Capitolo 18 ~ Cattura

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Kam non si sentiva in colpa per quello che aveva detto a Elizabeth. Una parte di lei, però, sentiva la sua mancanza, sentiva la mancanza di una figura amichevole al suo fianco. Elizabeth era sempre stata vicino a lei, da quando si erano conosciute avevano instaurato un forte rapporto di amicizia. Ma in quel momento, di quella forte amicizia rimanevano solo macerie e resti, tutto grazie a quella frase.
"Io non ho migliori amiche". Elizabeth era stata ferita da quella frase, e anche Kam, nel profondo. Adesso che ci ripensava, si sentiva in colpa. Come aveva potuto dire una cosa del genere ad una persona che le era rimasta sempre accanto e che le aveva salvato più volte la vita? Come aveva potuto voltare le spalle alla sua protetta?
Quel che è fatto è fatto. Si disse. Non poteva più tornare indietro, non poteva impedire a se stessa di essere cattiva con Elizabeth, la sua amica rossa. Pensò a quando niente di quello era successo, quando erano due semplici ragazze, due amiche, che pensavano a divertirsi e non avevano idea del futuro che si prospettava davanti a loro. Ricordò di quando si somigliavano, per così dire, lei con i suoi capelli castani e gli occhi color nocciola, ed Elizabeth, allora mora e con gli occhi color cioccolato, e si chiamavano "sorelle". Adesso non si somigliavano più di tanto: Kam aveva i capelli di un verde spento e scuro, e gli occhi - occhio, visto che non ne aveva più uno - bianchi, e con la pupilla più piccola del normale. La sua amica invece era cambiata non solo esteriormente, ma anche dentro. Era una ragazza solare, simpatica, che si divertiva a fare la stupida e a salutare persone nelle auto. Invece ora era... spenta. Come i suoi occhi rossi, che pur essendo di un colore acceso, erano morti, corrosi dalle atrocità che aveva visto, le atrocità che lei stessa aveva compiuto. Un fiore appassito, senza speranza, che vive senza essere aggrappata a niente.
Invece Kam si piaceva così. Sentiva di essere più forte adesso, e che niente poteva sconfiggerla.
Elizabeth? Per lei poteva finire in prigione di nuovo, rischiare di essere giustiziata per la seconda volta, non sarebbe andata a salvarla ancora. Kam avrebbe continuato ad uccidere, non sarebbe stata di certo una ragazzina col sangue che le esce dagli occhi a fermarla.
Ormai era determinata. Avrebbe iniziato una nuova vita, una vita senza Elizabeth, una vita da sola, una vita in cui non poteva essere tradita, una vita da assassina.

Un escursionista camminava in mezzo agli alberi. In mano teneva una mappa stropicciata, e cercava di concentrarsi per riuscire a leggerla con la sola luce di una torcia.
«Diamine.» sibilò «Mi sono perso. Non sarei dovuto uscire così tardi. Sarà meglio che trovi una via di uscita.»
E mentre il sole continuava a salire dietro agli alberi, il ragazzo vagava per il bosco con un bastone da passeggio, in cerca di qualcuno che avrebbe potuto aiutarlo. Dopo minuti, o forse ore, udì un rumore, simile a quello di un legnetto che si rompe sotto il peso di una persona.
«C'è qualcuno?» chiese voltandosi e iniziando a preoccuparsi. Un fruscio di foglie, si convinse che era stato il vento.
Continuò a camminare, ma quando si era quasi del tutto convinto che in quel bosco non poteva esserci nulla che avrebbe potuto fargli del male, a parte un cinghiale o qualche altro animale selvatico, comparve una figura in lontananza.
«Chi è là?» urlò.
Come risposta, due enormi ali nere comparvero dietro la schiena della figura, che intanto aveva iniziato ad avvicinarsi. Il ragazzo iniziò a correre velocemente, spaventato, cercando di non stancarsi e voltandosi qualche volta per vedere se stava si stava allontanando dalla creatura. Dopo aver corso qualche miglio, si voltò, e si accorse che nessuno lo stava più seguendo. Si fermò e prese fiato poggiando le mani sulle ginocchia e guardando il terreno innevato. Si era immaginato tutto? Probabilmente si, probabilmente la figura era stata solo uno scherzo del suo ego. Sospirò sollevato. Si alzò per ricominciare a camminare, ma non ci riuscì. Cadde a terra, con un fiotto di sangue che gli usciva dalla bocca, mentre Kam estraeva il coltello dalla sua nuca. Guardò il corpo esanime del ragazzo e gioì della sua morte. Non aveva neanche bisogno di torturare le sue vittime, non voleva vedere la paura nei loro occhi e non voleva sentirle chiedere pietà. Le piaceva uccidere e basta, perché togliere la vita ad un essere umano la faceva sentire estremamente potente. Non fece nulla. Guardò il corpo... e rise. Rise con tutta se stessa, con tutta la sua voce, fino a graffiare le sue corde vocali, finché il suono della sua voce divenne rauco e cupo. Continuò a ridere, fino a quando dei suoni non sovrastarono la sua voce.
«Di qua, ho sentito ridere...»
Dei passi.
Kam si diresse verso la fonte del rumore, e scorse una decina di uomini in divisa armati di pistola.
Non sarà tanto difficile ucciderli. Si disse, avvicinandosi cautamente a loro, cercando di essere più silenziosa possibile. Quando fu abbastanza vicina uscì allo scoperto di sorpresa, tanto che alcuni degli uomini fecero un balzo indietro dallo spavento. Uccise il più vicino, e si avvicinò al secondo, quando sentì un lieve bruciore all'avambraccio. Dapprima pensò alla puntura di qualche animale, ma quando guardò il suo braccio, notò una piccola freccetta conficcata nella pelle. Un'improvvisa sonnolenza la colpì. Voleva accasciarsi a terra e dormire, ma non poteva, continuò a lottare e ad avvicinarsi all'uomo, che teneva la pistola tremante in mano, fino a quando non sentì un altro bruciore, questa volta sul collo. Le sue gambe cedettero e lei cadde a terra, con gli occhi che si chiudevano. Continuò a strisciare per qualche altro secondo, finché non resistette più, indebolita sia dal freddo che dal sonnifero, e chiuse gli occhi, sprofondando nel sonno.

Elizabeth rimase ferma dove Kam l'aveva lasciata per qualche minuto. Era la sua migliore amica, era. In quel momento non Elizabeth era sola, priva di chiunque sostegno. Sarah, Poison, Kam... piano piano tutti la avevano abbandonata, lasciandola senza difese, travestita da assassina, e con un vuoto incolmabile nel pettto, letteralmente. Quando si decise che era ora di muoversi, il sole stava sorgendo dietro gli alberi. Non aveva altro posto dove andare, se non la vecchia villa al limitare del bosco. Si avviò, la raggiunse e chiuse la porta alle sue spalle. Poggiò il coltello sul tavolo della cucina e iniziò a salire le scale, diretta alla camera da letto. Entrò, trovandosi un coltello puntato sulla gola.
«Elizabeth?»
«Gloria?»
Poison abbassò il coltello.
«Cosa ci fai qui?» chiese la rossa, mentre Poison sorrideva imbarazzata.
«Cercavo un riparo, e volevo chiederti se potevo stare qui con te. Non ti darò fastidio, sarò...»
«Per me va bene, puoi restare.» la interruppe Elizabeth, sorridendo «Questo posto ha due camere.»
«Grazie. Finalmente da quando ho perso tutto ho trovato qualcuno che riesce a capirmi.» sorrise, e le cicatrici sulle guance si tirarono.
«Già. Finalmente.»


¡Ciao a todos!
Buon Natale a tutti, anche se in ritardo! :D
Sono stata molto inattiva, lo so. Scusatemi ed eccovi il capitolo, anche se è un po' brutto, ma è solo di passaggio, i prossimi saranno migliori (almeno credo). Spero vi piaccia c:
Ciao a turuturututti
~ H.

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