Capitolo 1.

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«Rosie!», mi sentì chiamare. In fondo al vagone c'erano le mie cugine.
Dominique era alta, magra e con un fisico slanciato. Aveva una cascata di lunghi capelli biondi e dei grandi occhi azzurri. Era bellissima ed aveva sempre tanti ragazzi dietro. Poteva sembrare snob e presuntuosa, ma, invece, era una ragazza solare, allegra e sempre con il sorriso.
La cosa amavo di più di lei, era che riusciva a capirmi con un solo sguardo.
Lily era bassina e magra, ma aveva le forme giuste. Aveva dei bellissimi occhi nocciola, come quelli di suo nonno paterno James e di suo fratello James Sirius. Era davvero bella. La cosa che la contraddistingueva, però, erano i capelli. Erano il suo marchio. Lunghi fino alla spalla e con la frangia, erano rosso fuoco, un rosso acceso, un rosso intenso, esattamente come quelli di zia Ginny. Anche se era un anno più piccola di me e Dominique, era molto matura per la sua età. Ciò non voleva dire, però, che non fosse anche lei super vivace. Sapeva quando e come divertirsi, ma anche quando e come fermarsi.
«Come stai?», domandò quest'ultima, mentre trascinava il baule nello scompartimento.
«Bene, voi?», domandai. Sapevo che neanche per loro era facile. Così come me, avevano lasciato tutto quello che avevano. Lily aveva lasciato lì il suo migliore amico, Jackson, e Dominique aveva lasciato il suo ragazzo, Simon.
«Tutto bene.», rispose la bionda, «solo..devo dirti una cosa, Rose.», continuò seria.
Mi preoccupai.
«Dimmi.», dissi curiosa.
Si sedette ed abbassò lo sguardo.
«Io e Simon ci siamo lasciati. », disse infine, guardandomi negli occhi.
«Cosa?», dissi sorpresa.
«Si. Non potevamo continuare una storia a distanza, con la certezza di poter tornare insieme solo dopo due anni. Se saremmo potuti tornare come prima. Abbiamo solo sedici anni e tutto cambia, noi cambiamo
«Quando è successo?», domandai dispiaciuta.
«La sera prima di tornare a casa. A Giugno..», sussurrò.
«C-come? Ma se fino a due giorni fa ogni sera alle otto ti chiudevi in camera per vederti in videochiamata con lui..», le feci notare.
«Si beh, io ti ho mentito. Non è stato facile per zio Ron e per zia Hermione convincerti a tornare, hai cercato in tutti i modi di impedirlo, di trovare un modo per restare. Inoltre hai ancora questa stupida convinzione che sia stata colpa tua se anche io e Lily siamo state costrette a tornare, non volevo che ti sentissi più in colpa.», ammise.
«Quindi tu mi stai dicendo, che tutte le telefonate, tutte le videochiamate, tutte le lettere ed i regali che ti spediva, erano delle menzogne? Mi stavi prendendo in giro?», sbottai.
«Rose, io-»
«Chi era?», la interruppi.
«Chi era chi?», chiese, non capendo.
«Chi era a chiamarti e a spedirti lettere e regali?», domandai.
Abbassò lo sguardo.
«Chi era?», insistetti.
«Ero io.», disse infine Lily, che fino a quel momento era restata in silenzio.
«Rose, noi-»
Non la lasciai finire, che mi alzai ed uscii dallo scompartimento, ignorando tutti i loro richiami.
Iniziai a camminare per tutto il vagone, senza sapere bene dove stessi andando.
Ero veramente ferita dal loro comportamento.
'
“Non volevo che ti sentissi piú in colpa’, avevano detto. Come se in quei tre mesi non mi fossi sentita comunque colpevole.
Ogni volta che la vedevo andare via la sera per vedersi in videochiamata mi ci sentivo. Ero convinta di aver separato una coppia, di averla divisa, ed invece loro avevano già rotto. Stavo camminando veloce ed immersa nei miei pensieri, quando mi scontrai con qualcuno.
Alzai lo sguardo e due grandi occhi smeraldo incontrarono i miei. Viso rotondo, sorriso sghembo, ciuffo nero tirato indietro: Albus Severus Potter era di fronte a me.
«Rosie!», esclamò aprendo le braccia. Mi ci tuffai dentro e lo strinsi forte.
«Al!».
Albus era il mio migliore amico. Ci toglievamo solo ventisette giorni, ed eravamo legati sin da piccoli.
Ogni cosa avessi fatto, lui l'aveva fatta con me. Condividevamo tutto. Solo una cosa ci differenziava, lui era Serpeverde, io Grifondoro. Nonostante ciò, questo non ci aveva mai diviso. Eravamo comunque più uniti che mai.
Era stata la persona che mi era mancata di più e da cui era stato più difficile separarmi. Ogni settimana ci scrivevamo, e l'estate, quando tornavo a casa, stavamo sempre insieme. Ovviamente adoravo Beauxbatons, ma stare a La Tana con i propri cugini a ridere fino all'alba non era paragonabile a niente.
Quell'estate, però, non l'avevo visto proprio perché a Giugno era partito con i suoi amici in Italia, ed era tornato solo il giorno prima della partenza.
Mi aveva sorpreso che zia Ginny l'avesse mandato, ma in fondo se non si era preoccupata lei, perché avrei dovuto farlo io?
E poi, anche se sapevo che era molto egoistico, avevo altro per la testa.
«Come stai, cuginetta?», domandò.
«Bene, tu?».
«Alla grande.», rispose. Si distanziò un poco e mi guardò. Mi prese per una mano e mi fece girare su me stessa.
«Sei cambiata tantissimo. Diventi sempre più bella!», esclamò.
«Ma cosa dici, sono sempre uguale.».
«Ma cosa dici tu! Sei più alta, hai i capelli più lunghi e..cosa porti adesso, una quarta?», disse abbassando lo sguardo.
«Al!», esclamai, portando istintivamente le mani sul petto.
Rise. La sua risata cristallina.
«Andiamo, non c'è nulla di male. Non sono mica James.», disse, spostandosi un ciuffo ribelle dalla fronte.
James era molto più geloso di Albus. Quando, al nostro rientro, noi cugini eravamo andati tutti insieme al mare, aveva fatto tantissime storie a noi ragazze, soprattutto a me, Dom e Lily. Diceva che usavamo bikini troppo striminziti e per poco non ci faceva un incantesimo per allargarli. Il bello di essere diciassettenni.
Quando l'avevo raccontato ad Al, in videochiamata, aveva riso per mezz'ora.
«Non sei geloso?», domandai.
«Ovvio che lo sono. Ma, finché le terrai nella maglietta, non farò storie.»
«Albus!», dissi imbarazzata. Probabilmente ero diventata dello stesso colore dei capelli.
Era pur sempre mio cugino.
«Andiamo, sto scherzando, so che sei brava.», disse scompigliandomi i capelli.
«E con questo che vuoi dire?», domandai seria.
«Niente, lascia stare. Comunque, come mai non sei con Dom e Lily?», chiese, cambiando argomento.
«Volevo farmi un giro..», mentii. Non mi andava di dire che avevamo litigato, sicuramente avrei dovuto raccontargli tutta la storia e non mi mi sembrava il caso. E poi, lo avevo appena rivisto dopo un anno, non volevo perdere tempo a parlare di quell'argomento.
«Emh, Rosie, io dovrei tornare nello scompartimento dai miei amici..ti va di venire con me?», domandò titubante. Lo vidi incerto, ma accettai. Non avevo ancora voglia di tornare dalle ragazze.
«Bene, seguimi.», disse dandomi le spalle ed avviandosi.
Avevamo superato tre vagoni, quando mi venne un dubbio.
«Albus.», lo chiami.
«Dimmi.»
«Come mai eri così lontano dal tuo scompartimento?», chiesi curiosa.
«Emh, io cercavo la signora del carrello. Volevo delle cioccorane.», rispose, «Eccoci arrivati!», continuò, portandomi di fronte all'ultimo scompartimento.
Lo aprí di scatto e mi trascinò dentro.
Nessuno si accorse di noi, tutti troppo presi dalle loro cose. Io però mi accorsi di loro, ed avrei voluto sotterrarmi.
Sulla destra c'erano Damian Zabini, Emily e Joshua Parkinson, Alexander Nott e Sarah Bulstrode. Sulla sinistra i sedili erano occupati da una sola persona: Sophia Zabini, intenta a leggere la gazzetta del profeta.
«Emh-emh.», si schiarì la gola mio cugino. Tutti si girarono verso di noi.
«Albus!», esclamò poi Emily Parkinson, alzandosi di scatto, buttandosi su mio cugino e baciandolo. Rimasi stupita da quella scena. Non solo dallo scoprire chi fossero gli amici di Al, ma soprattutto dal vederlo con quella. Stavo per uscire, quando Damian Zabini parlò.
«Albus, potresti anche presentarci la tua amica, anziché riprodurti in sua presenza.»
«Emh, si scusate.», disse Al imbarazzato, staccandosi dalla Parkinson.
«Comunque non c'è bisogno che ve la presenti, la conoscete già..è Rose, mia cugina.», disse tranquillamente.
«Rose, Rose Weasley?», domandò stranito Joshua, il fratello della cozza che prima si era avvinghiata a mio cugino.
«In persona.», dissi freddamente.
A quel punto, le testa di Sophia Zabini scattò in alto.
Tutti gli occhi erano puntati su di me.
«Rose Weasley. Che piacere rivederti.», disse Sophia, alzando le sopracciglia e sorridendomi in modo inquietante.
«Anche per me.», risposi cercando di restare impassibile. Non ero più la bambina di dodici anni che si lasciava intimorire da quello sguardo.
«Non stavi in Francia?», domandò la Parkinson, guardandomi anche lei dall'alto in basso.
«Sono tornata, finirò di studiare qui.».
«Come mai, non ti trovavi più bene a Beauxbatons?», chiese Alexander Nott.
«Forse qualcuno la importunava ed ha deciso di ritornare.», rispose la Bulstrode.
Vidi mio cugino fulminarla con lo sguardo.
In quel momento sentimmo la porta dello scompartimento aprirsi.
«Damian! La prossima volta ti alzi e vai tu a cercare la signora del carrello, ho girato mezzo treno per trovarla!», disse una voce, una voce che conoscevo bene. La voce di Scorpius Malfoy.

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