Avrò fatto la scelta giusta?

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Tornò a casa verso le 20.30 e non trovò nessuno.

Arya andò in camera sua e nel frattempo prese il cellulare: notò 5 chiamate perse da parte della nonna e 2 della sua amica Syria.
Chiamò prima la nonna, pronta alla sfuriata che le avrebbe fatto.

E invece: "Arya, ma dov'eri?"
"Scusa nonna, sono uscita e ho dimenticato il cellulare a casa."
"Va bene, dieci minuti e sono a casa anche io."

Chiamò anche Syria ma stavolta fu lei a non rispondere.

Poco male, l'avrebbe trattenuta troppo e lei non aveva tanta voglia di parlare.

Si buttò sul letto e tornò a pensare a quel particolare incontro che aveva avuto poche ore prima. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno.. ma con chi? La nonna? Assolutamente no, si sarebbe spaventata e non aveva voglia di reggere anche le sue preoccupazioni.
Syria? No, viveva in Spagna ed era troppo lontana per poterla aiutare.

Fondamentalmente non aveva nessun altro. All'improvviso le venne un groppo allo stomaco e si sentì sola, come una naufraga in balià dell'oceano senza un zattera alla quale appigliarsi.

La sua non era una solitudine forzata, bensì una scelta di vita.
Troppe delusioni, troppe bugie l'avevano spinta a diventare poco incline alla socializzazione. E dire che Syria, così spigliata e piena di vita, cercò di convincere l'amica ad intraprendere quell'avventura spagnola insieme a lei qualche anno fa. Perlomeno per provare a dare una svolta alla sua vita così monotona. Ma per Arya era una follia. Nonostante i suoi giovani 23 anni, aveva imparato a volare basso. A non sfidare troppo la vita. Ad avere una atteggiamento più cauto che eccessivamente rischioso. Era come se vivesse sulla soglia del mondo, come un bambino che ha paura di buttarsi in acqua e allora rimane sulla riva a guardare il mare. Magari con la punta dei piedi la tocca quell'acqua salata, ci si avvicina e tenta di bagnarsi.. ma la paura è così grande che no, meglio indietreggiare e mettersi ad osservare gli altri piuttosto che rischiare per davvero. Ecco, Arya viveva così. Sempre un passo indietro: alla vita, alle persone, all'esperienze. In quel momento si pentì di non essere partita.

La nonna interruppe i suoi pensieri: "Arya? Sono tornata."
"Hai fatto tardi eh?" chiese la nipote entrando in cucina.
"Tua madre non voleva lasciarmi andare." disse con un sorriso triste.
"Come sta?"
"Vuole vederti."
"Io no."
"Ma perchè?"
"Perchè non vuole dirmi la verità."
"Nemmeno io se è per questo."
"Con te è diverso."
"Non è diverso. Non dovresti parlare nemmeno con me. Neanch'io ti sto aiutando a ricordare."
"Vuoi che chiuda i rapporti anche con te?"
"Voglio che riprendi i rapporti con tua madre."
"Ho il diritto di sapere la verità. E lei ha il dovere di raccontarmela. Finchè non lo farà, io farò finta di non avere nessuna madre." rispose Arya duramente.
"Va bene, va bene, basta così."  disse la nonna scuotendo la testa mentre andava in camera sua.
Quandò tornò in cucina, trovo la nipote assorta nei suoi pensieri, intenta a torturare una mela piuttosto che sbucciarla.
"Dimmi su. Cosa c'è? " la incalzò la nonna sospirando.
"Pensi che sarei dovuta andare in Spagna con Syria?" chiese Arya pensierosa.
"Cosa c'entra questo ora?" la nonna sembrava perplessa.
"Così, riflettevo."
"Penso che tu abbia fatto ciò che ti sentivi di fare. E finchè nella vita sceglierai con il cuore e un pizzico di testa, stai tranquilla che prenderai sempre le decisioni migliori."

Arya le sorrise.

In quel momento capì che, nonostante tutto, forse aveva fatto la scelta giusta. Neanche l'intera Spagna le avrebbe fatto sentire il calore che riusciva a darle la nonna con due parole.

Dopo cena Arya decise di fare due passi. Aveva voglia di sentire addosso la tipica brezza estiva. Il silenzio della città le faceva compagnia e si contrapponeva al rumore dei suoi pensieri. Cominciò a sentire tutta la stanchezza di una giornata passata a rispondere ad interrogativi che probabilmente sarebbero solo rimasti tali.

Troppe domande, nessuna risposta, come sempre.

Passò davanti ad una gelateria e si fermò a guardare la vetrina. Le venne in mente una sera d'inverno, la pioggia e il gelato che le comprarono i suoi genitori, nonostante il temporale. Era sempre stata una bambina golosa e suo padre avrebbe smosso anche il mondo pur di soddisfare i suoi piccoli desideri. Pur di rendere felice la sua unica figlia. "Ecco un gelato al cioccolato misto a dell' acqua piovana per l'unica Arya che mi tiene in vita" disse suo padre con un sorriso, mentre si asciugava dalla scrosciante pioggia che aveva bagnato lui e il gelato.
"Sei il papà migliore del mondo" disse la bambina abbracciandolo, con un calore che solo una figlia profondamente innamorata di suo padre poteva avere.

Guardava quella buia vetrina con uno sguardo nostalgico.. Arya non capiva: Perchè la vita non ci permette di tornare indietro? Perchè la felicità diventa così palpabile solo quando è troppo lontana? Improvvisamente una figura le si mise accanto.

"Ricordo anche io quel momento Arya."

Arya si voltò incredula. La strada non era molto illuminata ma riconobbe subito i suoi occhi.
Era sua madre.

Dammi i tuoi ricordiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora