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Non fece in tempo a dare più di qualche colpo di pinna che una mano forte e callosa la afferrò con una delicatezza impensabile.

Subito allerta, Stefaniya cercò di posare le sue mani su chi la stava toccando e un attimo dopo una voce strana e mai udita prima la raggiunse.

"Perdonami. Non volevo spaventarti. Sembrava che avessi bisogno di aiuto..."

Con mani incerte, Stafaniya cercò di percorrere quel poco che poteva del tritone, pur senza essere invadente, e gli donò un piccolo sorriso di circostanza.

"Sei molto gentile, grazie. Stavo raggiungendo il fondo della caverna..."

Lo sconosciuto rinsaldò la presa pur rimanendo morbido sul suo braccio e con garbo la scortò fino all'imboccatura.

"Posso?"

Stupita da tanta gentilezza, Stefaniya si limitò ad annuire una volta, lasciando quindi che lui la scortasse con quella leggerezza impensabile.

"Quando è accaduto? Se mi posso permettere questa domanda..."

La sua pacatezza e il battito lento del suo cuore le svelarono che la sua curiosità era sincera e non cercava invece di essere inopportuno.

"Molto tempo fa. Prima della mia rinascita."

Lo sentì annuire, poi di nuovo calò il silenzio. Ma stranamente, lei non si sentì a disagio in quella quiete. Era come se anche lui fosse profondamente consapevole di cosa significasse avere un handicap e non fosse intimorito da lei.

"Il tuo amico non è stato educato a lasciarti in difficoltà."

Le sue parole erano calme e dotate di una serenità incredibile per quello che esprimevano. Stefaniya ammirò quello sconosciuto, di cui piano piano iniziava a intuire l'identità.

"Non tutti gli amici sono fatti per il momento del bisogno." affermò lei con un minuscolo sorriso cortese.

Ci fu un piccolo spostamento da parte dell'uomo, come se volesse assicurarsi che lei intendesse davvero dire quello che aveva detto, poi un altro movimento le confermò che stava annuendo.

"È vero."

Finalmente Stefaniya avvertì la fine della caverna e sotto di loro si aprì l'ingresso al Fondale. Con un'attenzione degna di un vero cavaliere, lo sconosciuto la aiutò a calarsi nell'insenatura prima di seguirla e riprendere a guidarla con quella flemma unica.

"Se posso tirare a indovinare, tu non sei un Dryloyw di questa Colonia, vero?"

"No, in effetti." Nella voce dell'uomo c'era una punta di sorpresa che subito dopo divenne un sorriso nella frase successiva. "Io sono Utā-intikō."

Stefaniya annuì sorridendo, soddisfatta della risposta e di essere riuscita a vederci chiaro.

"Solo un tritone di un'altra Colonia sarebbe stato così delicato e rispettoso." lo informò avvertendo la curiosità nei suoi movimenti. Ormai ogni muscolo per lei parlava ed esprimeva emozioni, trasformando le sensazioni in certezze.

"Quello che dici è molto dolce. E molto triste."

"Triste?"

"Sì. È triste che si riconosca uno straniero dalla creanza che usa."

Stefaniya rimase colpita dalle sue parole e tuttavia non poté dargli torto. Con quell'andatura dolce e placida raggiunsero infine il Fondale, superando il Tempio dal quale avvertì l'intensa luce carezzarla di sfuggita. Era una piacevole sensazione che la riconduceva al concetto di casa e di famiglia.

Ocean's Song - La Canzone del MareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora