Capitolo tredicesimo

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Corro. Non trovo pareti, soltanto porte che si aprono verso l'oscurità. Ce ne sono molte, non so dove cercare per prima. Ho paura di fare la scelta sbagliata e non riuscire più a tornare indietro. "Lucas! Lucas, dove sei?" urlo. Nessun suono arriva a rispondermi. Mi lancio sull'uscita più vicina e mi ritrovo in biblioteca. È davanti a me, sorride. Maledetto Wright! Sono impazzita per trovarlo, finalmente è qui. Non riesco a parlare, ho le corde vocali paralizzate. Una strana luce, onirica direi, ci circonda. Sto sognando! Inizio a ridere, quasi istericamente. Improvvisamente delle braccia, dei tentacoli, qualsiasi cosa siano, afferrano il mio amico e lo trascinano lontano da me. "Lucas!" non voglio stargli distante, nemmeno in una scena immaginaria. Se credo che sia reale, poi, cosa la rende davvero frutto della fantasia e non verità? Mi dirigo verso di lui, voglio salvarlo, devo. Prima che possa farlo, peró, precipito. Il buio più totale mi avvolge, mi sovrasta e sento che intorno a me ci sia solo il vuoto. Cado, sempre più in basso; come Alice, scivolata nella tana del Bianconiglio, e diretta verso l'ignoto. Urlo in silenzio, nessuno mi sente, nessuno mi aiuta.
Mi sveglio di soprassalto, facendo respiri affannosi e ritrovandomi in una pozza di sudore. 5.30 A.M : l'orario che leggo dallo schermo del telefono. È troppo presto, e domani ho molte lezioni da seguire, non posso permettermi di essere distratta. Mi crogiolo nel calore confortante delle lenzuola, provo a non pensare ad alcuna questione; comunque non riesco più a dormire. Invidio Diana che, in questo esatto istante, dorme beatamente come un bambino, o come un ubriaco. Decido di andare a fare una doccia, non solo per rinfrescare il corpo, ma anche le idee. L'acqua mi scivola addosso violenta, e ripenso, ripenso a tutto: a come Yvonne mi ha incastrata con quella promessa, a come Candice non mi abbia fatto strane domande, evidentemente Jon non ha parlato. Soprattutto la mia mente rimanda a Lucas: il mio desiderio di aiutarlo, ma anche la mia impotenza. I sogni sono le rappresentazioni del nostro inconscio, quindi non ci vuole di certo un genio per capire che sono profondamente turbata, anche se appaio sorridente e felice. Oltre alla consapevolezza di non poter agire, sento qualcosa affiorare in me: desiderio di cadere. Avevo paura, è vero, ma mi sentivo anche libera. Come spiegarlo? Mi ritornano in mente le parole di una canzone dei Florence and the Machine, Falling, che dicevano così: A volte desidero cadere, desidero la liberazione, desidero cadere attraverso l'aria per darmi un po' di sollievo. Perché cadere non è il problema, se sto cadendo in pace, è solo quando colpisco il suolo che sento tutto il dolore. Non l'ascolto da molto, è riaffiorata dai meandri più remoti della mia psiche soltanto per sconvolgermi ancora. Dopo essermi lavata, asciugo i capelli e mi vesto. Cerco di essere meccanica in questi gesti, senza pensare troppo, sono stufa di ragionare sempre. Sono ancora le 7.15, le lezioni inizieranno fra un'ora. Cosa faccio? Opto per una passeggiata nel campus, prima, però, lascio un bigliettino a Diana per avvertirla: "Sono andata a fare un giro, ci vediamo in classe". Il chiarore mattutino risplende, delle piccole nuvole bianche si addensano nel cielo. L'aria è fresca, davvero primaverile. Il venticello delicato accarezza i fili d'erba, li fa tremare, sembrano infreddoliti. È tutto così quieto, rilassante. Sono sola, d'altronde chi è quel folle che va in giro a quest'ora come me? Lucas. Che ci fa qui? Non perdo molto tempo a chiedermelo, è qui, siamo soltanto noi, questo è l'importante. È il destino, ne sono convinta. Devo agire, ora. "Ehi, Lucas! Sei mattiniero eh?" mi avvicino, gli sorrido, ma non per finta, sono contenta di vederlo. "Anche tu, Swelly " freddo e apatico come al solito. "Sai, sono andata a Crinston questo weekend. " sono euforica, forse troppo, ma cerco di tirarlo su di morale perché mi sembra più serioso della norma. "Lo so, Swelly. Ho parlato con Yvonne. " il tono di voce è estremamente grave. Oh no! Sa tutto, ne sono sicura! Stupida ragazzina! Avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa! "Mi ha raccontato di aver conosciuto la mia fidanzata: Samantha. " ha uno sguardo troce, mi sento infinitamente a disagio, non riesco a rispondergli. "Mi spieghi perché cazzo vai raccontando stupidaggini a quell'idiota di mia sorella? " mi urla contro, il suo volto si è dipinto di rosso ed ha iniziato a gesticolare per la rabbia. Sono spaventata, ricordo cosa è in grado di fare quando è in queste condizioni. "Io...io volevo solo..." non so neppure cosa aggiungere. La mia flebile voce viene interrotta dalle sue grida: "Cosa volevi?! Cosa?! Scoprire informazioni su di me, eh?! In ogni caso te ne avrei parlato, ma vedo che non ti fidi di me quanto io di te." è deluso, anch'io lo sono da me stessa. "Prova a farmi spiegare... " tento di calmarlo, ma vengo nuovamente fermata: "Che devi spiegare?! Che sei una bugiarda? Già lo sapevo, ma non immaginavo fino a questo punto. Che sei una manipolatrice? Un'approfittatrice?" è furioso. Non l'avevo mai visto così, chissà cosa mi farà questa volta. E se mi uccidesse per davvero? Soltanto terrore nella mia mente, il resto è tutto svanito. Sembra accorgersi di quello che provo, attento com'è, di sicuro avrà notato l'ansia che emano da ogni piccolo gesto: occhi lucidi, muovo le braccia senza controllo, tamburello con il piede destro. "Non ti farò nulla, non mi interessa neppure punirti. Sono stufo di te!" si allontana, portando con sé tutto il suo orgoglio. Tiro un sospiro di sollievo, e la testa, da libera, ricomincia lentamente ad affollarsi di pensieri. Mentre vedo Lucas andare via, ricordo tutte le cose brutte che mi ha fatto: mi ha seguita, spiata, minacciata, messo le mani addosso, ignorata. Ogni cosa che in lui vedevo di buno e bello, appare volatilizza. Lo osservo per ciò che è, senza nutrire sentimenti nei suoi confronti, se non quello di vendicarmi. È una persona cattiva, malvagia, inutile sperare nel contrario. "Aspetta! Non ho finito con te, stronzo!" queste parole risuonano forti e chiare senza che possa controllarle. Si trova lontano da me, ma sembra avermi sentito perché si volta si scatto e assume un'espressione sbalordita. Svelto mi piomba di nuovo affianco. "Come hai detto, Swelly?! " non crede alle sue orecchie, bene: non voglio più avere paura. "Ti ho chiamato stronzo, hai sentito bene. " gli comunico con tono strafottente. "Oh, vedi di essere educata, altrimenti... " è offeso: mi piace. "Zitto! Ora sono io a parlare, e non sono spaventata delle tue psicotiche intimidazioni. " risoluta lo interrompo bruscamente, poi continuo: "Mi hai praticamente torturata psicologicamente per settimane con i tuoi stupidi giochetti, e per cosa? Per conquistarmi? Per farmi diventare la tua nuova cavia?! Dici che t'importa di me, che siamo amici, e allora smettila di essere un bastardo. Vuoi che dica la verità? Va bene. La verità è che nessuno può aiutarti a risolvere i tuoi cazzo di problemi da sociopatico! Veditla da solo, o trovati un'altra bambolina, non ce la faccio più! Mi stai facendo impazzire, letteralmente! " Un' espressione indecifrabile gli si dipinge sul volto, quasi triste, ma perché mai dovrebbe esserlo? Ha detto che non gli importa di me. Va via, mentre molti studenti iniziano a prendere parte alle lezioni ed entrano nelle classi. Non si volta indietro, non lo rincorro. Era un addio?

Swelly the switch (#wattsy2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora