XIV - Ferite

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"Questo... dannato... Libro... non... collabora!", farfugliai, cercando di aprirlo con tutte le mie forze. Dovevo avere un'aria straordinariamente ridicola, perché Lynwood ridacchiò e me lo tolse dalle mani. Anche i suoi tentativi, però, furono inutili.

"Se noi non siamo riusciti ad aprirlo, dubito che Jake ce l'abbia fatta", disse lui, posando l'enorme volume sulla scrivania della mia stanza.

Lo guardai aggrottando le sopracciglia. "Quindi, secondo la tua teoria, non ha potuto scriverci nulla, ho ragione?".

"C'è solo un modo per scoprirlo", rispose lui, socchiudendo gli occhi con fare misterioso e incredibilmente attraente.

"Fammi indovinare", mormorai con un filo di voce. "Gli elfi".

Lynwood sorrise e annuì, prendendomi in braccio senza difficoltà e posandomi di nuovo sulla sua schiena – sulla quale riapparvero delle ali nere. Si nascose il Libro del Futuro e la Piuma d'Oro sotto il mantello e spiccò il volo fuori dalla mia finestra.

A Dalias c'era un vago odore di morte – sicuramente dovuto a tutte le persone spostate nei cimiteri e tramutate in spiriti –, ma ciò non mi turbò più di tanto.

Avevo visto io stessa i cavalieri perdere la vita uno dietro l'altro.

La foresta era più rumorosa del previsto, avendo abolito la legge sugli elfi pochi minuti dopo aver cenato: la notizia era sicuramente giunta alle loro orecchie con la solita velocità con cui Thaddeus era solito venire a conoscenza degli omicidi all'interno del castello.

Lynwood atterrò nella radura di Javier – traboccante, come avevo immaginato, di elfi spensierati e felici –, mentre io scendevo dalla sua schiena e prendevo la Piuma d'Oro che lui mi porgeva.

Camminammo mano nella mano verso lo scrittoio, catturando l'attenzione dei presenti.

"Vostre Altezze", disse il re del mondo elfico, guardandoci felicemente con i suoi occhi grigi. "Benvenuti".

"Grazie", rispondemmo entrambi all'unisono.

Poi io aggiunsi: "Soprattutto per il vostro aiuto nella battaglia".

"È stato un onore". Si inchinò, spostando subito dopo lo sguardo sulla Piuma d'Oro nelle mie mani e sul Libro del Futuro in quelle di Lynwood. "Buon Dio".

"Ah, giusto...", mormorai, imbarazzata. Ci dirigemmo entrambi verso il re degli elfi, porgendogli con un inchino i doni in questione. "Pensavamo fosse giusto riportarveli".

Non chiese se qualcuno avesse scritto qualcosa sul Libro: lo aprì direttamente sullo scrittoio di legno senza alcuna fatica, guardando le frasi – ma non leggendole – alla ricerca di una grafia diversa. Poi ritornò fra noi e scosse la testa sorridendo. "È nelle stesse condizioni in cui l'avevamo lasciato".

Sospirai di sollievo insieme a Lynwood e ad altri elfi, i quali si voltarono curiosi nella nostra direzione inchinandosi poi al nostro cospetto.

E l'imbarazzo crebbe ancora di più.

"Guardate chi è tornato!", disse qualcuno indicando una fila di elfi. Ne uscì fuori il Guardiano del Futuro – vivo e vegeto –, accompagnato da un Thaddeus sorridente e soddisfatto.

"Cabrius!", esclamò il re degli elfi, aprendo le braccia come a volerlo stringere a sé.

Thaddeus lo aiutò a camminare nella sua direzione, dicendo: "Non è stato facile, ma ce l'ho fatta. Dopo giorni d'inferno, sono riuscito a creare la pozione in grado di riportare in vita gli elfi – compresi, naturalmente, anche gli ibridi". Indicò con un cenno della testa il Guardiano, il quale sorrise e abbassò lo sguardo. Lo sorresse mentre questi si sedeva cerimoniosamente sulla sedia accanto allo scrittoio, cadendo nello stesso istante in un sonno profondo da cui – se tutto fosse andato per il verso giusto – non sarebbe più uscito.

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