Capitolo 32.

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Halsey.

È notte fonda, tutti in casa dormono, anche Jess... Penso. Sono stata una fottuta stronza con lei, ma ha toccato un tasto che non doveva toccare... Anche se al suo posto avrei fatto lo stesso, forse mi vuole solo aiutare.
Vado in bagno, sto sudando ed ho bisogno di sciacquarmi il viso. Ho le occhiaie, sono orribile. Non mi piace il riflesso che vedo nello specchio. Vorrei essere un halsey diversa. Stringo i bordi del lavandino tra le mie mani. Alzo lo sguardo e sussulto appena vedo la figura di mio padre.
-Non riesci a dormire?- Dio papà, no. Se mi vedi sveglia no.
-Mi sono svegliata.- Sospiro e prendo l'asciugamano. -Avevo caldo.-
-Ti serve qualcosa?-
-No, grazie.- Lo sorpasso. -Torno a dormire, parliamo domani.-
Sono strana. Prima ho detto che sono felice che mio padre si sia rifatto una vita, poi arrivo in casa sua e vedo Teresa. È una donna fantastica, per carità, ma vorrei che in tutto questo ci fosse mia madre al posto suo. Ho davvero molta nostalgia dei suoi abbracci, dei suoi sguardi che mi facevano capire cosa pensa e dei suoi baci, che mi dava prima di andare a dormire.

Squilla la fastidiosissima sveglia delle 7. Ho davvero voglia di buttarla fuori dalla finestra. Dalla mia stanza sento la voce di Teresa e Jess, forse sono in cucina. Appena apro la porta un odore di pancakes invade le mie narici. -Buongiorno.- Mio padre sbuca nel corridoio, con un accapatoio addosso e un asciugamano attorno al collo.
-Buongiorno.- Forzo un sorriso e scendo al piano di sotto.
Ora sento anche un'altra voce, di un ragazzo. Forse è Alex. Entro in cucina e tutti ridono armoniosamente, rischiando di rompere i miei timpani; ma la risata di Jess cessa non appena incontra il mio sguardo.
-Buongiorno tesoro.- Teresa sorride, e sforza dei biscotti.
-Buongiorno.- Rivolgo uno sguardo a Jess e poi al presunto Alex, che non toglie lo sguardo da dosso dalla mia ragazza.
-Sono Alex, piacere.- Allunga la sua mano. Faccio un cenno di capo e non dico nulla, non gli stringo neanche la mano.
-Vado a scuola, è tardi.- Non è tardi, e sono anche in pigiama. Salgo di sopra e mi cambio velocemente prendendo le prime cose che capitano. Mi sto pentendo di essere venuta da mio padre.
-Vuoi un passaggio? Io vado a lavoro.- mormora Jess, fuori dalla porta.
-No, grazie.- Rispondo. Apro la porta, è appoggiata al muro.
-Ok... Allora beh, io vado.- Vorrei tanto fermarla. -Oggi ti devo parlare appena torni da scuola.- Dice e se ne va, senza darmi neanche uno sguardo.
Impreco a bassa voce e corro in bagno a lavarmi denti. Voglio uscire da questa casa il primo possibile.
Appena finisco scendo al piano di sotto e esco dal retro per evitare che qualcuno mi parli.
Cammino verso la scuola con la musica in sottofondo. Stranamente oggi non c'è nessuno per strada... Oggi New York è spenta.
Sento una mano sulla mia spalla. Riconosco il suo tocco, purtroppo. È James. -La tua ragazza ti lascia andare a piedi?- È ubriaco. Ha le pupille dilatate e lo noto sempre di più quando si avvicina a me. -Non hai più la bocca?!-
-S-si...- Balbetto. Forse lui è l'unica persona che riesce realmente a spaventarmi. Forse ho davvero trovato il mio punto debole. Avrei dovuto dare retta a Jess, devo affrontare questa persona. -Lasciami in pace.- Sibilo.
-Come? Oh, nonono. Tu ora vieni con me, puoi dire addio a quella puttanella della tua ragazza.-
Cerco di liberarmi dalle sue braccia. Lui stringe sempre di più la stretta.

||THE ONLY ONE||LESBIAN STORYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora