XX-Leila.
Leila stampò un bacio umido, al sapore di vino, sulle labbra di Raven.
<< Hai bevuto di nuovo? Hai un alito che uccide >> le disse, mentre le sbottonava la camicia, allontanando il viso dal suo, facendo una smorfia. Per tutta risposta, la figlia di Satana si fiondò nuovamente sulla bocca di lei, mordendola, con fare aggressivo. Raven affondò le dita tra i dreads della giovane, lasciando che le loro lingue si incrociassero in una danza furiosa e delirante.
Fuori la spessa porta della camera da letto, il nulla. Un silenzio così compatto e fitto da essere in grado di insinuarsi nella pelle, sotto i muscoli, mettendo a tacere anche i battiti cardiaci più ostinati. L'intero Inferno era addormentato, racchiuso in un sonno d'inverno, un letargo breve, ma ristoratore.
Uno schiocco rorido segnò la fine del bacio.
<< Non sono affari tuoi >> sbottò Leila, prendendo una ciocca di capelli di Raven, strofinandola tra i polpastrelli dell'indice e del pollice: ogni volta rimaneva impressionata dalla morbidezza della chioma della giovane, seta color ebano che ricadeva morbida sulle spalle esili dell'Angelo Nero, e forse quello era uno dei motivi per cui adorava passare le notti con lei, oltre che per il suo corpo. A dirla tutta, non le piaceva sentirla parlare: la sua lingua era dolce, ma allo stesso tempo velenosa e traditrice. Dubitava che fosse andata a letto con Victor, ma era ovvio che fosse contenta di aprire le sue cosce diafane per Uther e, forse, anche per Aiden, così come per il resto del regno. Il suo scopo, era sicuramente quello di arrivare ai piani alti e di scoparsi per bene il suo paparino, una missione così assurda che quasi provava compassione per lei.
Ormai non considerava più Raven sua: quando aveva bisogno di quella cosa, la desiderava e la cercava; non era raro che si appartassero anche nei luoghi più insoliti, per un suo puro capriccio. La usava a proprio piacimento, come una bambola, così come facevano gli altri, ed in cambio lasciava credere al resto dei demoni che la ragazza fosse la sua amante, così da permettere alla meretricem di risalire la piramide sociale.
Raven le sfilò via completamente la camicia, premendo la sua piccola bocca sul suo collo. Leila la lasciò fare, inclinando la testa di lato per facilitarle il lavoro, facendo scivolare le mani verso la sua schiena. Sapeva che stava tentando di "rabbonirla" per aver passato la sera della festa con Victor e non con lei, che era la sua accompagnatrice, e per un po', Leila le lasciò credere di averla vinta. Fece scivolare le dita affusolate lungo la spina dorsale, sentendola rabbrividire sotto il suo tocco.
Raven cercò ancora le sue labbra e la ragazza gliele concesse per qualche secondo, sollevandole la maglia: non appena questa fu a terra, Leila si staccò da quel bacio, spingendo Raven contro la porta. Il suo petto nudo premeva contro la sua canotta nera e Leila sentì le proprie membra irrigidirsi. Oh, la voleva, eccome se la voleva: ma l'orgoglio era molto più forte del desiderio.
Si fiondò ancora una volta su di lei, baciandola con foga, tenendola ferma contro la porta, infilando una gamba tra le sue.
<< Oh amore mio >> la sentì dire, tra un gemito ed un altro, mentre Leila faceva scivolare piano una mano su uno dei seni, distraendola. Con l'altra, cercava a tentoni la maniglia della porta e, quando la trovò, la spinse, lasciando cadere fuori la ragazza, che crollò seduta davanti ai suoi piedi, confusa. I suoi occhi si incrociarono per un istante e sul volto di Leila fiorì un sorriso canzonatorio, mentre Raven si rialzava, tentando di coprirsi.
<< Ma cosa fai, Leila! Fammi subito entrare, prima che mi vedano! >>.
Un secco "no" schioccò dalla lingua della figlia di Lucifero, mentre poggiava un braccio sull'uscio.
<< L'umiliazione si ripaga con altra umiliazione >> le disse freddamente: i suoi occhi chiari sembravano lanciare vere e proprie scariche di ghiaccio. Le mandò un piccolo bacio con la mano, facendole l'occhiolino, e richiuse la porta.
Soddisfatta, calciò via la maglia di Raven, che andò a finire sotto il suo letto, percependo i fini passi della ragazza che si allontanava per il corridoio buio, dietro la porta. Si gettò sul morbido materasso, atterrando fra le lenzuola disordinate, i dreads che si schiantavano contro la stoffa. Ne afferrò uno tra le dita, attorcigliandolo attorno all'indice, lo sguardo color ghiaccio puntato sul ciuffo di capelli intrecciato. Era ancora piuttosto stanca dalla serata precedente: la trasformazione lunare la stancava sempre più degli altri, prosciugandole gran parte della propria energia, cerchiandole gli occhi di scure occhiaie. Ciò era anche dovuto al fatto che, non appena i raggi di luna le sfioravano la pelle, la mente le si annebbiava: non riusciva più a pensare razionalmente, perdeva completamente il controllo del proprio corpo. Percepiva solo il forte istinto di nutrirsi, accoppiarsi: si riduceva ad un animale, feroce e pericoloso. La mattina dopo si risvegliava confusa, nei luoghi più disparati: quel giorno, avendo suo padre organizzato la festa per lo Scarto proprio nel giorno di luna piena, Leila aveva riaperto gli occhi nella sala, il completo da sera sporco di sangue, strappato e sudicio: accanto a lei, il corpo nudo di Irma. Aveva la pelle pallida, tornata normale, pura, senza alcun tipo di imperfezioni, macchiata di rosso nei punti in cui era stata aggredita: i polsi erano stati completamente morsicati, così come il collo e l'interno coscia, dove lembi di pelle arrossata cominciavano a rigenerarsi. Uther sonnecchiava docilmente sul seno di lei, come un bambino che ha appena finito di prendere la poppata dalla madre.
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Helen†- Anche il Diavolo, una volta, era un angelo.
ParanormalHelen, non ha mai conosciuto i suoi genitori. Ha sempre vissuto in un orfanotrofio, ma non un orfanotrofio qualsiasi. Helen, infatti, vive in Paradiso: è un angelo. O almeno credeva di esserlo. Quando arriva il giorno del suo diciassettesimo complea...