Capitolo 8

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Appena vedo la porta chiedersi dietro Evans, penso che la Carter gli debba parlare della prossima missione, visto che è lei che assegna le missioni agli Agenti, cose che io non approvo, un quanto non la ritenga adatta per quel ruolo. Io spero che sia così.

Non è da me. Non è da Hive preoccuparsi per quel dannatissimo agente, che tra l'altro non è nemmeno bravo.

Penso che Grant Ward, almeno la parte buona che gli è rimasta, stia prendendo io sopravvento e questo non è accettabile.

Aspetto che il ragazzo esca da quella stanza illeso, ma questa attesa sta durano troppo per i miei gusti. Non ci vuole mica così tanto tempo per dire ad un agente i dettagli di una missione.

Sono passati quaranta minuti abbondanti e mi avvio verso la stanza.

Appoggio prima l'orecchio, per vedere che si stanno dicendo. Il silenzio regna in quella stanza e la cosa sta diventando preoccupante e tetra allo stesso tempo.

Vai al diavolo Grant Ward Buono penso tra me e me e vado ad aprire la porta.

Non c'è nessuno. Come è possibile che non ci sia traccia né di Sharon Carter né di Caleb Evans? Skno sicurissimo che siano entrati qui.

Entro e ispeziono la stanza.

Non vedo nulla si anomalo ma, avvicinandomi verso degli scaffali, noto che dietro c'è una passaggio segreto.

Cerco di aprirlo ma, al primo tentativo non ci riesco.

Sento delle voci da dietro gli scaffali. Sono urla. Questo genere di urla le conosco bene: sono urla di dolore, e quella è la voce di Caleb.

"Non ho fatto nulla Agente Carter! Non c'entro nulla con l'indagine di Hive! Non ho detto nulla sulla telefonata! Glielo giuro! Non mi faccia del male!"
sento urlare da Caleb, e questo è staziante. Per il Grant Ward buono è straziante. Per Hive non lo è. Per lui è un piacere sentire tutto questo.

Ma ora non sono più Hive. Grant Ward ha preso posto di Hive, come durante un incontro di Boxe; l'incontro era tra Hive e Ward, e il primo era in netto vantaggio. Ora le cose sono cambiate. Ward ha ribaltato il risultato e ha vinto.

Uso tutte le mie forze e finalmente riesco ad aprire la porta che porta alla "Stanza delle Torture Segreta" e lo spettacolo, se così lo si può definire, è più agghiacciante di quello che mi potevo immaginare.

Caleb Evans è seduto su una sedia, legato mani e piedi con delle corde che a prima vista sembrano quelle super resistenti che si usano per fissare degli oggetti pesanti al soffitto e, vi assicuro, che anche se non sono legate strette, fanno un male allucinante.

Davanti a lui vedo Sharon Carter con in mano un bisturi da chirurgo e vicino a lei vedo Giyera, un Inumano telecineta braccio destro di Malick.

Non ci penso due volte e mi fiondo verso i due Agenti che stavano torturando quel povero ragazzo, ma Giyera, con la telecinesi, mi lancia dietro una sedia e, per un pelo, non me la schianta in faccia.

In quel momento, Grant Ward si fa da parte e lì viene fuori Hive, il demone.

Vado in direzione dell'Inumano, che mi appare terrorizzato, e mi scagliò su di lui con tutta la violenza repressa che avevo.

Lo prendo a botte fino a quando non sento più battere il suo cuore.

L'ho ucciso. Non avevo mai ucciso una persona in questa maniera. Mi sono rivelato per quello che sono: un assassino, come lo è d'altronde anche Ward.

Mi alzo da terra e mi avvicino verso la Carter, ma lei mi spara un colpo dritto al cuore. È come se fosse solletico per me. Hive non può essere ucciso con un'arma qualunque.

Il fatto che io non sia steso a terra a fare compagnia al mio simile affianco a me, preoccupa la Carter, anzi la terrorizza.

Quel tipo di sguardo lo avevo visto solo una volta: quando ho indotto al suicidio Christian, mio fratello, anzi è stato Ward in realtà, ma è come se lo avessi fatto io. Ora sono io Ward.

Mi avvicino a lei e, dopo una lotta davvero tosta, le prendo la pistola e le sparo ad una gamba.

Slego Caleb e andiamo via dall'uscita secondaria del nascondiglio, in fondo alla stanza.

Aiuto Caleb a correre, ma è troppo debole, ma non abbiamo tempo. La Carte avrà già avvisato tutti gli agenti presenti e Malick di ciò che ho fatto e saranno sulle nostre tracce.

"Perché lo hai fatto?" mi chiede il ragazzo, con un filo di voce.

È ridotto veramente male.

"Non lo so. È come se l'istinto mi dicesse che dovevo salvarti. Ward voleva salvarti" dico, incredulo anche io per quello che ho fatto.

Per pura fortuna, siamo riusciti ad uscire dalla base.

Siamo in mezzo al nulla.

Vedo, però, in lontananza una strada e mi dirigo verso quell'unica speranza che io e Caleb abbiamo per non farci uccidere.

Sento le sirene della base, che indicano quando un prigioniero, o in questo caso noi, scappa dalla base.

Ora siamo ufficialmente ricercati.

Corro più veloce che posso verso la salvezza, che ha forma di quella strada, con la speranza che l'HYDRA non ci prenda prima.

N/A

FINALMENTE SONO RIUSCITA AD AGGIORNARE LA STORIA.
VI CHIEDO PERDONO PER QUESTO RITARDO, MA HO AVUTO DEI PROBLEMI DI SALUTE UN PO' GRAVI E NON ERO IN GRADO DI AGGIORNARE.
VI PROMETTO CHE NON CAPITERÀ PIÙ.

SE RIESCO, DOMANI AGGIORNO LE ALTRE DUE MIE STORIE, CHICAGO E Nothing Lasts Forever ❤

BUONA NOTTE❤

Some Things Are Meant To Be || Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora