Le abitudini spazzano via ogni resistenza, creano nuove consuetudini, rendono familiare ciò che si riconosce come estraneo, finché non diventa la tua vita. Eppure, ero certa che a quel sole straniero non mi sarei mai abituata.
A Torino, la stella che baciava la mia Napoli con i suoi raggi dorati, era di un bianco opalescente, una pallida imitazione del giallo rossastro che colorava i miei ricordi.
Rinunciare alla vista del Vesuvio era stato penoso ma sopportabile. Salutare il lungomare mi aveva spezzato il cuore, nondimeno ero sopravvissuta.
Ma la luce? Come si educa l'occhio alla mancanza di calore?
Me lo chiedevo ogni mattina, quando aprivo le finestre del mio appartamento in via Romagnano e respiravo l'aria frizzante dalla mia nuova città. Fino a un mese prima ero stata solita passare la lingua sulle labbra alla ricerca di un'inesistente traccia di salsedine. Arrendersi all'evidenza era stato difficile, ma non ero una bambina e avevo dovuto accettare la realtà: in Piemonte non c'era il mare.
Non si è mai preparati ad abbandonare la propria vita. Non esistono rassicurazioni per chi è costretto a rinunciare alle proprie radici, al mondo così come lo si conosce. Sì, la ragione ci aveva indicato un luogo in cui realizzare i nostri sogni, ma il cuore non avrebbe smesso di battere per la nostra terra.
L'unica consolazione per noi esuli era l'amore.
Nella nostra famiglia ce n'era tanto.
E allora poco importava se la pizza era biscottata e il caffè meno saporito.
Antonio era al sicuro.
Gabriele era sereno.
Mi allontanai dalla finestra del mio ufficio e guardai l'orologio. Sospirai sollevata. Ero in tempo.
Ringraziai ancora una volta per gli orari comodi della struttura. Al centro di prima accoglienza per minori non ero l'unica psicoterapeuta e il mio turno copriva solo parte della giornata.
Accettare il lavoro offertomi dal CGM era stato il passo successivo alla tragica domenica affrontata da Antonio.
Non c'era stata alternativa.
I De Lucia prima o poi sarebbero tornati esigendo un nuovo favore e non ci sarebbe stata possibilità di rifiutare che non comportasse una reazione più... definitiva.
Non potevamo rischiare. Non potevo rischiare di perdere Antonio.
Rabbrividii, ancora, e non per il clima.
Le temperature di settembre si mantenevano alte e, contrariamente a quanto pensava Gabriele, a Torino non c'era la neve tutto l'anno.
Il freddo che avvertivo aveva tutt'altra origine, e non ero l'unica a doversi stringere le braccia intorno al corpo quando i ricordi diventavano troppo vividi.
C'erano notti in cui mi svegliavo solo per guardare Antonio. Dell'assalto brutale che aveva subito, il suo viso recava solo una piccola cicatrice sullo zigomo. Nient'altro.
Erano i miei occhi a vedere di più.
Vedevano il sangue, i lividi, il dolore.
E allora lo abbracciavo forte, talvolta svegliandolo. Antonio riusciva sempre a rassicurarmi, ad annullare nel piacere ogni sofferenza.
La sua pena, tuttavia, era superiore alla mia.
Non mi parlava dei suoi incubi.
Lo tormentavano quando era stanco, dopo una giornata particolarmente stressante. Non di rado si svegliava nel cuore della notte, senza fare rumore, senza emettere suono. Solo il suo petto si alzava e abbassava con violenza, come se riprendesse aria dopo il tentativo delle immagini di soffocarlo.
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SANGUE AMARO di Angela D'Angelo
Genç Kız EdebiyatıScampia. Un luogo dimenticato dallo Stato. Un quartiere che vive di luci e ombre. Un ghetto abbandonato dalle istituzioni. Antonio. Figlio del suo rione. Una vita gravata dal peso delle responsabilità. Ogni suo giorno è una battaglia c...