Corsa contro il tempo

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"Aoko! Svegliati, tesoro. Non dovevi andare al parco con Keiko?"
"Mmh?" fece la ragazza, ancora con gli occhi chiusi. "Che ore sono?"
"Le 4:30."
"EH?" esclamò sgranando gli occhi e balzando in piedi. "Grazie, papà! Non so cosa farei senza te!"
Il padre si beò delle parole e dell'abbraccio che la figlia gli aveva appena dato, ridendo un po'.
"Suppongo che sia tardi, eh? Bene, ti lascio preparare." La ragazza aveva già cominciato ad aprire tutte le ante e i cassetti dell'armadio quando il padre si chiuse la porta alle spalle.
Prese a buttare i propri vestiti alla rinfusa sul letto, in cerca di uno adatto.
'Visto cosa succede quando cerchi di farmi tacere?'
Ancora quella vocina irritante.
'Oh, piantala! Giuro che mi rimetto a dormire, a costo di dire a Keiko di sentirmi di nuovo male.'
Effettivamente, non poteva definirsi normale parlare con se stessa in quel modo.
'Ok, ok! Che scorbutica. Non mi era mai capitato un'umana così irascibile e bisbetica. Certo, a parte la tua bisnonna...'
Aoko ne aveva abbastanza. Che cosa stava succedendo? Umana? Bisnonna? Si chiese se il sonno avesse solo peggiorato la situazione.
'Ora taci! Sei solo una parte della mia coscienza.'
'Agli ordini, ma'am!' Poteva essere solo una sua impressione, ma il tono della cosiddetta 'vocina' le sembrava decisamente ironico. Decise di non pensarci più. Insomma, era già in ritardo! Non poteva mica perdere tempo a riflettere su quelle follie.
Nel frattempo, aveva già uscito una decina di vestiti - tra cui abiti, magliette e felpe -, gettandoli senza ritegno sul letto e a terra.
'Abito o maglietta?' si chiedeva. 'Gonna o pantaloni?' Ci ragionò per due minuti, per poi giungere finalmente ad una conclusione: una semplice maglietta a mezze maniche a righe blu e bianche, un paio di jeans aderenti e una felpa -se dovesse sentire freddo- blu elettrico. Dopotutto, si disse, è solo un'uscita tra amiche, non un appuntamento romantico.
Lanciò un'occhiata all'orologio: 16:40. Si svestì come un lampo ed entrò nella doccia.
'Penso che quella che farò sarà la doccia più breve in tutta la mia vita' osservò ironica.
Uscì dopo poco più di cinque minuti. Afferrò due asciugamani: uno se l'avvolse intorno al seno, lasciandolo ricadere fino all'altezza delle cosce; l'altro, invece, lo arrotolò attorno ai capelli ancora bagnati a mo' di turbante. Non si guardò nemmeno allo specchio, che corse subito nella propria camera, asciugandosi del tutto e vestendosi. Fece cadere nuovamente gli occhi sull'orologio-sveglia - peccato che come sveglia non facesse granché - accanto al proprio letto, sul comodino. Le 16:53. Aveva sette minuti per asciugare - seppur in modo superficiale - i capelli e indossare le scarpe. Anch'esse semplici e sportive, naturalmente. Normalissime scarpe da ginnastica modello Converse di colore rosso.
'Questa marca sta facendo impazzire tutte le ragazze' pensò, ridacchiando un po'. In realtà, a lei interessava solo che fossero comode e semplici. Era una tipa 'acqua e sapone', come si suol dire. Non che non le piacessero gli abiti, al contrario, li amava! Solo che aveva una così bassa stima di se stessa che riteneva inutile indossarli. 'Se non possono mettere in risalto le mie forme - dato che non ne ho - e devo sembrare una bambina, che senso ha?' si chiedeva sempre. In realtà, non era affatto così. Aveva una figura perfetta, forse un po' magra, ma impeccabile. Alta circa 1.65 m, portava una coppa B di seno - che, inoltre, veniva adeguatamente nascosto dall'uniforme scolastica - e gambe magre e slanciate. Il principale motivo delle sue paranoie era il suo amico Kaito Kuroba. Era spesso costretto ad offenderla, seppur con tono sarcastico, e lei non reagiva bene ai suoi scherni. O almeno, non lo dava a vedere. Lei stessa era così abituata a sentirgli uscire parole beffarde dalla bocca che, ormai, ci rideva su. Tuttavia, la sua autostima diminuiva a ogni sua 'constatazione'. Che poi, constatazioni non erano. Sapeva lui stesso che, in realtà, Aoko non corrispondeva ad una sola parola che diceva. Non era poco femminile, né non aveva forme, e lui lo sapeva bene. Qualche volta, quando uscivano - doveva ammetterlo -, gli cadeva lo sguardo sulla sua scollatura. Non che fosse granché, dato che era solita coprirsi, ma Kaito - da buon diciassettenne quale era - ci fantasticava spesso. Poi, però, si richiamava all'ordine. Se solo lei l'avesse scoperto!
'Aoko, puoi lasciare i capelli bagnati per una volta, non muori mica!' A quanto pareva, la vocina non aveva imparato la lezione.
Aoko sbuffò soltanto, dando, tuttavia, ascolto alla sua 'coscienza'.
16:59. Sapeva che Keiko era solita arrivare puntualissima, e lei non voleva farla aspettare. Il suo insegnante di pattinaggio sul ghiaccio, ai tempi, dava solo un minuto di tempo per togliere le scarpe, indossare i pattini ed entrare in pista. Poteva farcela benissimo! Prese le scarpe e le mise in fretta e furia.
17:00.
Afferrò la borsa, mise dentro le pillole che aveva delicatamente poggiato sulla scrivania prima di dormire, e si avviò verso il piano terra. Era da pochi secondi arrivata sull'uscio ed aveva appena aperto la porta, quando il campanello suonò.
Keiko le rivolse un sorriso raggiante. "Tempismo perfetto!"
"Non sai quanto mi è costato" mormorò Aoko leggermente trafelata. Era scesa dalle scale correndo, rischiando persino di cadere.
"Mmh?" fece Keiko.
"Oh, nulla. Andiamo? Non vedo l'ora di provare le montagne russe!"
"Non dirlo a me! Comunque, ti sei ripresa? Hai ancora senso di vertigine?"
Aoko scrollò la testa. "No, almeno per ora. In ogni caso, ho portato le compresse dell'infermeria nella borsa." Picchiettò con l'indice sulla graziosa borsetta a tracolla.
"Perfetto! Allora andiamo!"
Prima di chiudere la porta alle proprie spalle, Aoko gridò un "Ciao, a dopo!" a suo padre, che prontamente rispose.
"Noti qualcosa di strano?" chiese la biondina, guardandola di sottecchi.
"Ovvio che l'ho notato! Keiko, ti conosco dalle medie, come potrei aver dimenticato le tue codine?"
Effettivamente, la ragazza aveva i capelli sciolti. Era solita portarli in due codine alte ai lati della testa sin da quando aveva dodici anni.
"Ecco..." cominciò, la guance leggermente arrossite. "Sai, le parole che mi hai detto oggi mi hanno fatto pensare. Il fatto che stiamo crescendo, intendo. Quell'acconciatura mi sembrava un po'... infantile."
"Sei comunque carinissima, Keiko" replicò la giovane. "Ti stanno davvero bene." Le rivolse un piccolo sorriso. Poteva sembrare un gesto normalissimo, ma Keiko colse un accenno di tristezza in esso. La conosceva troppo bene.
"Aoko? Non mi dire che c'entra di nuovo Kaito! Giuro che un giorno o l'altro gli stacco il naso."
"Eh?" Arrossì di colpo. "No, no! Lui non c'entra nulla. In realtà, non ho nulla in generale."
Keiko ribatté con una semplice occhiata; una di quelle che, di solito, erano accompagnate dalla frase "Tu non me la racconti giusta". Tuttavia, lasciò perdere. Sapeva che non avrebbe ottenuto nulla pressando.
"Va bene" mentì. "Oh, guarda! Siamo già arrivate."
La casa di Aoko, per loro fortuna, distava solo poche centinaia di metri dal Tropical Land.
"Già. Guarda quant'è grande!" Aoko prese per il polso l'amica, trascinandola davanti l'ingresso e confondendola ancora di più.
'Questa non è Aoko' pensò Keiko sconvolta. 'Questa è una lunatica.'
'Questa non sei tu' ripeté la vocina all'interno della ragazza. 'Smettila di comportarti così, ragazza mia. Mi sa che anche la tua amica se n'è accorta.'
'Finiscila di trattarmi come se fossi mia nonna! Sei solo una stupida parte della mia coscienza.' Anche se non ne era più così sicura. Le sembrava tutto strano. Le vertigini e le fitte allo stomaco, l'irritante vocina e il suo modo di rivolgersi a lei. Tutto il giorno del suo compleanno. Che fossero semplici coincidenze? Decise ancora una volta di non pensarci, almeno per quel giorno. Voleva liberarsi di tutti quei pensieri pazzi che le balenavano in testa.
L'ingresso era lungo e ampio, e sopra di esso vi era una grande scritta al neon: "TROPICAL LAND". L'ingresso era suddiviso a sua volta in lasciapassare e casse più piccoli. Vi erano file brevi e poco affollate, ma si sentiva un gran brusio di voci dall'interno del parco, nonostante fosse martedì pomeriggio.
Aoko trascinò l'amica davanti alla cassa con meno persone. Pagarono dopo poco più di dieci minuti. Appena entrarono, un lampo di stupore e ammirazione entrò nei loro occhi.
'Ruota panoramica enorme; montagne russe da sballo; fontana dei piccioncini; vedetta che farebbe invidia ad una nave americana... Tutto molto stupefacente. Davvero, tesoro. Tuttavia, ci sarebbero altre cose a cui pensare, come...'
"Ne ho piene le tasche" sbottò Aoko ad alta voce. Dopo essersi accorta di ciò che aveva fatto, portò entrambe le mani alla bocca e si girò verso Keiko. L'amica, dal canto suo, aveva un grande punto interrogativo dipinto in volto.
"Eh?"
Nel frattempo, la vocina nella testa di Aoko sembrava ridersela di gusto, il che non fece altro che irritare di più la ragazza. Naturalmente, però, non poteva darlo a vedere.
"Oh, nulla. Stavo pensando a Kaito."
'Ma, bambina mia, non puoi mica attribuire ogni colpa a quel povero ragazzo! Anche se devo ammettere che è davvero uno stro...'
'Adesso basta! Non ti lascerò dire un'altra parola!' ribatté irata la ragazza. 'Mi hai già fatto fare una figuraccia.' Aveva cercato di ignorare quel 'bambina mia' con tutte le sue forze, restando non poco compiaciuta di esserci riuscita. Ma chi si credeva di essere per chiamare in quel modo una parte di se stessa? Aoko si chiese, per l'ennesima volta in quella giornata, se stesse definitivamente impazzendo.
"Oh. Allora avevo ragione? Aoko, sai che ti voglio bene, ma stacco il naso anche a te se non smetti di pensare a lui!" la rimproverò Keiko, seppure con un grande sorriso in viso. "Ora vieni." La prese per il polso, proprio come aveva fatto Aoko poco prima, e la trascinò via.
"Dove vuoi andare?"
"Che ne dici della ruota panoramica?" ipotizzò l'amica. "È la più importante, non possiamo mica perdercela! E poi sta per tramontare. Ci sarà una bellissima vista da lassù!" Indicò eccitata il punto più alto della ruota.
Alla vista della migliore amica così felice, Aoko non poté far altro che sorridere a sua volta mentre veniva trascinata verso quello spettacolo artificiale.
"Già. Chissà come sarebbe salirci con Ka- papà."
"Aoko!" Keiko le scoccò un'occhiata truce. Ne aveva piene le tasche anche lei! Erano andate in quel luna park per svagarsi, non per fantasticare sui ragazzi!
"Scusa, scusa" si difese lei con un'espressione divertita sul volto. "Giuro che ora mi distraggo." Tuttavia, lo disse con un tono talmente ironico che non ne era sicura nemmeno lei.
Le bastò un'altra occhiata di Keiko per farle cambiare idea, ma subito dopo si rallegrò e disse: "Eccoci qua. Dovremmo aspettare un quarto d'ora, da quanto posso capire dalla lunghezza della coda." Ed, effetivamente, ci aveva azzeccato, perché proprio dopo quindici minuti - interminabili, concordarono - si ritrovavano sopra una cabina ad allacciarsi la cintura.
Quando cominciò a girare entrambe le ragazze erano cariche di adrenalina. Man mano che si allontanavano da terra, l'una diceva all'altra, e viceversa, con voce elettrizzata: "Guarda, lì c'è casa tua, Aoko! Com'è piccola!" o "Quello è il market dove andavamo a comprare le caramelle dopo la scuola! Ora è poco più grande di un'unghia."
Risero insieme per circa mezzo minuto. Quando arrivarono in cima, entrambe trattennero il respiro. La vista era semplicemente mozzafiato! Nel cielo era già possibile osservare i colori caldi e cangianti, tutto il quartiere sottostante sembrava solo una costruzione con dei Lego e gli abitanti tante, piccole formiche. Come se non bastasse, proprio in quel momento passarono diverse decine di gabbiani in volo. Sembrava davvero una scena rappresentata in una fiaba.
Entrambe le ragazze fecero versi di sorpresa e meraviglia.
Aoko si stava godendo decisamente quella piccola escursione a settanta metri dal suolo. Anche più di Keiko. Da quando erano arrivate - poco più di mezz'ora -, si sentiva constantemente osservata. O per meglio dire, spiata. In ogni caso, non voleva allarmare Keiko, o quella giornata si sarebbe rovinata inequivocabilmente. Preferì, ancora una volta in quella bizzarra giornata, lasciar perdere.
Poco prima di arrivare a terra, sentì di nuovo quella strana sensazione. Ma attribuì il senso di vertigine all'altezza a cui, naturalmente, non era abituata. Così non si preoccupò troppo, e continuò a bearsi di quel magnifico panorama.
Una volta scese a terra, Keiko chiese: "E ora che facciamo?"
"Che ne dici della vedetta? Possiamo approffittare del tramonto" osservò l'altra. "E poi ci sono i binocoli!"
"E vedetta sia!"

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