PROLOGO
Ore 07:00.
Pigramente allungai un braccio verso il comodino e presi in mano il cellulare cercando di spegnere la mia solita sveglia mattutina: "always". Rimasi qualche altro secondo rilassata al caldo, sotto le coperte. Poi però un senso di ansia e di tristezza mi invase lo stomaco. Ah già. Ora ricordavo. Quello non era un buongiorno, avrei dovuto affrontare le mie amiche e soprattutto avrei dovuto evitare il mio ragazzo, con cui il giorno prima avevo litigato così duramente. Scesi dal letto, consapevole che sarebbe stata una lunga e durissima giornata, e mi diressi in bagno. Il getto d'acqua fredda mi fece rabbrividire appena, ma regolai l'acqua calda e mi sentii subito meglio. La doccia era il mio pensatoio, proprio lì sotto riuscivo a ragionare al meglio, a prendere decisioni importanti, o semplicemente a rivivere ricordi. Seppur recenti, nella mia mente affiorarono ricordi della mattina precedente:
<< Jake, vuoi dirmi qual è il problema oggi?>> gli chiesi dolcemente. Non si sprecò neppure a guardarmi, semplicemente afferrò la mia mano e la strinse con forza.
<< Nulla, ma ti prego, sta' zitta. Sono nervoso e non ho voglia di parlare >>stavamo tornando a casa, appena usciti da scuola e come al solito percorrevamo il nostro vialetto mano a mano. Amavo Jake, eravamo la classica coppia che incomincia tutto da una semplice chiacchierata, da amici e poi scattava la scintilla. Ormai stavamo insieme da due anni e mezzo, lo conobbi quando frequentavo il mio primo anno di liceo, mentre lui faceva il secondo. Eravamo cresciuti insieme, frequentavo il penultimo anno, e lui l'ultimo. Jake è sempre stato un ragazzo molto divertente. Il tipo di ragazzo che che fa ridere tutti, l'anima del gruppo, quello che non è mai triste. Fu il suo atteggiamento a farmi innamorare e poi non era neanche niente male, non che cercassi il principe azzurro, ma assolutamente era un bel ragazzo: fisico asciutto, spalle larghe, giocatore di rugby, alto, moro e con gli occhi di un castano intenso. La nostra storia era un qualcosa di speciale, perché prima di essere il mio fidanzato, lo consideravo un amico, un fratello. Non avevo mai avuto problemi di nessun tipo con lui, andavamo d'amore e d'accordo, e ci completavamo l'un l'altro. Fino a ieri.
<< Come vuoi, starò zitta. Ma ricordati che sono qui e se c'è qualcosa che posso fare per farti stare meglio io... >> mi bloccò di scatto, storcendomi la mano, provocandomi un po' di formicolio al polso. Digrignò con i denti
<< Cosa non ti è chiaro della parola "zitta"? Non ho voglia di ascoltare le tue solite cazzate.>> mi irritai. Lo detestavo quando faceva così e soprattutto quando utilizzava la forza per sottolineare il concetto di superiorità.
<< Sai cosa ti dico? Starò zitta, non parlerò più >> dissi arrabbiata.Non rispose, ma strinse di nuovo la mia mano più forte. Sentii di nuovo quel piccolo dolore. In realtà non mi stava facendo male ma sapevo che come si stava comportando era ingiusto e irrispettoso nei miei confronti. Ogni qualvolta litigavamo e soprattutto ogni volta che ci trovavamo ad avere idee differenti -e la cosa capitava spesso, essendo due forti caratteri contrastanti- doveva dimostrare nella maniera più errata possibile di avere ragione. Come? Alzando la voce, tenendomi stretta. Lo avevo capito troppo tardi che era un tipo abbastanza violento, ma lo amavo e mi fidavo troppo di lui, non avevo paura. Come avrei potuto avere paura della persona che amavo di più di tutte? Nonostante furono molte le volte in cui gli scappò un piccolo schiaffo, una prese troppo stretta, non alzò mai davvero le mani su di me. Ne parlavo con le mie amiche, e loro subito erano pronte ad accusarlo di chissà quale crimine. Io non le ascoltavo, pensavo solo che il suo comportamento era sbagliato ma non mi allarmavo più di tanto. Alla fine ogni volta che discutevamo per questo motivo, quando puntualmente tutte le volte lo avvertivo dicendogli che se avesse alzato nuovamente le mani lo avrei lasciato, lui in tutta tranquillità sorrideva incredulo, rassicurandomi dicendo che il suo afferrarmi la mano in quel modo era solo segno di affetto. E in effetti davanti a quelle parole cosa mai avrei potuto dire? Mi amava, era sicuramente così. Non avrebbe mai potuto farmi del male. Quel giorno aveva negli occhi un'espressione mai vista. La stretta sulla mia mano si faceva sempre più forte.
<< Basta Jake, lascia immediatamente la mia mano. Mi stai facendo male>> dissi non ancora allarmata.
<< Voglio stringerla. Non posso? E diamine ti ho detto di stare zitta.>>
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IL MALE CHE TI VOGLIO
RomanceTratto dalla storia : "Lo avevo capito troppo tardi che era un tipo abbastanza violento, ma lo amavo e mi fidavo troppo di lui, non avevo paura. Come avrei potuto avere paura della persona che amavo di più di tutte?" Roxelle ama Jake, che però non s...