RON:
L'ennesima giornata in ospedale a causa delle varie visite dei parenti e di controllo, non sono ancora riuscito a parlare con mia moglie, non sono sicuro che lei mi abbia perdonato. Nonostante io sia sveglio dal coma, a causa dello sforzo che ho fatto, ho i muscoli del corpo immobilizzati. Per potermi muovere ho bisogno di concentrazione. Sono molto lento, ma piano piano sarò capace di poter fare gli stessi movimenti che facevo prima.
Oggi è l'ennesima notte che passo qui in ospedale, guardo la flebo e la medicina scendere in quel tubicino legato al mio braccio. Vorrei essere a casa mia, odio gli ospedali. Lentamente fermo il flusso della medicina e lo stacco dolorante dal mio polso. Finalmente mi sento libero, anche se il punto dove ho sfilato l'ago, brucia un po'.
-Che fai? Anche qui sgarri?- ridacchia una voce femminile.
Mi volto di scatto, di nuovo quella dannata infermiera.
-Tu pure qui rompi l'anima?- ringhio contro di lei.
-Faccio i turni, ospedale babbano e magico.- Ridacchia. -Ti irrita per caso?- mormora.
Brontolo mentre mi riattacca la flebo. -Sai, ti aspettavo, l'altra sera...- mormora.
-Non sarei mai presentato!- esclamo deciso -neanche morto.-
Sulle sue labbra si disegna un sorriso. -Strano, quella sera eri così convinto di avvicinarti alla morte.- sogghigna. -Su quel ponte, con gli occhi chiusi...- sorride. - Ripensandoci ti avrei dato una spinta solo per toccarti di nuovo il culo.- ridacchia e si siede sul letto. -Non perdi occasione di approfittarne, sai che non posso muovermi.- lei ridacchia e si avvicina al mio viso, non riesco a muovere nemmeno il collo. La fisso con rabbia. Sento il suo fiato sulle mie labbra.
La porta si apre e con la coda dell'occhio vedo una donna con i riccioli, riconosco la sua figura. Chiudo le palpebre, sperando che una volta per tutte mi uccida con le sue mani. Non sento nulla muoversi, ma avverto la presenza di quella donna scostarsi da me. Decido di aprire gli occhi anche se impaurito.
-Perché non provi a cercare un uomo libero invece di rovinare una famiglia?- domanda a denti stretti Hermione.
-Perché provo compassione per gli uomini tristi, per quelli che soffrono da soli senza che la moglie gli degni di uno sguardo.- esclama a gran voce la bionda alla più bassa.
Hermione si morde l'interno della guancia, tirando fuori uno sguardo pieno d'odio.
-So prendermi cura di mio marito, non ho bisogno che una... troietta come te mi dica come devo fare.- ringhia la riccia.
-Ah, si? Non sembra funzionare il tuo modo di prenderti cura del tuo uomo.- esclama lei. Guardo la bionda pregando che non faccia nessun cenno al ponte.
-Da dove inizio Ron?- aggrotto la fronte, infastidito dalla sua troppa confidenza.
-Chissà perché ha preso parte a questa spedizione suicida, chissà per quale motivo l'ho trovato sul bordo di un ponte a Londra con l'intenzione di buttarsi giù...- sospiro, lo sapevo... l'ha detto.
-Che... che cosa?- esclama in un singhiozzo mia moglie. -È vero quel che dice?- continua.
Abbasso lo sguardo, vorrei non esser qui in questo momento, voglio restare solo e basta. Mordo appena il labbro, senza avere il coraggio di guardarla negli occhi, so cosa sta pensando... so che crede sia colpa sua.
-..Ron?- mi chiama con la voce spezzata.
-Non è stata colpa tua, nemmeno di questa donna, per quanto aprofittatrice e ninfomane sia.
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Credo di Amarti - Romione
FanfictionSupponiamo che al settimo anno succeda qualcosa, cosa potrebbe comportare? Una storia facile e una vita felice o tutto potrebbe essere molto più difficile di quanto possa sembrare? Riusciranno Ron e Hermione a superare questo problema e ad arrivare...