-II-

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E' impossibile spiegare ciò che stessero provando i due in quel particolare momento... Uno di loro credeva di avere dinnanzi a se la risposta a tutti i suoi perché, l'altro vedeva di fronte a lui qualcosa che gli avrebbe portato via il suo tutto, tutto quello per cui lui viveva, tutto quello che c'era sempre stato, il suo punto fermo. In quel buco nero, Alan vedeva la perdita di suo fratello. I suoi grandi occhi blu non erano mai stati così profondi, e la profondità del mare non era niente in confronto a quella posseduta dal suo sguardo, come non era niente il sole in confronto a quella sua chioma bionda che, insieme agli occhi, concretizzava l'ideale del volto del tipico angioletto innocente. Quel viso d'angelo, non era mai stato così intenso come in quel momento. Sentiva che quel mistero che aveva davanti gli avrebbe portato via la sua unica ragione di vita, e non poteva permetterlo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di fermarla, pur di far ritornare in sé suo fratello. Nel suo sguardo si potevano leggere i suoi pensieri con la stessa facilità con cui si sorride quando si vede il sole dopo una tempesta. Il blu dei suoi occhi era bagnato, lucido, e in quel colore che non era mai stato così trasparente si nascondevano tutti i ricordi che vedevano protagonisti lui e suo fratello. Si vedevano galleggiare le corse che lui e Cayus facevano da bambini per arrivare per primi a casa dopo scuola, si vedeva la felicità di quella che fu l'ultima cena di famiglia, prima della morte dei genitori, si vedeva la sua disperazione quando avvenne la tragedia, e la vicinanza del fratello che era l'unica cosa che lo aveva aiutato ad andare avanti. La tragedia era avvenuta quando il villaggio fu invaso e sottomesso dalle truppe straniere che uccisero suo padre e sua madre insieme a molti del villaggio, -lui e Alan infatti erano salvi per miracolo-
I due fanciulli restarono orfani quando Cayus aveva quindici anni, e Alan tredici. Non avevano nessuno, e non c'era nessuno a cui interessasse di loro. Cayus pensò quindi di prenderlo con sé, non voleva sostituirsi ai genitori e nemmeno voleva che lo facesse qualcun altro, voleva solo crescere il fratello da persona leale e corretta, ma soprattutto da guerriero, voleva insegnargli a proteggere tutto quello che era importante per lui, anche perché lui stesso si sentiva in colpa per la morte dei genitori poiché non aveva saputo proteggerli . Non voleva che il fratello provasse mai quella sensazione, voleva insegnargli a combattere e a dare tutto per ciò che amava. Dopo che i soldati stranieri giunsero nel loro villaggio natale, distrussero tutto. L'unica scuola che esisteva lì era stata abbattuta, così come il mercato che vi stava accanto. Erano state distrutte le piccole e polverose vie e le graziose e modeste casette che vi si trovavano. Distrutto tutto. Le uniche cose che erano rimaste intatte erano il palazzo reale e il tempio della divinità protettrice di quel villaggio. Entrambi mostravano un'arte dettagliata ed elegante, nonostante la semplicità con cui l'avevano realizzati gli abitanti del villaggio. Il tempio aveva uno stile speciale, dava un certo senso di paura, contrastato da un qualcosa che nello stesso tempo regalava la calma più totale. Combinare le due cose può sembrare impossibile, ma è ciò che quel tempio dava a chiunque entrasse lì. Era il tempio di Kronos, il dio del tempo protettore di Yamato. E poi c'era il palazzo reale; la sua maestosità, la sua eleganza e quello stile che ricordava un po' quello greco avevano catturato l'attenzione del capo delle truppe che avevano conquistato il villaggio. Il capitano dell'esercito si sarebbe impossessato del palazzo per farlo diventare la sua sede reale, perché d'ora in poi lui sarebbe stato il nuovo re, e avrebbe fatto schiavi tutti coloro che ancora non erano stati uccisi. Voleva formare una nuova città, potente, guerriera, forte...tutto il contrario di quel che era il villaggio prima del suo arrivo. Cayus trascinò via il fratello da quell'inferno con la forza, perché anche lui voleva morire con i suoi genitori, ma lui non avrebbe mai permesso che l'unica persona al mondo che gli era rimasta, buttasse via la sua vita in un'età così prematura. Partirono insieme fino a quando raggiunsero un paesino tranquillo, calmo e abitato da pochi individui, dove avrebbero vissuto con più serenità, per quanta serenità potessero avere due orfani prematuri. Crebbero insieme e Cayus insegnò al fratello come combattere, come duellare, come difendersi, ma non fu facile dato lo spirito scherzoso e giocherellone di Alan che non prendeva spesso le cose molto sul serio. Vedeva tutto come un gioco, al contrario del fratello, che poteva sembrare superficiale, ma che nascondeva un'anima forte, profonda e un cuore di cristallo, suo fratello era tutto per lui, e spesso faceva il duro per proteggerlo e per non viziarlo, anche se non molto raramente Alan riusciva a coinvolgerlo in uno dei suoi scherzi, che spesso finivano con una risata euforica dei due.

Era ormai arrivato il momento della verità. Cayus era intento a scoprire cosa gli stesse succedendo da un po' di tempo a questa parte, voleva delle risposte, voleva capire perché si sentiva tormentato, perché lui, e soprattutto...cosa poteva fare per far sì che tutto ciò finisse? Guardava gli occhi della creatura scrutarlo dal ventre della tempesta che gli si era creata intorno, sembravano chiamarlo. Lo sguardo di quell'essere era un qualcosa di unico. Era pazzo, frenetico, esplicito ma allo stesso tempo pieno di mistero, appariva cattivo ma Cayus vedeva in esso come un desiderio di ausilio nei suoi confronti. Quello sguardo, era complice.

Quegli occhi, quelle gemme sembravano urlargli contro, lo ipnotizzavano, lo volevano, lo pretendevano. Se è vero, che gli occhi sono lo specchio dell'anima, l'anima della creatura padrona di quei diamanti doveva avere un qualche legame con il ragazzo, qualcosa di forte, di indissolubile, di potente...molto potente.

Cayus volse il suo sguardo verso il fratello che lo fissava ormai da troppo tempo. Non parlò, non con la voce almeno, ma con gli occhi. Con quelli sì che fece un discorso ad Alan, mai era stato così chiaro. Il messaggio era chiaro "Evita di metterti nei guai, potrai farcela anche senza di me". I due si scambiarono un'occhiata così intensa, così profonda, così complice, come se dovesse essere l'ultima. Subito dopo si voltò verso il vortice e fissò nuovamente gli occhi dell'essere ignoto di fronte a lui "Ti voglio bene Al". Pronunciò queste parole e fissò ancora più intensamente quelle gemme che si trovava davanti, rimanendone ipnotizzato...tanto da entrarvi dentro...

Tutto ciò che aveva intorno a lui iniziò ad apparire sfocato, a perdere forma, colore. Iniziò a mutarsi in una fitta nebbia incolore. Non c'era nulla intorno a lui. Solo il vuoto. Solo lui e la sua anima. Era solo, e secondo lui non si sarebbe trattato di qualche ora, come era già capitato qualche volta, ma di qualcosa tipo l'eternità. Non lo avrebbe mai ammesso lui, né mai lo avrebbero confessato i suoi occhi, ma aveva paura. Paura di non rivedere più Alan, di non poter tornare da lui, di non poterlo proteggere, di dover rimanere bloccato lì, per sempre. La sua mente così, pian piano, iniziò ad affollarsi di pensieri, ammassati gli uni sugli altri senza un senso preciso...
Forse avrei dovuto restare con Alan. Forse è solo adesso. Forse ha bisogno di me. Forse no. Forse non avrei dovuto entrare qui. Forse non mi sarei dovuto arrabbiare con lui così tanto. Forse avrei dovuto perdonarlo senza far passare troppo tempo. Forse se l'avessi fatto a quest'ora non sarei qui. Forse adesso andrebbe tutto bene. Forse però è il fato che mi ha voluto qui. Forse adesso si compirà il mio destino. Forse troverò le risposte a tutte le mie domande. Forse capirò il perché delle mie visioni. Forse ho sbagliato, Forse no. Forse tutto questo ha un senso, forse non ce l'ha. Forse è un altro dei miei sogni, forse invece sta accadendo davvero. Forse...

The time hunterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora