Capitolo 20 ~ Grotta

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Si diede un pizzicotto, e un dolore le pervase il braccio. Non stava sognando. Lentamente si alzò. Era bagnata dalla testa ai piedi.
Devo trovare un posto dove asciugarmi, penserò dopo a cosa fare.
Iniziò a girare nel bosco. Non sembrava lo stesso bosco dove si trovava la villa abbandonata ormai residenza di Elizabeth, e se lo era, Kam si trovava in una parte di quel bosco che non aveva mai visitato.
Girovagando, si imbatté in un paio di pali conficcati nel terreno, la cui superficie sembrava dipinta di rosso. Via via che avanzava i pali aumentavano, allora decise di seguirli. Tempo dopo arrivò ad una grotta, e decise che era il posto perfetto per sistemarsi. Entrò e si sdraiò, cercando di riprendere le forze dopo la lunga camminata. Iniziò a pensare a come aveva fatto ad arrivare fino a lì, al sogno, e si chiese perché a condurla nel lago fosse stata Elizabeth. Aveva distrutto il legame che aveva con lei, si era anche rifiutata di farle da custode. Eppure nel sogno che le aveva dato la libertà, Elizabeth c'era. Era rimasta.
Solo in quel momento capì quanto la ragazza rossa fosse importante per lei, e quante volte le avesse salvato la vita. Come se qualcuno l'avesse tirata fuori di peso, ad un tratto uscì da quello stato di pazzia in cui era entrata dopo aver ucciso David. Aveva capito. Lei non doveva uccidere, lei doveva trovare Elizabeth. E proteggerla. Da Custode quale era.
Stava per alzarsi per andare a cercare Elizabeth, quando la grotta si illuminò. Degli uomini vestiti di tuniche bordeaux e con maschere completamente nere che tenevano in mano delle fiaccole circondarono Kam, che, ancora con la schiena attaccata al muro, si mise in piedi pronta ad attaccare. Non poteva permettere che qualcuno si mettesse tra lei ed Elizabeth un'altra volta.
Uno degli uomini si avvicinò a lei.
«Non siamo qui per farti del male, Coy.»
Coy? Non è il mio nome, per chi mi ha scambiata? pensò Kam.
L'uomo continuò «Ti stavamo aspettando.» fece un passo avanti, ma vide che Kam si era messa in posizione d'attacco allora rimase dov'era. Si sfilò un medaglione dal collo e lo lanciò ai piedi della ragazza.
Kam lo raccolse. Era un medaglione argentato grande quanto il tappo di una bottiglia che pendeva da una catenina sottilissima. Da una parte raffigurava un angelo stilizzato, con le ali che gli circondavano il corpo, e una pietra rossa divisa a metà, sulla quale era disegnato un simbolo che Kam sembrava aver già visto prima. Ma era diviso a metà, e non poteva esserne sicura.
Dall'altra parte c'era una scritta. Coy eytum as.
«Che vuol dire la scritta?» chiese Kam dopo aver lanciato il medaglione all'uomo.
«Vieni, ti spiegherò tutto.» disse lui, e le fece segno di seguirlo con la mano. Kam guardò scettica gli altri uomini, che immediatamente spensero le loro fiaccole e sparirono nell'ombra. Allora la ragazza decise di seguire l'uomo con il medaglione attraverso la caverna, fino a quando non arrivarono ad una porta. L'uomo la aprì rivelando una stanza. Non sembrava una grotta, ma una stanza vera e propria, con un grande tavolo al centro e numerose sedie.
«Gli altri uomini?» chiese Kam.
«Sono entrati in altre porte, non le avrai viste per via della poca luce.» rispose l'uomo, poi si sedette a capotavola «Vieni, ti spiegherò un po' di cose.» e fece segno a Kam di sedersi. Lei non lo fece, e lui decise di parlare ugualmente.
«Secoli fa, una veggente in punto di morte profetizzò l'arrivo di una creatura superiore che avrebbe eliminato le specie inferiori e ristabilito l'ordine sul pianeta. Per specie inferiori intendeva i proxy, che esistevano già da allora.»
Proxy... proxy... Kam aveva già sentito quel nome ma non ricordava in quale occasione.
«La vecchia disse che la creatura sarebbe stata simile agli angeli, ma anche diversissima da loro.» continuò l'uomo «Un angelo peccatore. Disse che si sarebbe chiamato Coy e che sarebbe stato il primo angelo peccatore dopo secoli. Infine disse "Coy eytum as" e morì. Quella frase fu pronunciata in una lingua parlata da coloro che fanno parte della Setta di Coy, il cui rappresentante è proprio di fronte a te, e vuol dire "Coy ci salverà". Tu sei Coy, il primo angelo peccatore dopo secoli, anzi, millenni. E tu ci aiuterai a sterminare i proxy, eliminando quelle sottospecie di incubi dal nostro mondo.»
In quel momento Kam ricordò il significato di proxy. Elizabeth era un proxy.
«Non vi aiuterò.» disse solamente. Si voltò per andarsene, ma l'uomo era proprio di fronte a lei.
«Sì che lo farai. Questo è il tuo destino.»
Poi per Kam ci fu solo il buio.
Quando riprese conoscenza, era seduta davanti al monaco.
«Stai bene? Ti sei addormentata nel bel mezzo della spiegazione. Vuoi un po' d'acqua?»
Kam annuì. Si era immaginata tutto? Quindi i monaci non volevano che lei uccidesse i proxy e, di conseguenza, Elizabeth... forse non erano neppure monaci.
L'uomo tornò con un calice in mano e lo porse a Kam, che ne bevve un sorso. Non sembrava acqua, ma aveva un buon sapore e la ragazza aveva sete. Bevve tutto il liquido, e solo dopo che lo ebbe finito si rese conto che qualcosa non andava. Gli occhi avevano iniziato a bruciarle e si era alzata in piedi mentre tutto intorno a lei girava. I colori si mescolavano l'uno con l'altro, e nella sua mente iniziarono a comparire immagini di una vita non sua: dei bambini che venivano squartati da uomini mascherati, persone che urlavano, città in fiamme. Il bruciore agli occhi si era fatto insopportabile e Kam iniziò ad urlare. Piano piano i suoi ricordi si affievolirono. Chi era lei? Cosa ci faceva lì? Chi era Elizabeth? Alla fine nella sua mente rimase solo una frase: uccidere i proxy.

Gloria ed Elizabeth erano in città. Si erano nascoste in un negozio di vestiti chiuso, perché il vicino di casa di una loro vittima aveva chiamato la polizia prima che un coltello gli venisse piantato in gola. I poliziotti se n'erano andati, ma per le due era meglio rimanere nascoste ancora un po'. Gloria continuava a sbirciare dalle vetrine sbarrate, per vedere se passava qualcuno, mentre Elizabeth continuava a camminare per il negozio. Si fermò di fronte ad un grande specchio ovale e si osservò. Le occhiaie nere erano molto visibili sulla sua pelle pallida ed i suoi abiti erano sporchi di sangue. Guardandosi meglio, si accorse che con i suoi abiti colorati era molto appariscenti, e lei non voleva esserlo. Si guardò intorno e scelse qualcosa che le poteva andare bene. Poi iniziò a spogliarsi, ma una volta tolta la maglietta si rese conto di quanto fosse magra. Quasi scheletrica. Scosse la testa e si vestì con gli abiti che aveva preso, una t-shirt, una felpa con cappuccio e un paio di jeans. Ogni capo era nero. Prese anche un paio di scarpe da ginnastica nere. Una volta che si fu vestita si guardò allo specchio. La felpa era comoda e i jeans le stavano bene, se non per il fatto che erano troppo lunghi per il suo metro e sessanta di altezza. Decise di fare il risvolto alla fine dei pantaloni, lasciando scoperto un lembo di pelle della caviglia, perché altrimenti le avrebbero dato fastidio. Arrotolò le maniche della felpa fino al gomito e si accorse che i suoi capelli erano molto cresciuti, nonostante li avesse tagliati poco tempo prima. Infatti ora le arrivavano al fondoschiena. Prese un nastro nero dalla cassa e li legò in una coda di cavallo. Si guardò un attimo allo specchio prima di sentire Gloria dire «Via libera!» allora uscirono insieme dal negozio. Buttò i suoi vecchi vestiti in un cassonetto vicino al limitare del bosco, poi si avviarono alla villa abbandonata.
Una ragazza con i capelli neri era girata di spalle davanti alla villa.
«Pensavo avessi più buongusto, Elizabeth.»
Le due ragazze conoscevano quella voce «Jade.» disse Gloria, fredda.
«Oh, Poison! Ci sei anche tu!» la ragazza rise «Mi divertirò ad uccidervi entrambe.»
Si voltò ed iniziò a correre verso di loro. Gloria le corse incontro e provò a pugnalarla, ma Jade schivò il colpo e rise. Continuò a correre verso Elizabeth, che a sua volta corse. Stavano per scontrarsi, quando Elizabeth fece una scivolata a terra e colpì lo stinco di Jade, che cadde a terra. Gloria, che le aveva raggiunte, affondò il suo coltello avvelenato nel petto della ragazza.
Gloria ed Elizabeth rimasero in piedi a guardarla tossire sangue, quando inaspettatamente lei iniziò a ridere.
«Smettila!» urlò Poison, ma Jade non ne aveva intenzione.
Si fermò solo per dire: «Non mi avete sconfitto. Tornerò. Stai attenta, proxy.» poi uno sbuffo di fumo nero uscì dalla bocca della ragazza e scomparve.
Jade però era ancora viva. Tossì sangue, poi guardò prima Elizabeth, poi Gloria.
«Gra... zie... per avermi... liberata.» sorrise, poi la vita scivolò via dal corpo di Jade.









EHI MIEI CARI LETTORI
SONO TORNATA YEEE
Ho finito gli esami, sinceramente sono stati più facili di quanto mi aspettassi. Ora sarò più attivaa
Rileggendo la storia mi sono accorta di molti errori, quindi credo che la sistemerò :D
Vi piace questo capitolo? Ricordate di votare, perché so dove abitate ^^
pace e bene luridi babbani
~ H.
P.S. QUANTO MI ERA MANCATO SCRIVERE QUESTA STORIA.

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