Capitolo 11.

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Capitolo 11.
Ecco il mio problema.
Più diventi grande e più diventi consapevole di come funziona il mondo, di come ti guardano gli altri e soprattutto il timore dei giudizi e delle voci che purtroppo ti influenzano. E quando comprendi il gioco, vorresti trovare e appartarti in un mondo tuo, stare con delle persone che veramente ti fanno stare bene, senza che tu debba indossare una maschera.
Sono pochi gli spazi che mi permettono di essere così, scrivendo, disegnando, passeggiando e parlando anche se poche volte con la mia migliore amica.
E' difficile trovare una persona a cui non importi il guscio, peccato che al giorno d'oggi il guscio è l'unica cosa che viene considerata importante.
Harry era riuscito a capire bene questo giochino, molto meglio di me, però aveva capito anche che andando avanti così, si era creato solo un mondo di incertezze, di bugie e di tristezza.
Come me.
Ma io diversamente da lui, ero stata un parassita che osservava tutto e che non si smuoveva. Ero quel tipico soggetto che voleva che le cose accadessero per magia.
Harry no.
Lui cercava di aggrapparsi a qualcosa, di trovare un punto fermo di trovare la sua felicità: pensava ai suoi genitori, pensava al padre...
“Non sei costretto a farlo, Harry.” Dissi voltandomi verso di lui. Avevo fin da subito intuito cosa avrebbe voluto, ma non volevo...cioè, sì, lo volevo però non così in fretta. Se poi tutto dovesse andare male?
Sei il pessimismo cosmico in persona, Charlie. Commentò la mia coscienza, fai concorrenza a Giacomo Leopardi.
“Una cosa che non sopporto di te, è che sei troppo intelligente.” Dichiarò freddo gettandosi a peso morto sul sedile, lanciandomi occhiate di nascosto.
“L'invidia è una brutta bestia.” Sospirai io dandogli un pizzicotto sul braccio.
“Stai tentando di avere un approccio fisico con il sottoscritto?” Chiese alzando il sopracciglio e mordendosi il labbro, come solo Harry Styles poteva farlo.
Okey, questa cosa di descrivere ogni suo gesto era qualcosa che potevo evitare ma poi quando buttai di nuovo lo sguardo su di lui, capii che era di importanza vitale analizzare ogni piccolo gesto.
Chiamate il 911. Il 911. E' un'emergenza. Stiamo perdendo Charlie. E' in balia agli ormoni, causati da effetto collaterale chiamato Harry Styles.
Coscienza, smettila di fare sarcasmo.
“Scherzi?” Chiesi buttando lo sguardo fuori dal finestrino: “Prima che un criceto possa schiacciare un panda, ce ne vorrà di tempo.”
“Mi stai sfidando, per caso?”
Riportai la mia attenzione verso Harry che mi osservava curioso: “Allora?” Ripeté.
“Niente di tutto questo. Pensavo a tante cose e a quanto tu sia senza paura. Fai ciò che credi giusto e provi sempre. Non ti arrendi, sei pieno di coraggio, ecco. I percorsi che hai scelto, ti hanno fatto maturare...”
Mi sentivo strana nel pronunciare quelle parole. Stavo capendo che tra i due, io ero la più immatura, quella che giudicava senza conoscere, quella falsa, quella che voleva passare per buona.
Harry era più sincero, sotto questo punto di vista.
Non gliene fregava niente di cosa pensavano gli altri. Lui proseguiva diritto per la sua strada.
“Non pensare che io sia tanto diverso da te. Anch'io come te sono insicuro, e ho trovato la mia sicurezza facendo ciò che gli altri considerano figo.” Riprese fiato: “Non mi piace dire smancerie, ma so che tu sei la mia sicurezza. Come te vedi me maturo, io vedo te matura. Non ti sei mai fatta mettere i piedi in testa da un coglione come me. Non sei mai ceduta di fronte ai miei comportamenti stupidi. Hai tentato di cambiare pagina, e chissà forse ci saresti riuscita e speravo di farlo anch'io. Sì, insomma di cominciare un pezzo della mia vita, ma io non ero abbastanza forte. Perché avevo e ho bisogno di te...”
Era bello poter incrociare di nuovo il suo sguardo, sapere che il suo cuore sussultava vedendomi. Come io facevo con lui.
Non stavamo facendo niente, solamente fissarci però era come se il mondo attorno a noi non ci fosse.
In quell'istante capii, e fui sicura, che Harry Styles doveva fare parte di quel mondo, doveva essere una persona con cui volevo condividere le mie emozioni e i miei pensieri. Una persona di fiducia.
Volevo lottare ancora per lui e credere in quella storia che prima era quasi sbocciata. O forse, aveva ancora bisogno un po' di tempo, per poter nascere.
“Se ti becco con un'altra, giuro che ti ammazzo.” L'atmosfera di cuoricini, luci e scintille mi stava facendo venire il diabete. Quindi interruppi la scenetta romantica e soprattutto lo spettacolo gratuito che il povero taxista era stato costretto a vedere dallo specchietto e ascoltare.
“L'unica marmocchia che mi vedrai spalmata, sarà la fusione tra un criceto e un panda.” Rispose sarcastico.
“Non hai fantasia. Ripetermi le stesse cose del faccialibro.” Dissi scuotendo la testa.
“Eh, non fare la maestrina. Accontentati. Il criceto è stato resuscitato da poco. Riprenderà le sue funzionalità quando...”
Vidi gli occhi di Harry illuminarsi e formarsi sul suo viso un sorriso malizioso.
Mi allungai verso di lui e gli sussurrai all'orecchio: “Sei un criceto perverso.”
Ripresi di nuovo le distanze e dissi con fierezza: “E anche se il criceto dovesse riprendere le sue funzioni al cento per cento, Harry, il tuo cervello continuerà ad avere lacune e problemi. E' questione di dna.”
“Sei una stronza.” Replicò: “O sei acida e mi sfotti o sei a lamentarti.” Brontolò.
“Però ti piaccio.” Controbattei con sorriso trionfante sul viso.
Il ricciolo non poté che annuire con la testa.
Il nostro dialogo finì insieme alla corsa.
Eravamo arrivati di fronte agli uffici Bennett. Uscimmo dall'auto e dopo che Harry pagò il taxista, iniziammo a dirigerci verso l'edificio che ci era di fronte.
“Se caso mai dovessimo sposarci, e avere una bambina...mi dispiacerebbe per lei.” Mi fermai in mezzo alla strada con la bocca aperta.
Styles dovette afferrarmi per il braccio e trascinarmi con forza fino a concludere l'attraversamento.
Volli dire qualcosa di cattivo, però non ci riuscii. Le immagini di lui insieme alla sottoscritta all'altare e di una possibile bimba tra le nostre braccia, non era un futuro così malvagio.
“Guarda che alla bambina si dispiacerebbe ad avere un padre così perverso, sai.”
“Beh, capirebbe subito come nascono i bambini e si potrebbe evitare di raccontarle la storia della cicogna.”
“Harry!” Esclamai scandalizzata.
“E' la verità, i bambini sono il risultato di un processo biologico. E' stata madre natura e padre natura, ad aver creato il mondo.”
Mi immaginai Harry che tentava di spiegare alla nostra bambina, come nascevano i bebè e pensai che Styles avrebbe il coraggio di spiegare molto candidamente il 'processo biologico', sconvolgendo la creatura.
Sorrisi perché sarebbe stato qualcosa di buffo e dolce. Questa versione di dolcezza mi fece venire la voglia di diventare carina e coccolosa e decisi così di diventare un piccolo koala, avvinghiandomi al suo braccio destro: “Ci penserò io a raccontare questa parte della storia. Non voglio che per colpa tua, diventi anche lei un criceto pervertito.”
“Sarebbe un criceto obeso.” Specificò lui.
“Vaffancuore.” Ribattei.
“Io cerco sempre di essere sincero. E' una qualità che voi ragazze richiedete sempre.” Continuò.
“Noi ragazze cerchiamo anche una cosa chiamata sensibilità e questa parola nel tuo vocabolario non esiste.” Affermai.
“Te l'ho detto, Charlie. Non pretendere troppo.”
Continuammo a bisticciare, prendendo in giro l'uno con l'altra. Potevo dire che Harry mi era mancato tanto e anche se mi faceva esasperare terribilmente, sapeva poi rifarsi a modo suo.
E poi io non avevo un carattere pacifico e tranquillo. Forse un po' di timidezza ad affrontare per certi argomenti, ma non potevo dire di essere una suora. Ecco.
Ci dirigemmo verso l'ascensore ed entrammo nella scatola di metallo.
“Harry, non dovresti prima avvisare..insomma.” Sì, stavo diventando nervosa, perché un po' temevo la reazione del padre del ricciolo. Magari era un uomo non cattivo peccato che con la sottoscritta si era dimostrato abbastanza distaccato e non contento nel conoscermi.
“Tranquilla. Andrà tutto bene.”
“E se non dovesse?” Domandai facendo gli occhioni da gatto degli stivali di Shrek.
“Scappiamo in Australia e andiamo a vivere con i koala e i canguri.”
“Ma tu odi gli animali.” Dichiarai.
“E' la tua influenza. Paragoni qualsiasi cosa ad un animale e ho cominciato ad apprezzarli.”
“E' grave.” Dissi piatta.
Il ricciolo mi lanciò un'occhiataccia e roteò gli occhi, sbuffando.
“Pronta?” Chiese.
“Sì.”
Le porte dell'ascensore si aprirono e Harry allungò la mano, intrecciandola nella mia.

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