Capitolo diciassettesimo

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Questo capitolo contiene scene di violenza

Lucas's POV

Ho fatto di tutto per averla: l'ho minacciata, perseguitata, ma ho anche cercato di essere gentile e amorevole. L'ho confusa, lo so, è palese; ed è proprio grazie a questi segnali contrastanti che è caduta ai miei piedi, come tutte. Sono abitutato ad avere quello che voglio, se voglio che le donne si struggano per me, lo fanno; se voglio distruggere la vita di qualcuno, lo faccio, e ci riesco. Però, a volte, ho anche desideri spinti da una parte più nobile del mio animo e non so come gestirli, non so come gestirmi.
La mia vita prosegue, un flusso di eventi continui, un fiume che mi travolge, che sconvolge, a tratti, la mia apatia. Non posso controllare la morte, la storia, i problemi di questo folle mondo; posso solo dominare le persone: i loro corpi, i loro pensieri. Questo mi fa sentire forte, meno inutile ed impotente.
Ho desiderato ardentemente che quella ragazza italiana, dal passato nascosto, e dagli occhi più belli che avessi mai visto, fosse mia. Ora lo è, ho ottenuto il mio nuovo giocattolo, sono pronto per giocare. Ma Swelly sarà davvero come tutte le altre? Per me, è solo un passatempo? Sì! Non ho emozioni, sono soltanto un sadico senza empatia e morale, che vive in funzione di piacere e divertimento.

- E ora? - domanda la rossa, incuriosita
- Fai quello che ti dico. - asserisco serio, non le permetterò mai di capire cosa mi passa per la testa.
Ci troviamo nel capanno vicino la scuderia. Non è molto grande, il pavimento è sporco, le pareti, ormai antiche, sono piene di muffa e la vernice bianca è scrostata. Ci sono dei vecchi scatoloni sparsi qua e là, contengono vecchie attrezzature di equitazione. Degli scaffali si trovano sulla parete destra alla vecchia porta cigolante. Non è molto accogliente qui, ma so che è il posto perfetto per portare a termine il mio scopo. Eccolo lì! Il gancio appeso al soffitto, non troppo alto, riesco ad arrivarci mettendomi leggermente sulle punte. Si trova al centro della stanzetta, non potevo chiedere di meglio. È il momento di divertirsi.
- Spogliati. - sono curioso di vederla nuda, e altrettanto di osservare il suo comportamento.
Non replica, non esita, non parla. Perfetta. Si vede che ha esperienza in questo genere di rapporti, mi piace la sua sicurezza, quanto mi piace farla vacillare. È rimasta a piedi nudi, mi guarda con aria provocante, e maledettamente sexy. Si sbottona lentamente la camicetta bianca di seta, sa esattamente ciò che voglio, mi capisce così bene. Un reggiseno rosa di pizzo le cinge il seno, le dona molto quel colore, e le mette notevolmente in risalto le curve, ma sono sicuro che starebbe ancora meglio senza. Si sfila i jeans, li lancia vicino a me, affianco la camicia. Non le tolgo gli occhi di dosso, mentre sono appoggiato alla porta chiusa. Rimane in intimo, mi osserva, con fare anche un po' troppo sfacciato, non voglio che si comporti da spogliarellista. Le mutandine sono dello stesso materiale del reggiseno, lasciano intravedere molto. È anche troppo sensuale, sono sicuro che si è acconciata così perchè pensava che avremmo fatto sesso. Si toglie il pezzo di sopra del suo completino, me lo butta addosso, e si lecca il labbro. Okay, è davvero avvenente e l'impulso di buttarmi su di lei cresce sempre di più, ma devo trattenermi e controllarmi.  Non le darò quello che vuole, non ancora.
- Va bene Dita Von Tees, però non avevo chiesto un spettacolo di burlesque. -
Ride alla mia battutina, che è stata fatta per metterla a disagio. Non capisco come faccia ad avere tanta fiducia in sè. Non gradisco ciò che non capisco.
Mi avvinghio sul suo corpo, le sfilo la biancheria con irruenza, lasciandola completamente nuda. Mi guarda sorpresa, però non perde quell'aria sfacciata. Devo farla sentire umiliata.  Siamo vicini, sento il suo respiro caldo su di me. La sua carnagione rosea, la pelle liscia, soffice, non vedo l'ora di renderla più dura con i miei lividi. Il suo seno è molto grande, sproporzionato al resto del corpo, è anche troppo sodo e rotondo: protesi in lattice. Preferisco le ragazze naturali, ma di certo quello che vedo non mi dispiace, anzi. Devo controllarmi. Mi allontano repentinamente, inizio a frugare tra gli scatoloni, e finalmente la trovo. Una vecchia catena che serviva a legare i cavalli non ancora addomesticati, non è molto arrugginita, andrà bene.
- Alza le braccia sopra la testa, unisci le mani. Se dovessi sentirti male, non esitare a dirmelo. - Non voglio che succedano brutti incidenti, sarebbe davvero sconveniente. Swelly esegue i miei ordini, le lego i polsi con la catena. La prendo in braccio stringendola forte, è davvero leggera, dovrebbe mangiare di più. Afferro il gancio del soffitto e appendo la catena, o meglio, appendo Samantha. Non è la prima volta che faccio una cosa del genere, di certo non sarà l'ultima. Noto che è scomoda, cerca di muoversi goffamente alla ricerca di una posizione più comoda, che non troverà. La lascio lì per un po', poi  le ritorno di fronte con una corda: le immobilizzo i piedi.
Non pronuncio parola, mi limito a scrutarla: potrei farle qualsiasi cosa, qualsiasi.
- Adesso che sono diventata una specie di prosciutto penzolante, che succede?- ridacchia con quella sua vocetta squillante.
Volendo, potrei persino ucciderla, potrei tagliarle le gambe, la gola, e lei che fa? Scherza. Non potrei mai davvero farle del male, però non dovrebbe saperlo, dovrebbe avere paura! Si fida di me, ciecamente. È una cosa buona, sì, ma mi terrorizza, sono io quello ad avere paura. Quando si tratta di Swelly non so cosa provare, perchè in qualche modo, sento che è diversa, sento che per me è speciale. L'unico modo per dimenticare tutto questo è trattarla come ho trattato tutte le altre, solo sottomettendola potrò smettere di provare questo confusionario calvario.
Mi sfilo la cravatta blu, mi erigo verso il suo volto, le copro gli occhi, risulto, però, anche troppo delicato nel farlo. Devo farle vedere chi comanda.
-Vuoi sapere cosa succede adesso, Swelly?-
Annuisce, in modo ancora troppo sicuro.
-  Iniziamo a fare sul serio. - la mia voce è grave.
Curva la sua bocca, assume un'espressione sgomenta: l'ho spaventata.
Incomincio a cercare un frustino, ne trovo uno nero, di cuoio, non molto grande. Sui cavalli funziona perfettamente, anche sulle pesone fa il suo effetto.
Mi riavvicino alla mia slave occasionale. Voglio sorprenderla, così le do un colpo secco e deciso sul polpaccio. Sobbalza, non se lo aspettava. Accarezzo la sua pelle morbida con l'oggetto tramite del mio potere, salgo fino alle natiche. Sembra farle il solletico, noto che trattiene una risata. Mi innervosisco, le do un altro colpo duro sulla parte sinistra del suo fondoschiena. Sussulta. Mi metto di fronte a lei per osservarla. Tutto quello che le sto facendo le piace: è rilassata, sorprendentemente a suo agio. Mi fa piacere che fra di noi ci sia una certa sintonia, ma non può esagerare, non può approfittarsi di me. Sono il master, lei la slave. Non sono io a stare ai suoi ordini. Non può stuzzicarmi soltanto perchè la diverte. È così diversa dalle mie precedenti schiave, sono quasi spiazzato, non so come comportarmi. Posso trarre il meglio da questa situazione, sperimentando cose nuove, accrescendo la mia esperienza da padrone.
- Vuoi provare qualcosa di davvero forte, Swelly? Ti farà male sul serio. - più che una specie di minaccia, suona come un avvertimento.
- Sì. - risponde senza pensarci due volte. Ancora non capisco se sia terribilmente masochista o esageratamente curiosa.
  Mi dirigo verso uno scaffale, e subito la afferro, l'avevo notata da quando sono entrato. Me la faccio passare tra le mani, mentre rifletto, stranamente esitante. È davvero grande, anche troppo per i mie standard. Potrebbe essere esagerato, potrebbe scappare via da me. Basta rimuginare! O lo faccio, o me ne pentirò. Ho una grande opportunità, non me la lascio scappare. Nessuna che conosco se lo farebbe fare, ma confido in Samantha. Si fida di me, io di lei.
- Pronta? -
- Pronta. - è così fottutamente risoluta, mi irrita e mi eccita.
Mi posiziono dietro la sua schiena, prendo un respiro profondo e lo faccio. Lo schiocco della frusta nell'aria risuona fra queste piccole quattro mura. Il rumore del cuio rigido che sbatte contro la pelle liscia e immacolata. Tutta la lunghezza dell'arnese dapprima si appoggia sull'esile corpo di Swelly, poi si ritrae lasciando un  segno rosso, abbastanza marcato. Un urlo squarcia il silenzio. Il suono puro, sincero e vivo del dolore, qualcosa che fa sentire davvero vivi. Non è stato poi così male, ma non mi permetto di rifarlo, questa doveva essere soltanto una specie di prova. Voglio sottomettere Swelly, non torturarla.
Rimetto la frusta apposto, slego i piedi di Samantha, poi le mani. La prendo in braccio per non farla cadere o inciampare, dato  che è ancora bendata, rimedio subito riprendendomi la cravatta. Siamo in piedi l'uno di fronte all'altra, ci guardiamo negli occhi, non sappiamo cosa dire, non credo sia il momento di parlare. Le controllo i polsi e le caviglie, sono arrossati, però le passerà in fretta. Le passo una mano sulla marcatura dietro la schiena, si muove appena. Passerà anche questo. So che non ha problemi, ma preferisco accertarmi.
- Stai bene? -
Annuisce tranquilla. Noto qualcosa nei suoi occhi che prima non c'era,  non so identificarlo. Vorrei chiederle se è preoccupata, però devo anche lasciarle i suoi spazi. Il gioco è finito, siamo tornati alla realtà, purtroppo. Esco di fretta, anche io ho bisogno di pensare. È stato emozionante, ed io non mi emoziono mai, quindi è stato anche unico, speciale. Swelly è unica e speciale. Non voglio perderla. Si dice che tutti vogliano qualcosa, beh io voglio lei, sempre, più di qualsiasi altra cosa.

Swelly the switch (#wattsy2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora