Capitolo 13

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Jane's Pov

La sera prima non avevo dormito per niente, ero rimasta stesa sul letto con lo sguardo rivolto al soffitto ed i polsi che bruciavano per i profondi tagli che avevo fatto prima. Stavo con i sensi di colpa che mi mangiavano il cranio e la testa tra le mani, piena di rimorsi grossi come titani e la ragione che affonda come il Titanic, mi impedivano di dormire, anche se non ci riuscivo mai, e facendomi pensare a lungo alle scuse che potevo fare a James per giustificare il mio tradimento. Avevo provato a prendere le mie solite pasticche, ma non funzionavano, non riuscivano a placare quelle odiose urla che ossessionavano la mia testa.

Le pasticche non placano i demoni

Non ci potevo ancora credere di aver baciato Harry. Quel bacio era stato la fine del mondo e l'inizio del paradiso: le sue labbra erano così divine, che avrei continuato a baciarle all'infinito, erano così carnose dal volerle mordere ancora ed ancora; le sue grandi mani che mi stringevano possessivamente a sé, mi facevano sentire protetta ed a casa. Il suo corpo caldo che era contro il mio, accendeva un fuoco dentro di me dal volerlo sempre di più vicino al mio corpo. Scossi la testa cercando di togliere quei pensieri impropri su Harry. Stavo impazzendo, e questo non serviva molto per cercare delle scuse per farmi perdonare da James. Ma forse non sarei riuscita proprio a trovare delle parole per chiedere scusa del mio tradimento, dato che nel pomeriggio sarei uscita fuori con Alix, Victoria e Alexa. Non mi sentivo pronta a rivedere una parte del mio passato, che, anche se mi perseguitava, cercavo di stargli alla larga, nonostante mi si era entrato nella pelle, nelle ossa e mi ci sia rimasto così attaccato. Se le avessi viste mi sarebbe venuto in mente quell' orribile giorno che aveva cambiato le vite di tutti. Non ero pronta a spiegargli perché mi ero allontana, perchè non ero riuscita ad andare avanti come tutti gli altri e perché mi ero isolata da tutto e da tutti. Avrei voluto così tanto scordarmi di quel giorno, di avere quell'amnesia che mi facesse scordare del perché ero diventata così, o ancora meglio che quel giorno non ci fosse mai stato. Certe cose erano meglio se te le scordavi perché ti mangiavano dentro e non te ne accorgevi, ed alcune volte volevo scordarmi di quel giorno. Se non ci fosse mai stato: io non sarei così, loro ci sarebbero ancora, non mi pasticcherei così tanto, non avrei tentato il suicidio, non mi sarei allontanata da tutti e forse Harry non mi prenderebbe in giro, ma era improbabile, lo avrebbe fatto comunque. Già, Harry. Non lo avevo visto sul tram, e di solito c'era sempre con il suo gruppo di amici, ma seduti agli ultimi posti c'erano solo i suoi amici che come al solito mi derivano. Ma non mi preoccupai più di tanto, era meglio se non ci vedevamo, dopo quello che era successo con il nostro bacio, non so cosa sarebbe accaduto.
"Sai dov'è Harry?" chiese Taylor
"Secondo te? Starà scopando Jennifer, dato che neanche lei c'è." rispose Louis ghignando
Sentii una fitta al petto farsi intensa, mentre il dolore che stavo provando si stava espandendo per tutto il corpo. Ero abituata al fatto che tutto andava male, che costantemente provavo del dolore, ma ancora mi stupivo di quando soffrivo in silenzio; soffrire in silenzio è molto doloroso: senti il cuore più lento come se stassi morendo, un vuoto dentro l'anima, il bruciore nel petto che non muore mai e che ti tormenta ogni volta, la mente si appesantisce. Sembra di urlare in una bolla di vetro in cui nessuno ti sente, ti capisce. Ti sembra di rimanere da solo con il tuo dolore. Avrei voluto urlare a squarcia gola il dolore che provavo, quello che mi stava accadendo e di come stavo. Ma nessuno sapeva come stavo, e neanch'io non lo sapevo. Non riuscivo a capire perché mi sentissi male, perché quella frase detta da Louis mi aveva ferita. Ma cosa mi aspettavo che dopo il bacio Harry mi avrebbe trattato bene? Che avrebbe iniziato a sentire qualcosa oltre che all'odio verso di me? Ero solo una sciocca se pensavo ad una cosa del genere. Harry mi odiava e non avevo mai capito perché, perché provasse un senso di disgusto ed odio verso i miei confronti; invece io non lo sopportavo, anche se mi stava rovinando la vita, ogni giorno sputava veleno sulla mia anima, non riuscivo ad odiarlo, non riuscivo ad odiarlo così tanto da venire inghiottita dal mio stesso odio. Ma l'unica persona che odiavo era Isabel. Quello schifo di persona che con un gesto mi aveva tolto tutto, lasciandomi solo polvere e rancore. Lei sì che riuscivo a provare odio e disprezzo; forse se qualcuno mi sentisse direbbe che era esagerato il mio odio verso di lei, ma se sapesse la verità, quello che mi aveva fatto, credo che anche lui lo proverebbe. Era da tanto tempo che non vedo Isabel, non sapevo cosa stava facendo ora, ma sapevo solo che era in un centro psichiatrico, ed era lì il suo posto, rinchiusa a marcire per le sue colpe. Sentii i battiti del cuore farsi più veloci ed il mio corpo irrigidirsi. Arrabbiata lo ero, ma era troppo poco per descrivere quello che provavo: forse per lo più ero furiosa, furiosa del fatto che lei non aveva perso niente, forse la sanità mentale, ma io avevo perso tutto ed era stato doloroso e difficile da accettare. È il dolore che genera la rabbia. Sapevo che più ci pensavo più mi arrabbiavo, e forse era solo perché avevo perso qualcuno, qualcuno di importante, qualcuno che per colpa mia era morto. Forse era il caso di ammettere che il problema era solo mio. Probabilmente il problema ero io, neanche Isabel, solo io. E lo ero sempre stata, e di fatti questo mi aveva portato a far mancare loro ed a rimanere da sola con il mio dolore ed il rimorso; sentivo la solitudine, sentivo che provavo a dargli un senso, sentivo che era inutile, la stavo usando per colmare il vuoto che c'era dentro di me, tra lo stomaco e la gola, voragine incolmabile, tensione evolutiva. Ma non serviva a niente, era come aggiungere benzina sul fuoco. Camminavo lungo il corridoio deserto della scuola da sola, mentre tutti erano in mensa per il pranzo, i sensi di colpa si facevano sentire sempre di più ogni volta che facevo un passo e mi avvicinavo all'aula dei professori dove avevo detto a James di incontrarci. Spaventata era dir poco, ero terrorizzata, ma non per quello che gli stavo per dire, ma per la sua reazione, lui era la prima persona dopo quel fatidico giorno che mi amava nonostante quello che ero e che avevo fatto; purtroppo lui non sapeva niente, ed era meglio così. Non volevo farlo entrare nel mio mondo, fatto solo di sofferenza e dolore. Più mi avvicinavo, più la voglia di scappare era tanta, ma dovevo essere forte e dirgli la verità, anche se i miei demoni mi volevano chiudere la bocca, dovevo resistere e sputargli in faccia la verità e dirgli che mi era dispiaciuto, che era stato un terribile sbaglio e che capivo se mi voleva lasciare. Più ci pensavo più volevo tenermi per me il fatto di aver baciato Harry, sembrava che le scuse che volevo dirgli erano banali e prive di senso.

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