Capitolo 9 ~ Elizabeth

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Kam e David tornarono a casa con Sofia due giorni dopo la loro permanenza in Italia. Si erano un po' stancati di camminare tutto il giorno, Kam non era un tipo da viaggio e Sofia nemmeno. David invece era entusiasta di ammirare quei luoghi diversi dalla loro noiosa monotonia.
«Così questo è il vostro appartamento?» chiese la ragazzina una volta entrata, guardandosi intorno curiosa.
Kam e David annuirono, poi gonfiarono un materassino gonfiabile e lo appostarono vicino il divano, dove Sofia avrebbe potuto dormire.
«La mia settimana non è ancora finita, devo stare ancora io sul letto.» disse scherzosamente Kam, e David annuì ridacchiando.
Durante quei tre giorni in Italia, Kam aveva fatto pratica con il suo talento. Adesso riusciva a decidere se leggere i pensieri di una persona solo guardandola negli occhi, e pensando intensamente a qualcuno poteva comunicare con lui attraverso la sua mente e vedere e sentire attraverso i suoi occhi e le sue orecchie. Poteva inoltre modificare i pensieri di qualcuno, solo che questo le faceva spendere molta energia. Aveva anche ragionato sul significato del suo compito di custode, e si era decisa a trovare la sua amica Elizabeth ad ogni costo. Si chiuse in camera, dopo aver dato la buonanotte a David e a Sofia, poi si appostò in ginocchio vicino alla finestra semi aperta.
«Vediamo dove sei, Elizabeth.» chiuse gli occhi, cercando con tutta se stessa di creare nella sua mente un'immagine della sua amica, come l'aveva vista nell'immagine che aveva visto quando era diventata un angelo. Il suo viso prendeva forma. I grandi occhi rosso sangue con due borse nere sotto di essi, i capelli dello stesso colore lunghi e spettinati che le ricadevano dietro la schiena, le guance paffute e rosee erano le stesse che aveva conosciuto anni prima. Le spalle strette, il fisico asciutto e atletico di chi ama fare sport. Strinse i pugni, e quando riaprì gli occhi vide delle immagini distorte e veloci. Il buio le impediva di vedere molto, ma sentiva lo scricchiolio delle foglie secche sotto i suoi piedi. Delle luci di torce illuminavano gli alberi di fronte a lei. Elizabeth stava correndo, era inseguita. Sospirò soddisfatta. Ci era riuscita.
«Elizabeth...» disse in un sussurro quasi impercettibile.
Elizabeth sembrava averlo sentito, perché si nascose dietro un cespuglio e sussurrò in risposta «Chi sei? Dove sei? Come fai a sapere-»
«Non c'è tempo per spiegare.» la interruppe Kam «Sono la tua migliore amica, Kam.» la ragazza sentì un verso di sorpresa da parte della sua amica, poi delle emozioni che non le appartenevano la sopraffassero. Rabbia, paura, tristezza, confusione.
«K-Kam... ? No... No, non è possibile... Kam... Kam è morta!» esclamò alla fine, con voce piena di rabbia. Si azzittì subito, perché sentì dei passi alle sue spalle. Dei raggi di luce illuminarono il cespuglio dove era nascosta. La ragazza trattenne il respiro. Il poliziotto che la seguiva esaminò un po' le fronde, mentre Elizabeth sprofondava sempre di più. Kam cercò di modificare la mente dell'uomo, facendolo andare via. Inizialmente sembrava un'impresa troppo difficile per lei, ma quando il poliziotto girò i tacchi e se ne andò, la ragazza si ricredette. Una volta che i passi non si sentirono più, Elizabeth uscì dal suo nascondiglio e ricominciò a correre. Le immagini diventavano più sfuocate e distorte. Kam aveva utilizzato molta della sua energia per modificare i pensieri dell'inseguitore della sua amica.
«Non sei Kam. Lei è morta.» disse infine Elizabeth, stavolta più calma.
«Ti prego, devi credermi! Sono io!» rispose quasi in preda al panico Kam.
«Esci dalla mia testa. Chiunque tu sia, non è un bello scherzo. Per quanto ne so, Kam non riusciva a parlare nella mente degli altri.» disse. Entrò in un edificio semi nascosto dall'edera. Kam non riuscì a distinguerne i dettagli, ma sembrava una grande casa antica. La ragazza entrò nel soggiorno e si sedette su una sedia a testa bassa.
L'altra pensò per un po'. Come avrebbe fatto a convincere Elizabeth?
«Ricordi quando quest'estate sei venuta a dormire a casa mia?» disse infine. La rossa alzò di nuovo la testa «Siamo uscite in pigiama ed abbiamo fatto uno scherzo a mia sorella Lucy. Solo io, te e lei sappiamo qual era e come ha reagito.»
Elizabeth sbuffò, mentre Kam ricominciava a parlare «Le abbiamo messo dei ragni finti nel letto, pensando che le avrebbero fatto paura, mentre invece si è messa a ridere e ce li ha lanciati addosso.» rise malinconica, ricordando quel momento così allegro «Sei ancora convinta che non sia io?»
La rossa rimase in silenzio. Kam sorrise «Devi venire da me.»
«Non posso farmi vedere da te così, come se niente fosse.» Elizabeth si alzò «E poi, chi mi dice che non sei solo una stupida voce nella mia testa e che non sto diventando pazza? O meglio, più pazza di quanto non sia già?»
«Non sei pazza! Sono io, la tua amica!» Kam aveva assunto di nuovo quel tono supplichevole.
«E non eri morta? Come sei tornata in vita, con le Sfere del Drago? Oppure hai trovato la Pietra della Resurrezione?» disse in tono canzonatorio e arrabbiato la ragazza.
«È una storia troppo lunga da spiegare...» rispose semplicemente Kam.
«Si dai! Facciamo a chi racconta di meno ad Elizabeth!» diede un calcio alla sedia, facendola cadere a terra «Non sai quanto ho sofferto in questi mesi. Hai idea di cosa voglia dire perdere tutto e ritrovarsi in una villa di assassini, creare un rapporto con qualcuno che poi verrà distrutto da qualcun altro? Essere costretta ad uccidere? Soffrire per ben due volte, solo per un capriccio di chi è invidioso? Non poter neanche mettere fine alle mie sofferenze, perché sono un dannato proxy e nessuno mi può uccidere? Vorrei essere morta con te ed i miei genitori, quel giorno...» concluse quasi sussurrando. Raccolse la sedia e vi si sedette sopra.
«Se non sei morta c'è sicuramente un perché, come c'è nel fatto che io sia viva, adesso.» rispose Kam. Aveva compreso il significato dell'odio e della sofferenza che la sua amica stava provando. In un certo senso, lo sentiva, lo stava provando anche lei, anche se non in prima persona.
«Perché il mio stupido cuore non ha smesso di battere prima? Perché non posso essere come le altre ragazze?» mormorò l'altra.
«Tu non sei mai stata come le altre ragazze, Liz.»
L'ultima cosa che vide furono i pugni di Elizabeth stretti in una morsa e leggermente sporchi di sangue, prima di essere accecata da una luce bianchissima.

Riaprì gli occhi e si trovò di nuovo davanti alla sua finestra semi aperta. La sua amica aveva interrotto il contatto. Sbuffò. Elizabeth era cambiata, più di quanto pensasse.

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