XIX- Nathan.

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XIX- Nathan.

Una luce soffusa, delicata, proveniente dall'alto, pioveva sulle spalle nude di Nathan: il resto del suo corpo, sospeso a mezz'aria, era immerso nella penombra della cella.
Sentiva i muscoli della schiena irrigiditi, bloccati, così come lo erano le sue braccia; spesse catene lo tenevano bloccato per i polsi e le caviglie, scorticandogli la pelle.
<< Dove sono...? >> mormorò al buio, che non si degnò di rispondere. Faceva caldo: goccioline di sudore scivolavano lente sul collo e sul petto del ragazzo che ansimava, leccandosi le labbra screpolate e secche, bramando un sorso d'acqua. Alzò lo sguardo verso la finestra posta sul soffitto, socchiudendo le palpebre a contatto con il bagliore proveniente da lì: << Padre?! Padre, riesci a sentirmi? >> gracchiò, con la voce che minacciava di abbandonarlo. Solo il suo eco che rimbalzava contro le pareti replicò.

Strinse i denti, serrando i pugni, dimenando le braccia e le gambe, spingendo il busto in avanti. Oscillava pericolosamente davanti ed indietro, e se non fosse stato per le catene, che lo tenevano saldamente ancorato a quel luogo, probabilmente sarebbe caduto rovinosamente a terra. I capelli biondi, umidi, gli ricadevano sul volto, appiccicandosi sulle guance e sulla nuca per il sudore: << ANDREA, JACOPO! >> strillò, rinunciando all'idea di potersi liberare da solo. Ancora una volta, nessuno lo soccorse.

Dalla sua gola fuoriuscì un gemito strozzato, dolorante, simile al guaito di un cane malato, abbandonato legato ad un palo.

Cos'è successo? Perché sono qui?

Ed improvvisamente, una fitta dolorosa gli attraversò la testa: da tempia a tempia, un dolore allucinante sembrò squarciargli il cervello, disintegrando neuroni e materia grigia. Ricordò... le ali. Le sue ali nere. Spalancò gli occhi, improvvisamente colto dal terrore, voltando il capo di scatto dietro di sé: non riusciva a vedere molto della sua schiena, ma almeno non c'erano ali attaccate a lui. Il suo cuore rimbombò veloce contro il petto, mentre il suo respiro, che prima era affaticato, ritmò con i battiti, mossi dalla paura di essere stato imprigionato perché ritenuto pericoloso per qualcosa di cui non conosceva l'esistenza. Doveva esserci stato un errore, durante la cerimonia per la consegna delle ali. Non c'era alcuna spiegazione diversa, se non quella. Il suo test era andato per il meglio, in lui non c'era nessuna traccia di demone. Non in lui, non nel figlio dell'arcangelo Gabriele.

Affondò le unghie nei palmi delle mani, costringendo le sue membra a lottare nuovamente, urlando di rabbia, frustrazione e timore, con quel poco di fiato che aveva ancora nei polmoni. Sprecò solo ulteriori energie, trovandosi così in breve tempo allo stremo delle forze.

<< Vi prego...qualcuno... >>

La vista diventò sempre più sfocata: quel poco di luce presente attorno a lui, cominciò a puntellarsi di nero, macchie scure che gli impedivano di vedere in alcuni punti, e poi scomparì, quando le palpebre crollarono definitivamente, oscurando anche quegli ultimi raggi di speranza che inondavano la sua chioma chiara, che come le tende pesanti di velluto di un teatro, coprirono il bel viso di Nathan, che perse conoscenza, abbandonandosi ad un tunnel fatto d'oblio di cui non vide presto la fine.

<< Mi avevi promesso che non gli sarebbe successo nulla! >>

<< Ho tentato di risolvere la situazione, mio signore, ma gli angeli, una volta raggiunti i diciassette anni, sono molto più forti e resistono ad ogni tipo di filtro. Gli stanno tornando alla mente troppe cose, vi dico che le trasfusioni sono l'unica soluzione >>

<< Non farò circolare nemmeno una goccia di quel lurido sangue nelle sue vene, è chiaro?! Deve esserci un'altra soluzione! >>

<< Non possiamo continuare come sempre, ormai non ha più effetto su di lui. Le ali ne sono una prova. Fidatevi di me, non appena avremo finito con quelle, inizieremo la terapia e tutto andrà per il verso giusto. Nessuno saprà, gli altri manterranno il segreto >>.

Helen†- Anche il Diavolo, una volta, era un angelo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora