XII - La battaglia

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La mattina del giorno seguente ci fu un tale fracasso da svegliarmi poco dopo l'alba.

Mi alzai dal letto controvoglia, confusa, e mi avvicinai alla finestra aperta: dalle montagne che segnavano il confine con Wandars provenivano centinaia di cavalieri sui loro destrieri, mentre il cielo era macchiato da figure nere dotate di grandi ali scure; la cintura d'argento brillava grazie al sole appena sorto, richiamando le lunghe spade affilate degli uomini sul dorso dei cavalli e dei Cavalieri d'Argento in aria.

Non sembravano particolarmente pacifici, il che mi fece pensare che stessero oltrepassando il confine con l'intenzione di abbattere noi e l'intero popolo di Dalias.

Il panico ebbe il sopravvento.

Sobbalzai quando la porta della mia camera si aprì, ma sospirai di sollievo vedendo Lynwood entrare nella stanza.

"Mio padre ha appena dichiarato guerra al regno di Dalias. Non ho idea del perché abbia preso una decisione del genere – considerato che il suo unico figlio si trova nel castello –, ma non sembra intenzionato a ritirarsi. Spero non ti dispiaccia, ma ho già ordinato al popolo di evadere dalle loro case per trovare riparo nelle foreste", disse Lynwood, venendomi vicino e prendendomi le mani.

"Hai fatto benissimo", farfugliai gettando un'altra occhiata alla finestra aperta, per poi notare i cavalieri e gli uomini alati aumentare sempre di più con il passare del tempo.

"Naturalmente, l'ordine vale anche per te", aggiunse lui. "Dobbiamo scappare il prima possibile, Evelyne".

"E gli elfi?", sussurrai con un filo di voce, immaginandomi Thaddeus lottare contro i cavalieri di Wandars e infilzarne uno dietro l'altro con le sue frecce intagliate. Rabbrividii all'istante a quel pensiero.

"Sono al sicuro nelle foreste, come sempre", rispose Lynwood scrollando le spalle. "Ma, se vorranno combattere, sono liberi di farlo. Dopotutto, la radura di Javier si trova nel nostro territorio".

Ero terrorizzata. L'ultima guerra risaliva ai tempi in cui gli elfi avevano lottato contro gli umani a causa di varie uccisioni da parte di Thaddeus, il quale però voleva solo difendersi. Non era passato neanche un giorno che i miei nonni avevano dichiarato guerra all'intero mondo elfico.

I miei nonni.

Thaddeus aveva esclamato quella frase poco dopo essere sfuggito alle guardie, per poi dirigersi verso la radura di Javier, ma ancora non ne avevo capito il significato.

Secondo lui non valeva la pena spiegarmi cosa avesse voluto dire, ormai era già al sicuro: le guardie di Jake non avrebbero più potuto riportarlo al castello e ucciderlo con le loro mani.

Cosa gli sarebbe stato d'aiuto se l'avessero catturato di nuovo? Una spada magica? Un arco e delle frecce dai poteri soprannaturali? Una lancia speciale?

Forse proprio i miei nonni mi avrebbero dato la risposta giusta; peccato, però, che fossero morti da tempo. A meno che Thaddeus non intendesse i miei antenati in carne ed ossa, ma semplicemente le loro statue...

"Oh, santo cielo", esclamai, portandomi istintivamente una mano alla fronte. Guardai Lynwood con l'eccitazione negli occhi, felice di aver capito la frase di Thaddeus giusto in tempo. "Devi assolutamente portarmi nella chiesa in cui hai cercato di uccidermi".

La frase risuonò peggio di quanto pensassi, ma Lynwood chiese soltanto: "Perché?".

Sorrisi. "Forse ho capito come vincere la guerra".

Lynwood non se lo fece ripetere due volte. Alle sue spalle apparirono delle grandi e soffici ali lilla – esattamente il colore del cielo mattutino di Dalias – e, con dei movimenti agili e delicati, mi prese in braccio posandomi e mi posò sulla sua schiena, proprio in mezzo alle ali.

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