osceno, all'orecchio. Quando questa mi vede scoppia a ridere e io perdo le staffe.
《Quanto vorrei sapere cos'ha da ridere così tanto! Non ti si è mai rotto un tacco? 》mi avvicino alla scrivania, guardo il mio capo con disprezzo.
《Poi sarei io quella che non prende il lavoro con serietà, si guardi.》la bionda di plastica sempre ridendo dice al buffone
《James ma chi è questa qui?》
《Questa qui ha un nome e comunque stia calma Barbie sto per andare via, questo spettacolo mi da il volta stomaco.》Il mio capo ha una strana reazione alle mie parole, ma non dice niente, io esco dal suo ufficio e vado nel mio. Riesco a mangiare la mia mela, ma quando sto per bere un po' d'acqua ecco ancora una nuova mail.
" Ho bisogno di lei. Urgentemente. "
Ancora una volta mi precipito, questa volta sono anche più veloce visto che sono stanza scarpe.
《Cosa devo fare?》 Dico.
《Mi deve andare a prendere... ah no, quello devo ritirarlo domani. Può andare a lavare, no la macchina no...》Prende qualche istante di pausa. 《Ripensandoci, non mi serve.》 mi ha fatto correre per niente, ora basta.
《Facciamo una cosa, visto che di là non ho niente da sbrigare, rimango qui così non appena le viene qualcosa in mente la faccio.》
《Io non credo sia una buona idea. Ritorni nel suo studio.》
《Non ci penso proprio, io rimango qui. Non torno nel mio studio per poi essere richiamata qui tra qualche minuto.》lui mi guarda infuriato e io gli rispondo con una faccia tosta,che lo lascia senza parole.
Non sapendo che fare, nell'attesa mi guardo un po' intorno. Sulla scrivania una targa - James William Elliot McCartney- per caso ha bisogno di un altro nome? Sulla scrivania nessuna fotografia, nessun indizio. Niente di niente. Uno studio freddo per un uomo altrettanto freddo. Lo osservo mentre osserva i fogli di calcolo disperato, con la mano destra si tocca la barba, la sinistra invece è sepolta tra i folti capelli scuri. La sua mascella si contrae con una frequenza periodica. È nervoso. Sa che lo sto guardando e questo peggiora la situazione.
《La smetta di guardarmi, altrimenti la licenzio.》 il suo tono è così aspro che ci rido su.
《La smetta non si scherza qui.》
Il tono in cui l'ha detto, il modo in cui mi ha guardata con quegli occhi color ghiaccio, il timore che mi ha trasmesso con quello sguardo. Era lui. Dio mio come ho fatto a non capirlo prima? È lui. Quello del carcere, la belva. Il signorino ' non sa chi sono io ' era il mio capo. Stupida, stupida come ho fatto a non capirlo. Mi alzo di scatto dalla sedia,prima che dalla mia bocca esca qualcosa di inaudito prima d'ora e scappo via. Mi rifugio nel mio ufficio. Ancora non ci posso credere è lui. Voglio scappare via di qui. Sono le 17. Ancora un'ora. Poi in realtà non posso andare via, sono senza scarpe. Così mentre cammino su e giù per la stanza chiamo Mark.
《Ehi pirata, ti dispiacerebbe salvare la tua puffetta?》
《Ehi lo sai che non devi neanche chiedere!》
《Cenerentola ha rotto le scarpette, mio principe azzurro, la salveresti dalla tortura di camminare scalza sull'asfalto rovente di Seattle?.》
《Se me lo dici con quella voce così dolce non posso dirti di no, mia principessa. Prendo immediatamente un paio di scarpe e vengo in suo soccorso, poi la porterò al castello e ceneremo insieme a Miss. Kate. Che ne pensa?》
《Niente mi renderebbe più felice. Grazie pirata e ringrazio Dio, perché ci sei, hai migliorato questa giornata orrenda.》
《Al suo servizio My Lady. Ci vediamo tra poco.》
《Okay, a dopo Pirata.》
Chiudo il telefono e mi ritrovo a sorridere, mentre guardo le luci di Seattle accendersi per illuminare la notte. È incantevole.
《Era il suo fidanzato?》
Mi giro e mi ritrovo il signor McCartney sullo stipite della porta. Ha origliato.
《Ha mai sentito parlare di Privacy? Penso proprio di no. Comunque non è affar suo!》
《Non è affar mio? Si sbaglia! Lo è se questo può condizionare la tua condotta lavorativa.》
《Non lo farà, non si preoccupi. Ora torna a darmi del tu?》riferendomi al suo tono invadente.
《Bene, sono venuto a dirle che la prossima settimana andiamo via per un congresso, avvisi il suo fidanzato e la sua famiglia.》 ma che simpaticone, il mio capo! Davvero. Un congresso la prossima settimana e io che pensavo che lo stronzo andasse via da solo. Nell'attesa che arrivi la mia scarcerazione sposto tutti gli appuntamenti fissati per i giorni in cui saremmo stati via. Chissà di che congresso si tratta. Chissà dove sarà. Devo prenotare un albergo? Un volo? Non mi ha detto praticamente niente. Stronzo. Gli invio una mail.
" Signor McCartney vorrei sapere se per il congresso della prossima settimana devo organizzare qualcosa. Volevo anche sapere dove si terrà e di cosa tratterà."
Non ci mette molto a rispondermi.
" La maggior parte delle domande che indirettamente mi ha posto, non sono affar suo. Le basta sapere che si parte lunedì pomeriggio e che torneremo mercoledì sera. "
Ora veramente vado di lì e gli spacco il culo. Deficiente.
Ispira ed espira Sophie. Andrà tutto bene. Nel frattempo arrivano le 18.00 e Mark come al solito è sempre puntuale. Lo faccio salire sopra, nel mio ufficio in modo tale che possa portarmi le scarpe. Entra nel mio ufficio e guardandomi scoppia a ridere.
《Ora ti ci metti anche tu? Veramente?》
《Ehi puffetta che ti è successo?, non ti ho mai visto così atterrita》
《Vuoi sapere davvero cosa mi è successo? Il mio capo oltre ad essere uno stronzo, è quella belva che abbiamo incontrato qualche mese fa in prigione.》lui non è sorpreso, mi guarda e sorride.
《Mark lo sapevi? Ma sei uno stronzo anche tu!》 sto andando fuori di testa, inizio a tirargli dei pugni sul petto, perché pensare che abbia nascosto qualcosa a me, la sua migliore amica, mi innervosisce. I miei pugni sono carezze sui suoi pettorali, lui mi prende e mi chiude nel suo abbraccio e io sono stanca di tutto. Del lavoro. Del capo. Di dover lasciare ogni giorno Kate e di non passare abbastanza tempo con lei e con Mark. Sono stanca. Tra le sue braccia mi lascio a un disperato pianto, nessuno può capirmi meglio di lui. Dopo qualche minuto di ininterrotte lacrime, decido che poteva bastare. Mark mi asciuga le lacrime, mi stampa un bacio in fronte e mi dice di sedermi. Dolcemente mi mette le scarpe. Mi guarda, mi sorride e tutto può anche finire in questo momento. Non posso negarlo, ho voglia di baciarlo, mi lascio seguire dall'istinto e lo faccio. Un bacio dolce e sensuale che risveglia in me particolari sensazioni. Eppure sentivo che non era giusto. Stacco le labbra dalle sue e mi fermo ad accarezzagli le guance per qualche secondo.
《Sei così maledettamente perfetto eppure sento che non deve essere così.》
《Sophie tu mi confondi, so che hai bisogno di tempo, ma vedo anche che con me sei davvero felice e sento di volere che tu lo sia sempre, ma non posso perché non sei al mio fianco. Aspetterò il momento giusto, perché so che arriverà. Adesso andiamo via.》
Arriviamo finalmente a casa, per tutto per tragitto Mark non ha fatto altro che raccontarmi storie buffe che gli capitano. I clienti di Mark sono davvero strani. Ho riso talmente tanto che mi fanno male le guance, solo Mark può rendere perfetta una giornata orrenda. Entro in casa e Kate mi salta addosso.
《Mi sei mancata tantissimo sorellina.》
《Amore anche tu mi sei mancata, non puoi immaginare quanto.》
Adoro Kate, è tutta la mia vita. Ceniamo tranquillamente e lei come al solito ha il mazzo delle carte in mano. Ci racconta delle sue avventure a scuola, è davvero una birbante.
《Oggi ho rovesciato la pittura su un mio compagno Mike. Voleva darmi un bacino, ma io non volevo. Dice a tutti che sono la sua fidanzata, ma non è vero. Lui è brutto, io voglio un fidanzato come Mark."
《Kate ma io sono il tuo fidanzato》 gli risponde Mark e le sue guance si avvampano. Ha una cotta per Mark da sempre. Lui la sfotte e lei si nasconde la faccia con le sue piccole manine. È adorabile. Finiamo la serata tutti e tre sul divano, Jane era stanca ed è andata a riposare. Ci mettiamo tutti sul divano, io tra le braccia di Mark e Kate tra le mie. In quel momento realizzo che siamo una famiglia perfetta. Una vera e propria famiglia. Guardiamo Peter Pan per Kate che però crolla. Vorrei portarla a casa per metterla a letto, ma Mark non era d'accordo.
《 Finiamo di vedere il film, poi ti accompagno.》 Come potrei dire di no. Allora rimaniamo li ancora per un'ora. La fine del film però non riusciamo a vederla. Io mi addormento dolcemente sotto il tocco delle mani di Mark che mi accarezza i capelli e mi sento come Peter Pan, persa in un'isola che non c'è ma è perfetta. Quando mi sveglio sono le 4:30. Mark dorme e io sono ancora stretta nel suo abbraccio e Kate è tra noi due. Decido che è tropo tardi per andiamo a casa mia, così mi alzo e la adagio sull'altro divano per farla stare più comoda, gli metto una coperta addosso e torno sul divano con Mark. Lui con la mano mi cerca, ma non mi trova, così socchiude un occhio e io velocemente mi stendo vicino a lui. Lui di tutta risposta mi afferra e mi stringe fortissimo, annullando la distanza tra noi. Le nostre labbra a pochi centimetri, i nostri corpi che combaciano perfettamente e i nostri cuori che battono all'unisono, potrei innamorarmi di lui.
《Non lasciarmi mai più.》Mi sussurra e quella voce così sensuale e seducente risveglia in me oscure passioni, ma mi impongo di restare al mio posto.
《Non potrei mai farlo.》gli rispondo sfiorando con le dita le sue labbra.
《Ti amo Sophie, ti amo da impazzire.》 il modo in cui le sue labbra pronunciano il mio nome, per la seconda volta ho voglia di baciarlo e per la seconda volta non riesco a trattenermi. Lo faccio e lui mi risponde, ricambia il mio bacio e pian piano diventa sempre più dolce e sensuale e credo che non potermi fermare questa volta. Mi stringe più forte, sento la sua eccitazione, perdo il controllo del mio corpo che nella sua morsa fremita. Mi bacia, mi tocca, mi possiede e mi ama. E io faccio la stesso. È sbagliato eppure sembra perfetto così. Lui però sa che stiamo per varcare un confine, così si ferma. Inizia a baciarmi il collo, poi risale, poi inizia di nuovo ad accarezzarmi i capelli e mentre sono lì lì per addormentarti, pronuncio una frase di cui sono sicura me ne pentirò.
《Credo di potermi innamorare di te.》

Il mio primo "non" fidanzato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora