Capitolo 7.

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«Sicura che non vuoi che ti accompagnamo?», mi chiese per la centesima volta Dominique.
«No, Dom, non c'è bisogno, tranquilla.»
Erano le due del mattino, io, Dom e Lily avevamo fatto una gita nelle cucine per uno spuntino di mezzanotte.
Stavano insistendo che avrebbero dovuto accompagnarmi al mio dormitorio, ma non ce n'era bisogno.
«Ma-», insisté.
«Dom, non ho paura di scendere qualche scala, tranquilla. Andate, davvero.», ribattei.
Mi abbracciarono ed andarono dalla parte opposta, verso i dormitori di Grifondoro.
Il corridoio era illuminato solo dalla luce della mia bacchetta.
«Spegni quella luce, noi vorremmo dormire!», disse un omone all'interno del quadro.
Lo ignorai ed andai oltre.
Camminai qualche altro minuto, quando la luce iniziò ad affievolirsi.
Agitai la bacchetta, ma peggiorai solo le cose, visto che si spense del tutto.
Non vedevo nulla, così mi mossi a tentoni nel buio.
Ad un certo punto mi sentii afferrare.
Sussultai quando la mia spalla venne a contatto con il muro.
«Pensavi davvero che saresti riuscita a sfuggirmi?», sibilò una voce. Quella voce.
Si accese una flebile luce.
Due grandi occhi entrarono nella mia visuale.
Uno grande, con la pupilla marrone castagna con tante striature dorate, l'altro esattamente uguale, tranne per il colore: un blu mare.
Entrambi freddi e minacciosi.
Urlai, ma dalla mia bocca non uscì alcun suono.
Tirai un calcio e mi liberai da quella presa.
Provai a scappare, ma era inutile.
Correvo ma le mie gambe erano pesanti, come piombo, e quei pochi passi che riuscivo a fare si annullavano, e tornavo sempre allo stesso punto.
Ad un certo punto caddi a terra, con le lacrime agli occhi e un dolore forte al petto.
Mi sentii afferrare per i capelli e quegli occhi tornarono a scrutarmi.
«Ancora non l'hai capito?», sussurrò, «non riuscirai a scappare da me, io ti troverò sempre

Mi svegliai di scatto, sudata e con l'affanno.
Quegli occhi così diversi ma così uguali erano ancora impressi nella mia mente.
‘È solo un sogno.’, mi ripetevo.
Ma io sapevo che quello non era solo un sogno.
Cercai di calmarmi, così mi imposi concentrarmi sulla mia vita presente.
Era passata una settimana dal mio ritorno ad Hogwarts, e le cose tutto sommato non andavano tanto male.
Con la mia famiglia era tutto tranquillo, anche con le arpie, che in quel momento dormivano nei loro letti a così poca distanza da me, le cose andavano decentemente.
Io cercavo di evitarle il più possibile, ma quando non riuscivo a farlo e me le ritrovavo davanti non mi facevo mettere in piedi in testa. Avevano capito che non avrebbero ottenuto nessuna reazione di disagio da parte mia, così avevano allentato la presa, e quelle scarse volte che mi infastidivano, io le ricambiavo con la stessa moneta.
Il respiro si era calmato, ma il pensiero che quegli occhi sarebbero potuti riapparire nel buio mi spinsero ad alzarmi.
Decisi di scendere di sotto in sala comune.
Mi ricordo ancora che quando ero piccola e facevo un incubo, dopo mettevo la testa sotto il cuscino, strizzavo gli occhi e mi ripetevo che se io non potevo vedere ciò che mi spaventava neanche io sarei stata vista.
A distanza di molti anni, però, le cose erano cambiate.
Il buio,, il non vedere, il sentirmi indifesa, incapace di fuggire, mi incutevano timore, paura.
Scesi le scale continuando a guardarmi intorno, nervosa.
Arrivai in sala comune ed andai a sedermi sul divano di fronte ad uno dei camini, ma lo trovai occupato.
Malfoy ci stava dormendo sopra.
Lo osservai.
I capelli biondi con la luce delle fiamme sembravano ramati.
Sembrava quasi..tranquillo, mentre dormiva. Non c'era più quell'espressione fredda sul suo volto. Non sembrava una persona sempre pronta a contraddirti, a correggerti, a farti saltare i nervi.
Anzi, sembrava indifeso.
Tutto rannicchiato su sé stesso, per quel divano troppo piccolo per lui, che superava il metro e ottanta.
«Cos'hai da guardare?», chiese ad un certo punto, aprendo gli occhi.
Sussultai.
Sembrava così addormentato.
Ti stava prendendo per i fondelli.
Disse quella stupida vocina nella mia testa.
L'avevo capito, sai.
«Allora?», continuò.
«Perchè stavi fingendo di dormire?»
«Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda.», disse
«Sembri tranquillo mentre dormi.».
Arrossii subito dopo per quello che mi ero lasciata sfuggire.
Lui non disse nulla.
Io fissavo le fiamme nel camino che si affievolivano.
«Come mai sei qui?», domandai di nuovo.
«Mi sono addormentato mentre scrivevo un tema di trasfigurazione.», disse indicando una piuma e una pergamena ai suoi piedi, che non avevo notato prima.
Eri troppo occupata a guardare lui.
«Quindi non stavi fingendo?», domandai.
«No, sei tu che mi hai svegliato con quel tuo portamento da elefante.», disse, con il suo solito tono acido.
Alzai gli occhi al cielo.
«E tu, cosa ci fai qui?».
Esitai.
«Non riuscivo a dormire.», dissi infine.
«Brutto sogno?», chiese.
Annuii.
«Avevo bisogno di un allontanarmi da quel buio..», sussurrai.
Non so perché decisi di essere così..sincera.
«Sai, a volte non basta uno spiraglio di luce per non avere paura del buio.», sussurrò.
«Che vuoi dire?».
«Voglio dire, che a volte pensiamo che basta una semplice distrazione per evitare le nostre paure, come quando si ha paura del buio e si accende la luce. Ma non è così, non bisogna cercare riparo dalle paure, bisogna affrontarle, perché altrimenti non finirà mai.
Prima o poi ciò a cui ci aggrappiamo per scappare non ci sarà più, ma le paure rimarranno.
È come questo fuoco, tu puoi stare qui tutta la notte, dormire su questo divano, tranquillizzata dal fatto che ci sia la luce del fuoco, ma quando ti sveglierai lo troverai spento, e se non sarà sorto il sole sarai sempre punto e a capo.».
Rimasi a bocca aperta per quello che aveva detto.
Non avevo parole.
«Io vado, spero che tu possa trovare pace dai tuoi incubi.», sussurrò infine, alzandosi.
Mi rivolse uno sguardo pieno di intesa.
Rimasi su quel divano diverso tempo, a pensare a lui.
Forse quella di Malfoy era solo apparenza, forse non era così passivo come voleva fare credere.
Forse era così convinto di quello che aveva detto perché sapeva che era così.
Forse era molto simile a me.
Erano tutti dei forse, tranne il fatto che aveva ragione.
Aveva ragione, e probabilmente sarei dovuta tornare nella mia camera ad affrontare il buio, senza nascondere la testa sotto il cuscino, ma tenendo gli occhi aperti.
Si, avrei dovuto, ma non lo feci.
Era vero, prima o poi non avrei più avuto appigli, ma finché ci sarebbero stati, mi ci sarei aggrappata con tutta me stessa, perché non ero ancora abbastanza forte per vincere le mie paure, non ero abbastanza forte per affrontare l'oscurità.
Così mi addormentai, guardando le fiamme affievolirsi, con la consapevolezza che prima o poi non sarebbe più stato possibile accenderle.

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