Capitolo 5: Identità

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Non poteva esser stato Perrish a mandarmi quel biglietto. Quell'uomo non era abbastanza abile e sveglio per entrare nella mia stanza eludendo gli inservienti. Proprio mentre le speranze di trovare l'autore del messaggio stavano svanendo, notai un paziente starsene in disparte. Era in ginocchio, in uno degli angoli della stanza, intento a fare disegni nella parete. Mi avvicinai lentamente e mi misi in ginocchio accanto a lui. Provai a fissarlo sperando che mi notasse. Continuò invece imperterrito i suoi disegni.

- Ti stavo aspettando -

Fui colto di sorpresa dalla sua affermazione. Era lui la persona che stavo cercando. Notai di sfuggita i suoi occhi, neri come la pece. Indossava lo stesso pigiama di tutti gli altri pazienti. Scorsi una sorta di tatuaggio nel palmo della sua mano. Vi era disegnato il numero 3. Chissà quale poteva essere il suo significato.

- Non ho molto tempo per parlare quindi ascolta attentamente. Sarò breve. Blank è un figlio di puttana. Non credere a una sola parola delle stronzate che dice. Qua dentro nessuno è matto. Il problema è che, col tempo, lo siamo diventati più o meno tutti. Inventano scuse del cazzo per sbatterci in questa merda, per poi lasciarci marcire sia fisicamente che mentalmente. Ho provato una volta a fuggire ma è stato tutto inutile. Inoltre, il tentativo di fuga, mi è costato un biglietto di sola andata per il Reparto L. Detto questo arrivo subito al dunque - 

Lo lasciai parlare senza interromperlo ma ero alquanto confuso. Davvero Blank mentiva? Chi è questo paziente? Cos'è il Reparto L? Perché ha inviato proprio a me quel messaggio?

- Il mio scopo è quello di aiutare più persone possibile a salvarsi da questo inferno. Tutti i giorni veniamo trattati come se fossimo rifiuti, scherzi della natura, oggetti per il divertimento dei più sadici, ma noi siamo esseri umani, e questo diritto non può e non deve togliercelo nessuno. La nostra identità è ciò di più caro che abbiamo ed è l'unica cosa che ci è rimasta. Possono toglierci i beni materiali, raderci i capelli, sputarci addosso, picchiarci a sangue, ma non possono prendersi anche la nostra anima -

Condividevo il suo pensiero, tuttavia provai rammarico nel ricordare che, a causa dell'amnesia, quella tanto agognata identità di cui parlava, in questo momento mi mancava.

- So che hai avuto un problema di amnesia e ne conosco anche la causa. Quella vera intendo. Non quella inventata dal dottor Blank. Mi sono rivolto a te perché... -

S'interruppe, fece un lieve sorriso e disse:

- sei il paziente più importante di questo Istituto -

- Cosa vorresti dire? - Chiesi curioso.

- Non posso dirtelo io. Devi scoprirlo da solo. Se te lo dicessi non solo non mi crederesti ma la situazione potrebbe prendere una piega... Inaspettata e incontrollabile. -

Il suo modo di parlare era sicuro, convinto, non poteva essere matto. I ragionamenti erano logici e i discorsi lineari nonostante l'alone di mistero sulla mia situazione. Tuttavia nutrivo ancora dei dubbi su quelle parole. E' vero, il trattamento dei pazienti in questo posto è atroce da quel poco che ho visto e che posso ricordare, ma il dottor Blank non mi è sembrato un bugiardo. Era stato gentile nei miei confronti e soprattutto determinato nell'aiutarmi. E' anche vero che, essendo il direttore dell'Istituto, lui per primo non doveva permettere questi trattamenti indegni.
Dubbi, dubbi, solo fottuti dubbi. Chi stava mentendo davvero? Cosa diavolo vuol dire poi che sono il paziente più importante? E perché?

- Che cosa dovrei fare per scoprire la verità? - Chiesi deciso.

- C'è una stanza accanto quella del dottor Blank. Li si trovano le cartelle cliniche di tutti i pazienti. Non possono scrivere falsità su quei documenti. Trova la tua e scopri chi sei davvero -

- Come potrei mai arrivarci? Se Fisher mi vedesse fuori dalla mia stanza forse non riuscirei a vedere l'alba del giorno dopo. -

- Frank ti aiuterà. Lui è con me. E' grazie a lui che sono riuscito a entrare in contatto con te. -

- Tempo scaduto Nolan, devo riportarti nella tua stanza. - disse all'improvviso Frank

Strano, non era ancora scaduto il tempo libero. Forse le cose nel reparto L funzionano diversamente, pensai.
Prima di andarsene, Nolan disse un'ultima cosa:

- A cena non prendere la pillola di tranquillante che danno di solito. Mangiala senza inghiottirla. Stanotte dovrai essere lucido. Sempre che tu voglia ancora scoprire chi sei veramente. -

Dopo quelle parole si alzò in piedi, fece un sorriso e iniziò a seguire Frank. Prima che uscissero dalla sala notai Nolan dare due pacche nella spalla destra di Frank. Probabilmente si trattava di un segnale.

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