You are interesting (il volo)

Capitolo 20

La gente ha sempre provato un innato fascino verso la verità. Si. L'immagine di una realtà indiscutibile e priva di errore o trasfigurazione.
La gente ha sempre provato repulsione e odio per una bugia, anche se detta a fin di bene. E per bugia si intende tutto, dalle mezze verità, alle omissioni dette per il bene di qualcuno, o a modificazioni reali di realtà.
Io, invece, sono sempre stata diversa.
Le bugie mi infastidivano, è vero. Ma le capivo, le comprendevo quando la verità facesse troppo male.
La verità è una freccia velenosa conficcata in un arto, è una sprangata forte sulle gengive eppure tutti la sognano, la desiderano. Non è questa uno spietato desiderio di soffrire?
Io non l'ho mai voluta la verità. Le bugie mi affascinavano. Erano così semplici e ingegnose per evitare sofferenza.
Io veneravo la bugia.
Ma purtroppo avevo riposto tutto il mio amore in un ragazzo che amava e venerava la verità.
E a volte la diceva anche se faceva male.
Avrei tanto voluto evitare di sentire parte della sua verita. Parecchie volte.

Dopo quel pomeriggio passato a contorcerci nel letto di quell'hotel, insieme, sudati e desiderosi dell'altro sotto il sole cocente dell'argentina e gli occhi inconsapevoli di mio fratello, Ignazio risultava agitato.
Aveva la testa persa nei suoi pensieri.

Dopo esserci svegliato il suo telefono squillava più volte ma lui non osava rispondere e guardava con aria sprezzante è dura il display.
Dire che non guardavo chi fosse per rispetto nei suoi confronti, sarebbe un modo per proteggermi ma ahimè una bugia. E anche se mi piace questa trasfigurazione della realtà, oggi non la userò.
Avevo paura di scoprire che fosse lei a chiamarlo. Lei. Quella ragazza dai meravigliosi capelli biondi che lo aveva fatto innamorare, illudere e soffrire nel giro di pochi mesi.
Il bambino che lei aveva portato in grembo non era nemmeno di Ignazio.
Questo lo aveva fatto cadere nel baratro di disperazione peggiore.
Lui era in piedi ed osservava attraverso la vetrata il cielo limpido e caldo del Sud America.
A coprirlo solo un banale boxer blu scuro.
Avrei potuto dire tante cose. Avrei potuto pensare a frasi efficaci per alleviare il suo dolore o la sua preoccupazione. Avrei potuto impegnarmi nel capire cosa a lui servisse davvero. Ma no. Cosa in realtà chiedo?

"Stai bene Ignazio?"
Già. Stai bene. Stai bene! Ma cosa mi è saltato in mente, dico io. Come può stare bene?
E in piedi da 20 minuti a fissare il vuoto in mutande e gli chiedo stai bene.

Si volta e il suo viso e affranto.

"Mary."
Sospira sorridendo di cortesia. Il mio presentimento dice che sta pensando che io sia una totale idiota.

"Passerà."
Continua poi. Senza aggiungere nulla.

Un altra domanda balza nella mia mente. Ho una tremenda paura di farla. Infatti decido di rigirarla in un altro modo.

"Stai così per le chiamate che stai ricevendo?"
Sto entrando troppo in argomento?

"Già. "
Dice asciutto.

Ok. Strategia sbagliata. Decido di cambiare modus operandi.
Mi alzo dal letto, coperta da una sua maglietta che grazie alle mie curve generose, mi arriva alle cosce e non ai piedi.

Lo abbraccio da dietro sperando che il contatto con un altro corpo che non sia il suo possa farlo stare meglio.

Sospira ancora e mi accarezza le mani.

"Sei troppo bassa per darmi conforto."
Segue una lieve risata.

In un moto di coraggio mi piazzo davanti a lui e lo guardò negli occhi.

"La mia altezza non era un problema per te fino a mezz'ora fa quando avevi la tua bellissima faccia infossata nelle mie tette"
Dico imbronciandomi.

Segue una risata allegra e divertita.
Mi abbraccia.

"Mi racconti cosa succede?"
Chiedo implorante.

"Forse, un giorno. Ora abbiamo altro da affrontare"

"Cosa?"
Un dubbio mi assale.

"Raccontare tutto a tuo fratello"

Spalanco gli occhi quasi disperata.

Cazzo. E la fine.