Capitolo 4: Regola n. 5

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Regola n. 1: non creare problemi allo staff e agli altri pazienti;
Regola n. 2: rispettare RIGOROSAMENTE i seguenti orari dell'istituto:
- Ore 06:30 - Accensione luci nelle stanze
- Dalle ore 12:00 alle ore 12:30 - Pranzo
- Dalle ore 15:00 alle ore 17:00 - Tempo libero in area relax
- Dalle ore 18:30 alle ore 19:00 - Cena
- Ore 22:00 - Spegnimento luci nelle stanze
Negli orari non indicati i pazienti dovranno trovarsi all'interno delle proprie camere. Una campana scandirà i momenti della giornata;
Regola n. 3: ogni ordine impartito dallo staff deve essere rispettato;
Regola n. 4: gli ordini impartiti dallo staff non possono contrastare le regole di cui sopra;
Regola n. 5: ogni punizione impartita dallo staff è legittima.

Frank era entrato nella mia stanza con lo scopo di ricordarmi le regole della clinica. Speravo potesse dirmi anche qualche frase di conforto, invece se ne andò senza proferir parola.
Diversi minuti più tardi, d'un tratto sentì il potente suono di una campana provenire dall'esterno. La porta della mia stanza si aprì con Fisher dietro essa.

- Mettiti in fila con gli altri Browner e non fare scherzi -

Mi alzai dal letto e uscì dalla stanza. Decine e decine di pazienti erano posizionati in fila indiana. Indossavamo tutti lo stesso putrido pigiama azzurro. Tutti avevano la testa rasata, me compreso. L'unica cosa che ci distingueva erano le patologie. Si poteva notare chi era malforme, chi mangiava gli insetti che capitavano a tiro, chi era autolesionista, chi si credeva un personaggio famoso e chi un animale.

- Oh perdinci! Non potete trattare così il vostro presidente! Io, George Washington, merito rispetto! Cazzo! -

Fisher, come una furia, andò incontro al paziente che aveva pronunciato quelle parole. Senza pensarci un attimo gli sferrò un violento calcio nel ginocchio. L'uomo cadde a terra urlando in preda al dolore. Fisher gli sputò addosso dicendogli:

- Piantala di fare lo stronzo Perrish, o la prossima volta miro ai denti. Adesso alzati! -

Dopo averlo tirato su con uno strattone, la fila cominciò a muoversi con Allister davanti e Fisher come chiudi fila. Notai che Perrish avanzava a fatica, non riusciva ad appoggiare il piede sinistro per terra. "Ogni punizione inflitta dallo staff è legittima". Quelle parole risuonarono come un tamburo nella mia mente. Tuttavia non potevo dimenticare il pezzo di carta trovato sotto le coperte. Chi poteva averlo messo? Chi era riuscito a entrare nella mia stanza? Frank? Oppure uno dei pazienti? Magari proprio Perrish, e forse con quella scenata voleva attirare la mia attenzione.

Dopo aver percorso un breve corridoio ci ritrovammo in un'ampia stanza con scritto "Area Relax". I due inservienti ci fecero entrare e si misero di guardia all'entrata principale. La sala era rettangolare, le pareti grigie e marce come tutto il resto dell'Istituto. Al centro c'erano qualche tavolino di acciaio e tante sedie bianche di plastica. Sul lato destro qualcuno aveva acceso un vecchio televisore in bianco e nero. Sul lato sinistro invece un ampio mobile conteneva diversi giochi da tavolo forse risalenti al dopoguerra. Presi una sedia e mi sedetti vicino a Perrish.

- Come va il ginocchio Perrish? -

Il paziente si stava dondolando su se stesso, poi a bassa voce rispose:

- Io sono George Washington, come cazzo te lo devo dire? -

Rimasi per un attimo spiazzato da quella feroce risposta. Provai comunque a stare al gioco

- d'accordo signor Washington, le chiedo scusa -

- Puah, non me ne faccio nulla delle tue scuse -

- Signor Washington, per caso ha lasciato lei quel biglietto nella mia camera? -

Perrish puntò i suoi occhi verdi dritti sui miei. Rimase immobile a fissarmi. Dal suo volto non trapelava alcun accenno di una qualsiasi emozione. Era come se fosse vuoto. Dopo un minuto che durò un'eternità, con una disarmante naturalezza, disse:

- No -

Scoppiò a ridere all'improvviso come un forsennato. Si alzò in piedi e cominciò a saltare come un canguro per tutta la sala, prendendo a calci le sedie e cantando l'inno americano.

- Gioite di fronte al Presidente! - Diceva tra una nota e l'altra.

Fisher, indiavolato, lo prese con forza per il coppino come fosse un coniglio e lo trascinò fuori dalla stanza mentre il poveretto tentava invano di scusarsi. Non serviva una fervida immaginazione per capire cosa sarebbe successo al malcapitato, tuttavia una cosa era chiara: "Ogni punizione impartita dallo staff è legittima".

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