X - Sangue argentato e lacrime reali

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"Identificatevi", tuonò la voce dell'elfo più vicino allo scrittoio, un ragazzo alto e muscoloso da folti capelli neri e occhi grigi.

"Lynwood Hasher, principe di Wandars", rispose questi con calma assoluta. Poi mi indicò con un gesto formale della mano. "Lei è Evelyne Wilson, principessa di Dalias".

"Wilson, eh?", ripeté l'elfo con un ghigno malefico. "La tua famiglia non ha esattamente una buona reputazione, sai?".

"Ovviamente", borbottai incrociando le braccia, indignata. "Ma non siamo venuti qui per parlare dei peccati commessi dai miei antenati".

Lynwood non batté ciglio a quella frase, né quando gli elfi puntarono con più decisione le loro frecce finemente intagliate.

"Cosa volete?", continuò l'elfo, socchiudendo gli occhi grigi. "E come avete fatto a vedere la radura di Javier?".

"Sono venuta ieri notte con un mio amico, ovviamente di natura elfica", spiegai, cercando di ignorare l'improvvisa rigidità di Lynwood. "Voleva mostrarmi il Libro del Futuro e la Piuma d'Oro".

"Be', sono stati rubati". L'elfo dai capelli neri indicò lo scrittoio con un cenno distratto della testa. "E il Guardiano è morto".

"Non mi sorprenderebbe se foste stata proprio voi a rubarlo, ragazzina", sibilò una donna dalla folta chioma bronzea e gli occhi celesti. "Il furto è avvenuto dopo la vostra visita".

"Non è stata colpa mia!", urlai, fuori di me. "Se avessi ucciso il Guardiano e avessi rubato la Piuma e il Libro, non avrei mai avuto il coraggio di ritornare sul luogo del delitto", feci loro notare.

Una dopo l'altra, le frecce si abbassarono.

L'elfo dai capelli neri ci squadrò entrambi dalla testa ai piedi e ci chiese: "E allora perché siete qui?".

"Uno di voi – nonché mio grande amico – è stato catturato, anche se fortunatamente è riuscito a scappare. Pensavo di trovarlo qui, ma evidentemente mi sbagliavo", mentii, sostenendo con forza lo sguardo dell'elfo dagli occhi grigi.

"Il suo nome", ordinò lui con voce autoritaria.

Le sue parole mi infastidirono così tanto da costringermi a sbottare: "Se vuoi delle risposte, ti consiglio di abbassare il tono".

Gli archi si rialzarono tutti insieme, tranne quello dell'elfo stranamente divertito a cui mi stavo rivolgendo.

"Stai parlando con il re del regno elfico, principessa: fossi in te porterei un po' più di rispetto", disse infatti.

Mi sentii le guance in fiamme. Avrei voluto sprofondare nel terreno e non ricomparire finché tutta quella gente non fosse sparita.

"Il suo nome", ripeté l'elfo come se non fosse successo nulla, intimando gli altri elfi a riabbassare gli archi con un gesto distratto.

"Thaddeus", mormorai, abbassando il capo in segno di rispetto. Poi lo rialzai all'istante mentre un pensiero iniziava a dominare sugli altri. "Avete idea di dove sia?".

Dal gruppo immenso degli elfi si levò una voce suadente che rispose: "Ehm, io sì".

Di colpo ne uscì fuori un ragazzo alto e snello dai corti capelli rossi e vivaci occhi castani.

"Thaddeus!", esclamai, correndo verso di lui il più velocemente possibile. Mi feci largo tra decine e decine di elfi, per poi trovarlo appoggiato ad un albero com'era solito fare. Lo abbracciai con tutta la mia forza senza pensarci due volte e appoggiai la testa alla sua spalla, felice di averlo tra le mie braccia, sano e salvo.

"Salve", disse lui – nella voce un sorriso – cingendo le mani alla mia schiena.

Misi da parte la felicità e mi scostai per guardarlo, severa. "Spero tu sappia di avermi spaventata a morte: non avevo idea di dove fossi".

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