I ricordi sono come una lama tagliente

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Un giorno, qualcuno ti stringerà così forte da farti sentire salva da tutte quelle macerie che avevi sul cuore

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<<Salve a tutti, il mio nome è Alba e ho 17 anni.>>, venti visi mi iniziarono ad osservare in maniera interrogativa nel momento in cui varcai la porta di quella stanza che poi sarebbe divenuta la mia nuova classe per l'intero semestre. Il professore mi constrinse a presentarmi alla classe e io non potei sottrarmi al suo comando, così misi da parte l'imbarazzo e avvicinandomi alla cattendra continuai a parlare di me. Poi, mi assegnò il mio posto e cominciò la lezione: trigonometria, la materia che odio di più al mondo dopo aritmetica. Le postazioni erano individuali, mi voltai dietro di me per chiedere un libro per poter seguire e qualche posto più in fondo c'era una ragazza che stava preparando qualche sigaretta con cartina e tabacco, accanto a lei un ragazzo con gli occhiali a bottiglia la osservava interdetto e sollevò le sue sopracciglie talmente tanto che mi meravigliai che non gli si fossero staccate.

<<Signorina Catanese, le chiedo di voltarsi verso di me, per piacere.>>, disse il professore con tono severo. Mi girai di scatto, abbassando il viso verso le mie gambe e sentivo le guance andare a fuoco mentre dozzine di occhi mi osservavano.
Di nuovo.

Cominciamo bene.

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Un mese fa circa mi trasferii a Brighton, in Inghilterra; a duemila chilometri di distanza dalla mia città natale: Bari.

Per tutto il corso della mia adolescenza ho collezionato numerose etichette che mi sono state affibbiate dalle persone: io ero la ragazza che evitava gli sguardi della gente, colei che non si sedeva mai in fondo al pullman e se incontrava un gruppo di ragazzi sul vialetto, cambiava strada, o se sentiva ridere delle ragazze, pensava che stessero ridendo di lei. Camminavo sempre con delle cuffie nelle orecchie. A scuola me la cavavo, ma non ero mai l'eccellenza. Ero stanca.
Stanca di essere tanto e non valere niente.

Il mio desiderio era quello di trasferirmi altrove, il più lontano possibile per cancellare il mio passato e costruire un presente soddisfacente. E così fu: la chiamata di lavoro per mio padre ci portò in una zona del Regno Unito, la soleggiata Brighton. Uno degli obiettivi che mi prefissai era quello di riuscire a voltare pagina, a raccogliere i pezzi della mia vita in frantumi e scrivere un capitolo completamente nuovo.

L'altro era riuscire a dimenticare Stefano.

Ma, non si dimentica la persona che ti ha scosso il cuore. Il primo amore o si sposa o si porta dentro per sempre.

In qualunque caso, le cicatrici rimangono e i ricordi restano, graffiando come lame taglienti. So bene che il trasferimento non sarà la gomma che rimuoverà il calcare ristagnato nella mia anima, ma spero di incontrare persone che mi aiuteranno almeno ad alleggerirla.

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Non fu facile come avevo immaginato: le prime ore del primo giorno di scuola nessuno mi rivolse la parola, in classe si erano già creati dei gruppi, ed io, come al solito, venivo esclusa da questi e nessuno sembrava accorgersene.

Quando suonò la campanella che segnava l'inizio dell'intervallo, scovai dentro lo zaino alla ricerca delle mie amate cuffie e delle mie preziose e vitali sigarette e uscii nel cortile della scuola.

Cominciai a fumare non appena mi lasciai con Stefano; alcune mie "amiche" di Bari mi incoraggiarono a provare una sigaretta e mi piacque, non tanto per il sapore ma per la sensazione di alleviamento quando il fumo giungeva al petto, bruciando ogni frustrazione.

Ombre d'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora