Capitolo 3.

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Non capivo più niente. Nella mia testa c'era solo quella parola. Serpeverde.
Non sentivo più nessun rumore. Non sapevo dire, però, se era per via dello shock o se effettivamente nella sala era caduto il silenzio.
Capii che era la seconda, perché ad un certo punto sentii un applauso provenire dal fondo della sala.
Mio cugino Albus si era alzato in piedi e stava battendo le mani.
Poco a poco, il tavolo di Serpeverde iniziò a riempirsi di altri applausi, soprattutto da parte dei ragazzini del primo e del secondo anno.
Voltai la testa in direzione del tavolo di Grifondoro ed i miei occhi incontrarono quelli delle mie cugine. Nel loro sguardo c'era...compassione. Si, compassione era la parola giusta. Mi si appannò la vista. Le lacrime minacciavano di uscire. Le ricacciai dentro. Non era facile, ma mi costrinsi a farlo, non volevo piangere davanti a tutta la scuola.
Una mano mi sfiorò la spalla. Mi girai e vidi zio Neville, che mi guardava con un'aria strana, un misto tra sorpresa e compassione. Lo stesso sguardo di Dominique e Lily. Come se stessero vedendo un bambino morto di fame in mezzo alla strada.
«Rosie, devi andare.», sussurrò.
Capii che non potevo rimanere lì un minuto di più.
Mi alzai e, sotto gli occhi di tutti, camminai fino al tavolo verde-argento. Tenni lo sguardo alto tutto il tempo. Non volevo iniziare con l'essere presa di mira per via della mia timidezza. Vidi mio cugino in fondo al tavolo.
Andai nella direzione opposta.
Ovviamente era seduto accanto ai suoi amici e l'ultima cosa che volevo fare era passare del tempo con loro.
Mi sedetti e, per tutto il discorso della McGranitt, stetti in silenzio.
Quando la preside finì di parlare, batté le mani e diede inizio al banchetto.
C'era una moltitudine di cibo, ma io non toccai niente. Non avevo più fame, era passata quando avevo visto quello sguardo sul volto delle mie cugine.
Il banchetto era iniziato da un po', quando mi sentii chiamare.
«Ciao», disse una voce femminile, «io sono Amanda.».
Una ragazza dai lunghi capelli neri e gli occhi verdi era seduta accanto a me. Era bellissima e probabilmente non passava inosservata, eppure io non l'avevo notata per niente. Beh, io non avevo notato nessuno.
«Ciao.», risposi.
«So come ti senti.», continuò.
«Cosa?», chiesi, non capendo cosa volesse da me.
«So come ti senti in questo momento. Ti senti un pesce fuor d'acqua, ma stai tranquilla, non tutti noi Serpeverde siamo come pensi.»
«E cosa credi che io pensi di voi?»
«Pensi che noi siamo cattivi, irrispettosi, sprezzanti verso i mezzosangue.. e tante altre cose cattive, suppongo, ma non è così. Non che non ci siano ancora soggetti di questo genere, con idee antiche che risalgono ai tempi di Voldemort, ma la maggior parte di noi non è cattiva, solo, abbiamo un carattere forte.»
«Troppo forte, a quanto ne so.», dissi.
«Beh, se il cappello ti ha smistata qui, allora ce l'hai anche tu.», mi fece notare.
«Non credo mi abbia messo qui per questo. In realtà non ci credo proprio.».
«Ti ci abituerai. Comunque, ti piace giocare a Quidditch?», mi domandò.
«Si, nella vecchia scuola giocavo.».
Immagini dei pomeriggi passati a giocare nei giardini di Beauxbatons si fecero spazio nella mia mente, e lottai per eliminarle subito, prima di scoppiare in lacrime. Non ero mai stata brava a trattenere le mie emozioni, ma in quell'ultimo periodo avevo avuto parecchie situazioni per esercitarmi.
«In che ruolo?»
Sin da quando ero una bambina giocavo con la mia famiglia alla Tana. Mio padre all'inizio aveva provato a farmi giocare come portiere, e me la cavavo anche, ma non mi piaceva tanto quando il ruolo della cacciatrice, né ero altrettanto brava.
«Cacciatrice. Tu giochi?»
«Si, battitore.»
«Mh», mormorai, non sapendo che dire.
«Comunque dovresti mangiare, è buonissimo e tra poco sparirà tutto per passare ai dolci.».
«Non ho molta fame.», risposi.
«Non sai che ti perdi. Beh, peggio per te.», disse riempiendosi il piatto di bacon e patate arrosto e iniziando a mangiare.
Passarono alcuni minuti di silenzio. Beh, silenzio per modo di dire.
Ogni secondo mi guardava e faceva versi per farmi capire quanto si stava godendo quella pietanza.
«È così buono!», esclamò addentando una patata.
«Oh, basta, mi hai convinta.»,dissi prendendo una salsiccia. Nel momento in cui l'addentai sparì tutto, la salsiccia che avevo in mando compresa.
Rimasi con la mano sollevata a mezz'aria.
Amanda scoppiò a ridere.
«Te l'avevo detto!», esclamò.
«Ma lo sai che ‘te l'avevo detto’ ha un fratello? Si chiama ‘chiudi il becco’!», dissi facendo una smorfia.
«Bella questa. Sei anche spiritosa, quindi.», si complimentò.
«Si beh..non è mia, l'ho presa da un cartone animato..», ammisi.
«Un cartone animato..»
«È un programma trasmesso dalla televisione babbana-»
«So cos'è la televisione e so cosa sono i cartoni animati.», mi interruppe, «siamo nel 2023, tutti conoscono la televisione.».
«Ne dubito.»
«Ho detto che tutti la conoscono, non che tutti l'apprezzano.».
Finalmente anche dolci sparirono ed il tavolo tornò ad essere vuoto.
La preside McGranitt si alzò di nuovo in piedi. Nella sala cadde il silenzio.
«Il banchetto è terminato, ora solo pochi annunci, dopodiché potrete andare nei vostri dormitori.», iniziò.
«Informo gli studenti del primo anno che l'acceso alla Foresta è severamente proibito.
Le prove di Quidditch si terranno durante la seconda settimana dell'anno scolastico, chiunque sia interessato si rivolga ai capitani della squadra della propria casa.»
«Andiamo.», sussurrò Amanda.
«Non credo sia una buona idea..», affermai.
Non mi avrebbero mai accettata in squadra.
«Non era una domanda, ma un'affermazione.»
«Non mi dici tu cosa fare.», risposi freddamente.
«Eccolo il caratterino di cui si parlava prima.», disse sorridendo.
«Comunque», continuò, «devi venire, abbiamo bisogno di nuovi talenti per vincere la coppa. Grifondoro non scherza, lì c'è la metà dei tuoi cugini, e sono bravi. Tanto bravi, devo ammetterlo. Ci aiuteresti tantissimo. Ti prego.», disse giungendo le mani e facendo finta di implorarmi.
«Vedremo.», dissi per far cadere lì il discorso.
La preside diede qualche altro annuncio, si raccomandò con i prefetti e i caposcuola di accompagnare gli studenti del primo anno nei dormitori, ed infine ci lasciò andare.
Stavo camminando dietro ad Amanda, quando mi sentii chiamare.
Riconobbi la voce delle mie cugine.
Accellerai il passo ed uscii dalla Sala Grande.
Non volevo parlare con nessuno della mia famiglia, volevo solo andare a dormire.
«Mi accompagni ai dormitori?», domandai ad Amanda.
«Certo, seguimi.»
Camminammo fino ai sotterranei, dove c'erano tantissimi studenti.
«Aspetta un attimo.», disse Amanda fermandosi.
Si allontanò ed andò verso un gruppo di studenti, lasciandosi sola in mezzo al corridoio.
Mi sentivo osservata anche più di prima.
Passarono alcuni minuti, ed io mi sentivo sempre più a disagio. Stavo per andarmene, convinta ad entrare da sola, quando Amanda tornò.
«Scusa, non la finivano più di parlare. Mi hanno detto la parola d'ordine, ora possiamo andare.», disse ritornando a camminare.
Arrivammo di fronte ad un tratto di muro di pietra squallido e umido.
«Salazar.», disse.
Una porta di pietra scorrevole, nascosta nella parete, si aprì.
«Molto originale.», ironizzai.
«Nel giro di una settimana cambierà.», disse scrollando le spalle.
Entrò ed io la seguii.
La sala era un sotterraneo lungo e basso con le pareti e il soffitto di pietra, da cui, appese a delle catene, pendevano lampade rotonde e verdastre.
Di fronte c'era un camino con sculture elaborare, e molti studenti erano seduti su sedie scolpite.
Delle ampie e strette vetrate si stagliavano sulle pareti, e da lì si vedeva il lago.
«Si possono vedere anche le creature del lago nero.», disse Amanda.
Rabbrividii. Chissà quali creature c'erano. Sperai non schifose.
Distolsi lo sguardo e continuai a scrutare la stanza.
Era arredata con divani e poltrone in pelle nera, con cinque camini di pietra e con vari ritratti e dipinti sopra.
Un lungo tavolo era al centro della camera.
Guardai a sinistra e vidi uno scaffale pieno di libri.
C'erano manoscritti di  
Merlino e libri alchemici.
La cosa mi fece piacere, almeno qualcosa di bello in quella stanza tenebra e cupa che metteva i brividi.
C'erano due scale a chiocciola in mogano, che portavano ai dormitori, con tutte le rifiniture fatte da serpenti intagliati nel legno.
Seguii Amanda alla scala a sinistra.
Salimmo sei piani ed arrivammo in un lungo corridoio dal quale si accedeva a dormitori del sesto anno.
C'erano diverse porte, noi entrammo in quella in fondo.
Cinque letti a baldacchino con tende verdi-argentate e delle poltroncine arredavano la stanza.
«Il tuo è quello vicino alla finestra.», mi informò Amanda.
C'era il mio baule ai piedi del letto, con sopra la mia divisa e un biglietto.
“Carissima signorina Weasley, spero che il banchetto sia stato di suo gradimento, volevo informarla che domani mattina inizieranno le lezioni e che, considerata la sua assenza negli ultimi tre anni, l'ho affiancata ad uno degli studenti migliori del suo anno, che sarà felice di aiutarla ad ambientarsi nel castello. Ho già informato codesto studente, la aspetta alle 7:30 all'entrata della Sala Grande.
Cordiali saluti e buonanotte,
Minerva McGranitt. ”.
Ripiegai il biglietto.
Non sapevo cosa aspettarmi da questo fatidico studente che avrebbe dovuto ‘aiutarmi ad ambientarmi’, come se poi avesse potuto essere possibile.
Sospirai.
Decisi che non volevo pensarci in quel momento.
Ero stanca e l'unica cosa che volevo fare era dormire.
Misi velocemente il pigiama e mi infilai nel letto, poi caddi nelle braccia di Morfeo.

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