Come conoscere il proprio marito: L'invito

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Tenevo le mani strette sul volante mentre la mia Ferrari sfrecciava veloce sull'asfalto, anche se non  guardavo sapevo che tutti gli sguardi erano posati su di me (o sulla mia Ferrari rossa fiammante, tanto al volante ci sono io) e sorridevo, sorridevo, sorridevo, e mi facevano male le guance. Andavo a prendere Tea per fare shopping sfrenato, ne avevo bisogno, volevo una giornata solo ragazze. E anche evitare mio marito. Vi ricordate quando avevo detto che volevo dargli una possibilità? Cazzate, non ho il coraggio di guardarlo negli occhi. Io non sono mai stata il tipo coraggioso, sono più del tipo "Fai finta di esser morta". Non mi ritengo fifona, io mi definisco come "Diversamente coraggiosa". Le case passavano velocemente una dietro l'altra e riuscivo a vedere poco del loro aspetto ma tanto erano tutte uguali: erano villette in cui ci abitavano ricche famiglie di banchieri, dai colori neutri e senza personalità. Come i loro padroni.

Purtroppo, ormai, la società ti spinge a omogenizzarti, ad assomigliare agli altri. Ti trasforma in una copia degli altri. Fin da piccoli io, Tea e Giovanni ci eravamo promessi di distinguerci, di non diventare parte della massa dei senza-volto. Ma io non sento di essere speciale, mi sento la ragazza che mio padre ha creato per i suoi giochetti di potere. No. Che la mia famiglia ha creato. Ed ogni volta che mi guardo allo specchio giro la testa, disgustata dal mio riflesso. Mia madre, quando ero piccola, mi vedeva disprezzare lo specchio si avvicinava a me e mi diceva "Cassandra cosa credi? Che dentro gli specchi ci siano i nostri errori commessi? Non puoi sfuggire da te stessa, fidati, lo so. Ci ho già provato" ed ogni volta che la ricordo dire queste parole vedo la tristezza nei suoi grandi occhi verdi. Vedo la mia tristezza.

Mi fermai davanti alla villetta di Tea, era facile da distinguere, l'aveva dipinta di acquamarina. Tutta. I vicini erano andati spesso a lamentarsi con lei, dicevano che il colore non si addiceva al quartiere in cui abitava e lei rispondeva che era per quel motivo che aveva dipinto la casa. Tea era in giardino che dimenava le braccia come una forsennata per segnalare la sua presenza "Ti ho visto esibizionista - le urlai tra le risate ma lei continuava - piantala di agitare le braccia o te le stacco a morsi!" "Io vado in autobus" mi rispose lei mentre che entrava in macchina. Accipicchia la coerenza vola! "Allora!?" Tea mi guardava come chi aspetta qualcosa "Allora cosa?" le chiesi io anche se sapevo benissimo cosa volesse sapere "Come va il matrimonio? E lui come è di persona? No anzi come era la luna di miele?" "Santo Cielo Matilde che domande sono?" "Non deviare il discorso, rispondimi piuttosto!" "Il matrimonio va a gonfie vele - Tea alzò il sopracciglio. Non ci era cascata - va bene diciamo che gli eventi stanno trascorrendo in modo alquanto razionale" "Cioè!?" "Niente sesso" "Quindi va male" quando fa così proprio non la sopporto. Per tutto il maledetto viaggio Tea mi riempì di domande. Il viaggio per shopping più lungo di tutta la storia.

Il centro commerciale era una grande struttura modellata secondo i canoni moderni dell' architettura:  era piena di curve tutte intersecate tra loro fino a formare un bianco labirinto dal colore così chiaro e pulito che rifletteva la luce del sole fino a diventare un palazzo insipido e senza vita. Io e Tea sospirammo alla visione di questa mediocre oasi dove ogni nomade che attraversa a cavallo di una macchina la città di Atlas si deve fermare "Dai allora pronta ad azzerare il credito di tuo marito con vestiti e scarpe che mai indosseremo"scherzò lei per risollevarmi lo spirito "Certo che sono pronta!" le risposi io fingendo un falso entusiasmo "Allora scatta l'operazione moglie al centro commerciale".

"Che te ne pare - mi chiese Tea - sii sincera" la guardai da cima a fondo indossava un vestito a sirena dalle spalline sottili, anche se le stava bene aveva un unico difetto: il colore era totalmente spagliato "Tea il colore non va bene se fosse rosso ti obbligherei a comprarlo ma verde non va bene" lei si girò verso lo specchio e si guardò attentamente mentre rifletteva sul mio verdetto "Signora - chiamò rivolgendosi alla commessa - non ci sarebbe lo stesso modello però di colore rosso" "Certamente signorina ora glielo porto subito" e si allontanò con passo svelto. Incredibile come ci riesce con quei tacchi? Mi ricordo ancora io e Tea da piccole mentre cercavamo di equilibrarci sui tacchi delle nostre madri con pile di libri in testa e le parole di incoraggiamento di Giovanni. Tante risate e tante caviglie storte. La commessa ritornò col vestito di Matilde e un'altro vestito non-identificato dal colore blu "Ecco signorina il suo vestito scarlatto e ho portato anche un vestito per la sua amica, quando l'ho visto ho pensato che fosse stato cucito apposta per lei" e dette queste parole mi porse il vestito blu. Io rimasi pietrificata a guardare la stoffa blu, i filamenti intrecciati tra loro grazie alle mani di milioni di persone e solo la voce di Tea mi svegliò dal sortilegio "Tesoro invece di sbavare provalo" scherzò Tea "Di vestiti ne ho tanti, non me ne serve un altro - mi impuntai io - Non sono capitalista, non comprerò qualcosa di cui non ho bisogno!" "Forse è meglio che lo provi prima" mi consigliò la commessa ed io, anche se poco convinta, entrai nel camerino. Ogni dubbio svanì quando provai il vestito e Tea e la commessa rimasero a bocca aperta "Prendilo - mi ordinò Tea incantata dal vestito - per tutto ciò che è sacro alla moda compralo!" "Dovrei diventare consulente di moda" borbottò la commessa tra se e se, ignara che riuscivamo a sentirla "Se sono così incantevole con questo vestito come voi dite allora lo prenderò" decisi io. Se non lo compro io lo farà Tea al mio posto. "Che sia fatta la tua volontà - esclamò Matilde tutta elettrizzata - dove è la cassa?" Chiese infine rivolgendosi alla commessa che sfoggiava un radiante sorriso da guancia a guancia "Da questa parte" ci disse lei guidandoci nel labirinto di scarpe e vestiti dal prezzo esorbitante.

"Possiamo dire che la giornata di oggi è stata piena di soddisfazioni" annunciò Tea non appena rientrammo in macchina "Non posso darti torto" e non potevo proprio. Oggi non solo avevo comprato un vestito nuovo e una consulente di moda (sì avevo contrattato la ragazza del negozio. Un talento del genere non va sprecato.) ma ero riuscita anche a evitare mio marito. So che non ci sarei riuscita per molto ma comunque non ero pronta ad affrontarlo "Non potrai evitarlo per sempre Cassandra - disse Tea usando poteri psichici a me occulti - è tuo marito dopo tutto" la guardai con occhi spalancati dallo stupore "E chiudi quella bocca o entreranno moscerini". A volte anche le persone che meglio conosci ti stupiscono. Da quando Tea riusciva a leggere nella mente!?

Quando rientrai a casa ero affamata e l'odore si cibo fece il mio stomaco brontolare ancora più forte. Salì velocemente le scale e indossai indumenti più idonei. Un paio di jeans strappati e incredibilmente comodi e una maglietta a maniche corte rossa, almeno tre taglie più grandi della mia, con lo stemma di qualche squadra di basket a me sconosciuta e sicuramente sottratta a Giovanni. Spero che non se la prenda. Scesi velocemente le scale per potermi dedicare al desiderio di cibo che da tempo la mia anima ansimava di soddisfare. La cuoca aveva preparato pesce con verdure. Sia santa quella donna. Le verdure erano buonissime, croccanti e saporite e gli spinaci avevano sopra il parmigiano. Che delizia. E il pesce era merluzzo fresco con sopra pangrattato e qualche condimento per pesci a me ignaro che completava quel piatto dal sapore così squisito. Il piatto su cui avevo mangiato splendeva. La cameriera sparecchiò il tavolo e io rimasi seduta. E cominciai a pensare, a pensare a lui. Certo che mi aveva sorpreso, non mi aspettavo un comportamento così educato, no non educato, comprensivo, sì comprensivo da parte sua. E certamente aveva diritto ad una possibilità. Deciso cercherò di conoscerlo meglio. Da domani però.

Mi alzai lentamente e con pigrizia, ero in quella fase in cui fai fatica a stare sveglio perché quasi tutto il tuo sangue e corpo è impegnato bella digestione. Aprii la porta e mi ritrovai in giardino. Era enorme: Davanti a me c'era una piscina quasi olimpica e più i là si trovavano due labirinti di cespugli dalle pareti basse, probabilmente non arrivavano fino alla vita, e a dividerli c'era un largo sentiero di ghiaia fine che portava fino ad un parcheggio con posti per almeno cinquanta macchine. Era da lì che gli ospiti del nostro circolo sociale entravano nella nostra umile dimora. Non persi tempo e mi sdraiai sui lettini a bordo vasca. Poi cominciai progressivamente a chiudere gli occhi fino ad entrare in uno stato di dormiveglia che presto però sarebbe stato interrotto.

"Apprezzando la vista" mi chiese una voce profonda con un leggero accento sudamericano. Juan. " Più che altro digerendo il pranzo" risposi io abbozzando un leggero sorriso"Sono le tre di pomeriggio tu e la tua amica non dovevate uscire?" Chiese lui confuso "Sì ma abbiamo fatto presto" lui si sedette nel lettino più vicino al mio. Mi guardò. Guardò la piscina. Sospirò rumorosamente e poi mi guardò di nuovo. "Cassandra oggi devo uscire con delle persone importanti - ottimo un'altra sera in cui rimarrò da sola. Non c'è problema caro, vai pure. - e mi piacerebbe che tu venissi insieme a me" il tono della sua richiesta aveva uno sfondo di ordine. Cosa mi tocca fare. Ma d'altra parte non volevo cominciare ad instaurare un rapporto con lui? Eccoti accontentata Cassandra. "Sei fortunato caro - gli risposi io mentre lui mi guardava incuriosita ma anche divertito - ho comprato proprio oggi un vestito nuovo" "Perfetto usciamo alle sette" e stava per andarsene quando io lo fermai "Juan - era la prima volta che lo chiamavo per nome - incontri come questi si verificheranno sempre e in pubblico noi dobbiamo apparire come marito e moglie e se tra di noi non ci può essere un legame d'amore spero almeno che ci sia l'amicizia" lui mi guardò da prima stupito della mia sincerità poi il suo volto si rilasso e nei suoi occhi trovai comprensione "Lo spero anche io" e se ne andò. Io invece rimasi sdraiata e mi beai dei caldi raggi solari che penetravano nella mia pelle mentre sentivo la vitamina D che pervadeva le mie ossa. Tea me lo aveva detto. Io volevo avvicinarmi a lui ed ecco la possibilità, una cena con degli sconosciuti. Chissà quali figuracce avrei fatto. Mio padre diceva che ero indisciplinata, che non avevo preso niente da mia madre che, al contrario di me, era l'eleganza e la grazia in persona. Io in confronto a lei ero uno scaricatore di porto. Spesso mi dimenticavo con quale posata iniziare e cosa potevo o non potevo dire. Era sempre stato questo il mio problema, secondo mio padre, non riuscivo a stare al mio posto. Già ero uno spirito libero. Avevo il mio proprio galateo.

Quali scarpe e gioielli devo abbinare con il vestito?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 20, 2016 ⏰

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