Sfogo

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Era seduta sul materasso ormai scaldato dal tepore del corpo che aveva sostenuto per tutto il giorno, mentre lei si cambiava. Aveva deciso, insieme a suo padre e Keiko, che sarebbe stato meglio avere sempre la tuta sotto i vestiti ordinari, così da non perdere troppo tempo tra una sostituzione di abiti e l'altra. Inoltre, il caldo tipico della stagione estiva aveva abbandonato del tutto il tempo di Tokyo, perciò qualche veste in più non la infastidiva affatto.
Avevano parlato decisamente poco, quella sera; Aoko la guardava ogni tanto di sottecchi, con l'intenzione di comunicarglielo al più presto possibile.
Infilò anche la larga felpa nera, chiudendo gli occhi e disserrandoli non appena essa oltrepassò il suo capo. Si accomodò, poi, sul suo letto, sospirando. Distese completamente il corpo e aprì le braccia.
Keiko la osservò con sguardo interrogativo. "C'è qualcosa che devi dirmi?"
Possibile che tenerle nascosto qualcosa fosse un'azione così irraggiungibile? Capiva sempre quando c'era un problema, e anche quella volta non fece eccezione. In ogni caso, non si poteva sorprendere più di tanto: era pur sempre la sua migliore amica, e la conosceva da più di cinque anni. Le sarebbe risultato impossibile non dirle di quella chiamata.
Ridacchiò, furba: l'avrebbe messa alla prova. "Forse..." Poggiò i gomiti sul materasso, così da sostenere la parte superiore del busto. Creò un sorrisetto che non smosse assolutamente la bionda.
Si stese anch'ella, ma a pancia in giù, gravando sui gomiti. "Fammi indovinare..." sogghignò, sorniona. "C'entra Kaito, giusto?"
La viaggiatrice sbuffò e mise su un broncio ironico, e, voltandosi, le diede le spalle. "Con te non c'è gusto!"
Scoppiò a ridere, ma poi le diede un pugno amichevole sulla spalla, e la esortò: "Forza, racconta la fiaba!"
Le toccò roteare gli occhi: odiava essere considerata la principessa di Kaito. Era davvero così palese la sua cotta? Poi, però, si unì all'amica, ridendo di gusto. "Va bene, va bene!" acconsentì, non prima di aver sopportato altre due pacche sulle spalle e la minaccia del solletico al ventre.
Si mise nuovamente a sedere, incrociando le gambe davanti a sé.
Keiko aguzzò le orecchie: se si era messa comoda, allora doveva essere qualcosa di piuttosto importante.
"Oggi pomeriggio mi ha chiamata" esordì, lasciando leggermente interdetta l'amica. "Sospettava di me, e voleva che gli dicessi tutto."
"E tu non l'hai fatto," la interruppe, "vero?"
Sospirò. "No, ma lo farò."
"Eh?" esclamò, sconcertata. Scese velocemente, drizzandosi, e si mise davanti a lei, guardandola negli occhi. Poggiò due mani sui fianchi, risultando buffamente come una madre che sta rimproverando la propria figlia. "Stai scherzando, spero!"
Scosse la testa in segno di diniego, sbalordendo sempre più la biondina.
"Ma non puoi!" Aprì le braccia, quasi a volerla abbracciare. "E se quell'idiota di Hirawata lo scoprisse?"
"E ti preoccupi di questo?" chiese, lievemente disorientata. Pensava che l'avrebbe criticata per quanto incosciente si stesse dimostrando, non per paura di come avrebbe potuto reagire Katashi.
Inarcò un sopracciglio. "Di cosa mi dovrei preoccupare, se no?"
"Ma come!" Sgranò gli occhi, incredula. "Non so, di tutta questa faccenda da dire a Kaito, lui che mi spiegherà tutto..."
La sua compagna alzò gli occhi al cielo. "Si vede che sei una frana in queste questioni." Sollevò le spalle con fare rassegnato, quasi spazientito. "Guarda che a me fa solo piacere se voi due teste di rapa vi mettete finalmente insieme, eh!" Incrociò le braccia al petto, annuendo alla sua stessa frase, completamente convinta.
Il suo viso si colorò di cremisi, a causa della stessa persona per la seconda volta in quella giornata. "Non mi metterò con nessuno, io!" strillò, chiudendo gli occhi. Era davvero buffa con quell'espressione e il colore scarlatto dipinti in volto.
Keiko rise di gusto, sedendosi accanto alla compagna e cingendole le spalle con un braccio. "Sì, certo, ci crediamo tutti!" sogghignò, prendendola in giro.
L'altra sbuffò, facendo una strana smorfia che, probabilmente, doveva risultare un broncio ironico. Poi, scoppiò a ridere insieme all'amica.
'Sai che la ragazza non ha torto, vero?'

S'inchinò con eccessivo ossequio, quasi venerazione. "C'è qualcuno che vuole parlarvi, signore."
L'anziano non mutò espressione: palpebre serrate, il volto solcato da numerose grinze provocate dal tempo. "Lascialo entrare." Non sembrò neppure muovere le labbra.
Il giovane sussultò al suono della sua voce. "I-immantinente, signore!" Poi uscì con passo affrettato.
Qualche istante dopo entrò un uomo di circa cinquant'anni, interamente vestito di nero, alto e macilento. Si piazzò davanti all'evidentemente costosa poltrona su cui restava l'anziano, ancora imperturbabile. Restò immobile, fissando l'uomo più grande con occhi scuri e freddi.
Un angolo della bocca s'incurvò impercettibilmente. "Vedo che non cambi mai." Aprì di scatto le palpebre, rivelando due iridi nere come la pece; sembrava quasi che, guardandole, vi si potesse inabissare dentro, per poi non fare più ritorno.
Non fiatò, si limitò a continuare a scrutarlo con lo stesso sguardo algido, per niente intimidito.
Sollevò una mano, esaminando la pelle ormai incartapecorita di essa. "Noto che non sei in vena di scherzi" osservò, sarcastico.
Il più giovane alzò gli occhi al cielo, piuttosto spazientito. "Va' al dunque. Voglio tornare al più presto possibile, odio la puzza di stantio che c'è in quest'epoca."
Rise; una risata penetrante, capace di far rabbrividire chiunque. "Mi piacciono le espressioni del ventunesimo secolo" disse, una nota ironica sempre presente nella sua voce bassa e rauca. "E sarebbe davvero affascinante poter sentire che odore aleggia ai giorni vostri."
L'uomo vestito in nero lo fulminò con gli occhi, intenzionato a farlo tacere. Era alquanto ovvio, però, che quell'uomo non era colui che si lasciava zittire: era colui che ammutoliva. "Ho detto di andare diritto al dunque, Kibisu."
Abbassò repentinamente la mano, rivolgendo lo sguardo all'individuo avanti a sé. "Non prenderti troppe libertà, adesso. Sei sempre un mio subordinato." Non gli permise di ribattere, che proseguì: "Voglio sapere se qualcuno s'è recato".
Incrociò le braccia al petto, gettando una fugace occhiata al polso sinistro: solo allora si ricordò di non aver portato l'orologio per il pericolo di disperderlo. Stava decisamente dormendo troppo poco, in quel periodo. "Sempre Snake." Sbuffò.
"E al fanciullo cos'è accaduto?"
"Fanciullo non si può proprio sentire" mormorò, arricciando il naso aquilino. "Da quanto so, comunque, la ferita da sparo non è troppo grave."
Affilò lo sguardo, rendendolo ancora più tagliente. Aveva l'apparenza di un predatore che adocchia il suo bottino. "Bene" decretò, con voce più cupa del solito. "Lei mi serve illesa, sicché è ancora utile per Pandora."
"Scrivi una lettera," lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, "ché a me secca dirlo a Snake - soprattutto perché è duro di testa."
L'anziano corrugò la fronte: non era di certo solito alle locuzioni del 2015, perciò era naturale restarne leggermente smarriti.
S'alzò, dunque, dalla pregevole poltrona, seppur con fatica. Era piuttosto basso, con la schiena e spalle ricurve, e, per sostenersi meglio, gravava su un bastone di legno di mogano accuratamente lucidato. I vestiti sfarzosi di quell'epoca lo raffiguravano ancora più goffo e robusto.
Si diresse allo scrittoio lievemente impolverato e decisamente di cattivo gusto, viste tutte quelle pomposità che lo adornavano. Spostò la sedia sfiorandola appena, come usasse telecinesi. Vi si sedette con eleganza, nonostante la sua corporatura lo ostacolasse. Prese una grande piuma grigia, per poi aprire il calamaio. Intinse con fare raffinato il piumino, lasciandolo sgocciolare un po' per non sporcare lo spazio limitrofo.
Cominciò poi a scrivere, mentre il più giovane incrociò nuovamente le braccia e iniziò a ticchettare la punta del piede sul pavimento, spazientito.
Dopo circa cinque minuti, colui che l'uomo in nero aveva chiamato Kibisu sospirò. "Smettila, Ookubo. Dai noia." Ghignò, consapevole di quale sarebbe stata la sua reazione.
L'appellato, contro ogni sua aspettativa, rise piano. "Oh, Ookubo non esiste, ormai. Non sono più Soichiro Ookubo, sappilo."
Non si sorprese, comunque; anzi, sorrise leggermente, in modo inavvertibile. "Lo so" ridacchiò, nella sua voce persisteva una sfumatura ironica, quasi sardonica. "Voleva essere una semplice rivalsa."
Soichiro Ookubo cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza. Stava morendo dalla voglia di sapere che ore fossero, anche perché non era a conoscenza della durata rimanente dello sproprio.
"Sbrigati a finire quella maledetta lettera."
"Sì, sì" gli concesse, mentre intingeva nuovamente la piuma nell'inchiostro nero. Firmò; la sua grafia era fine, ma decisa. Il linguaggio era molto forbito, senza, tuttavia, apparire ampolloso. Sigillò, poi, la lettera con un francobollo verde petrolio.
Lanciò un effimero sguardo sul suo superiore a lavoro. Sbuffò lievemente, e successivamente lo raggiunse vicino alla sedia, torreggiandolo. "Non ho mai capito perché ti ostini a mettere questi bolli."
Kibisu non si volse, restò immobile a fissare la busta ormai adagiata sulla scrivania. "Servono a distinguere la loggia dall'Organizzazione" spiegò. Rivolse lo sguardo verso la figura accanto a lui, ma non virò minimamente né busto né capo. "Pensavo lo sapessi."
"Certo che lo so" ribatté con tono indifferente. "Ma non ne vedo l'utilità."
L'anziano si alzò adagio, facendo ricorso allo schienale dello scanno. Non rispose. Agguantò la lettera, e la porse al subalterno, che lo guardò perplesso. "Tieni." Agitò un po' la mano, ostentandola. "Raccomando la ragazza a te. Ti ricordo che, almeno per ora, deve continuare a cercare la gemma."
Soichiro prese l'involucro con titubanza, girandolo un po' tra le mani, quasi fosse un elemento a lui del tutto estraneo. Era quasi bizzarro vedere una figura così alta, imponente, seppure fin troppo gracile, osservare con tanto sospetto un oggetto così apparentemente insignificante.
"Per quanto concerne il giovine," aggiunse "vi lascio liberi di compiere ogni azione."
Incatenò i suoi occhi gelidi in quelli neri di Kibisu. "Con lui abbiamo già fatto abbastanza."

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 03, 2017 ⏰

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