Capitolo 3 FLYING

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Pov Elena

Ieri ho chiamato la mia coach, sapeva che ero tornata e all'inizio si è un po' lamentata perchè non l'avevo chiamata subito, mi sono scusata dicendole che ho avuto da fare e poi non sapevo come chiederle se potevo rientrare in squadra.

Sì, sono molto sicura di me, ma non in tutte le cose, e poi non voglio passare per quella che se la tira e si crede di essere la migliore, per cui tutto le è dovuto ed è scontato essere riammessa in squadra; ho lavorato molto, sudato, fatto sacrifici per arrivare al livello in cui sono ora come flyer, sono sempre stata umile e lavorato a testa bassa, facendo quello che il coach diceva senza ribattere; bhè all'inizio non ero così, avevo sempre da ridire su tutte le decisioni degli allenatori, ma mi hanno fatto capire che in questo modo ero io a rimetterci, perchè loro sono i coach, loro conoscono bene la disciplina e sono loro a dover insegnarti, tu ti devi impegnare a fare del tuo meglio accettando le loro decisoni ed eseguendo, è inutile perdere tempo in battibecchi, se uno vuole diventare un atleta di un certo livello deve mettersi a testa bassa e lavorare, punto.

Credetemi non sto esagerando, ho dovuto fare abbastanza sacrifici per arrivare fin qui, i miei genitori mi hanno sempre chiaramente detto che per loro la scuola era al primo posto e che se volevo fare cheerleading sarei dovuta andare bene anche a scuola e non trascurarla per questo, pena niente più cheerleading.

Diverse volte è capitato di non potere uscire la sera con gli amici perchè dovevo studiare visto che mi ero allenata tutto il pomeriggio, oppure perchè dovevo andare a letto presto perchè il giorno dopo avevo una gara.

Ma sinceramente sono contenta di fare questi sacrifici perchè fino ad ora i risultati che ho ottenuto mi hanno sempre ripagato; i miei genitori sono fieri di me perchè ho sempre avuto buoni voti a scuola mantenendo la promessa di non trascurarla.

Avevo 5 anni quando ho iniziato a fare ginnastica artistica, ma già a quell'età non mi bastava, non facevo altro che ripetere ai miei genitori e alla mia allenatrice: "io voglio andare più in alto, voglio toccare il cielo con un dito, voglio volare." Ho avuto le idee ben chiare fin da subito.

Così mia mamma, su consiglio dell'allenatrice di ginnastica artistica, un giorno mi ha portato in un'altra palestra, avevo 6 anni e per la prima volta mi sono innamorata, troppo piccola dite? Forse avete ragione, ma credetemi quello per il cheerleading è stato amore a prima vista.

Quando sono entrata nella palestra c'erano dei ragazzi più grandi di me che si allenavano e sono rimasta a bocca aperta, tutto attorno a me è scomparso tranne quelle ragazze che spinte dai loro compagni volavano in alto facendo acrobazie e riatterrando sane e salve tra le loro braccia, completamente illese e soprattutto sorridenti. Ecco quello che volevo fare, io volevo volare e sorridere, sapendo che qualcuno mi avrebbe presa all'atterraggio.

Non c'è più stato verso di farmi continuare ginnastica artistica, per carità sport bellissimo e ammirevole, ma non era quello che volevo fare io.

Mi ricordo il primo allenamento nella palestra nuova, eravamo per la maggiorparte femmine della mia età, di certo non avremmo incominciato subito con quei salti che avevo visto fare alle ragazze più grandi, ma ero fiduciosa e se dovevo avere pazienza, bhè l'avrei avuta e avrei aspettato di crescere; l'allenatrice ci mise in fila e ad ognuno di noi chiese il nome e perchè avessimo deciso di iniziare questo sport, quando toccò a me io dissi: "mi chiamo Elena e voglio imparare a volare", qualcuno rise, credendomi stupida probabilmente, ma non mi è mai importato del giudizo delle persone, soprattutto di quelle che non mi conoscono, la mia allenatrice non rise affatto, aveva capito cosa intendevo, anche se era stupita dalla frase che nascondeva un significato più profondo, forse troppo per una bambina di sei anni. "Tu sarai una flyer allora Elena".

La vita è tutta questione di basiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora