Never say goodbye

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La sveglia trilla. Un'altra notte insonne. Un altro incubo.

Per la gente comune la notte è quella parte della giornata dove il proprio corpo recupera le energie attraverso il sonno; per i più tamarri è il momento perfetto per fare baldoria; per me, invece, è quella fase dove la mente elabora tutti quei ricordi che tenti invano di dimenticare ma che riaffiorano contro la tua volontà, riaprendo ferite e cicatrici.

Mi alzo dal letto, faccio circolare l'aria aprendo la finestra e noto una leggera brezza autunnale che mi accarezza i capelli, poi sposto lo sguardo sugli alberi spogli, ornati dalle foglie gialle e rosse che colorano i marciapiedi.

Esco dall'armadio una camicetta a pois e un pantalone aderente nero, allaccio le mie vans ed entro in cucina.

<<Buongiorno piccola!>>, mi saluta mia madre con un abbraccio affettuoso, poi preparo il mio immancabile latte con i cereali e riempio un grosso bicchiere di acqua fredda. Non appena termino la colazione, prendo i libri e le chiavi ed entro nell'abitacolo della mia macchina.
Parcheggio vicino la scalinata della scuola e destra di una Yamaha blu elettrico molto simile a quella del ragazzo di ieri, Dean. Non appena varco l'entrata della scuola, vengo fermata da una voce femminile, la quale apparteneva a Monique.
<<Hey, Monique! Come stai?>> le domando, mi risponde sollevando il pollice all'insù e aggiungendo:<<Benone, grazie! Che lezione hai a prima ora?>>, io le indico l'aula di biologia, lei mi accompagna fino alla porta e mi ricorda di incontrarci nelle scale principali della scuola durante l'intervallo.

Entro in aula e mi blocco. Dean era alla cattedra intento a parlare a Mr. Schofield. Silenziosamente, cammino verso il mio posto a sedere e posiziono i libri sul banco. Dean mi nota, fa un mezzo sorriso ed esce dall'aula.
"Grazie a Dio, non rimane qui." penso fra me e me, poi chiedo al professore il permesso di uscire per incipriarmi il naso. Esco dall'aula e lo seguo furtivamente fino all'aula di istologia, mi fermo davanti alla porta osservando l'orario e noto con sollievo che è un anno più avanti di me, ciò significa che non c'è nessuna probabilità di trovarlo nella mia stessa classe.
Alzo gli occhi al cielo e rientro in aula e il professore mi interroga sul ciclo vitale di un batterio, <<Argomento dell'anno precedente, signorina Catanese.>>, storpiò il mio cognome e serrò la mascella; immaginavo che pianificava qualcosa, poiché mi aveva permesso troppo facilmente di uscire. Ma lo lasciai sbigottito quando gli spiegai le varie fasi della vita di un batterio tenendo a bada di includere ogni minimo dettaglio.

Sono sempre stata la più brava in scienze, infatti i miei ex compagni facevano a gara per procurarsi il posto accanto al mio durante i test di verifica. Solo in quelle rare situazioni il banco al mio fianco era occupato da una persona e non dal mio solito zaino a tracolla. Perciò cercavo di non dare molta importanza a quei momenti di euforia da parte dei miei compagni, peró mi divertiva come chiedessero di sedersi vicino a me ed il professore, il più delle volte, rifiutava le loro richieste.

Arrivó l'intervallo, mi cacciai una sigaretta in bocca e aspettai Monique seduta sul cofano della mia vettura. Nel momento in cui alzai lo sguardo per far uscire una boccata di fumo, vidi Dean rovistare nella sella della sua moto. Fu allora che arrivò Monique in compagnia di un ragazzo abbastanza alto, moro e riccio, il quale si ferma a dare una pacca sulla spalla a Dean, quest'ultimo si volta verso di me e mi saluta strizzando l'occhio prima di voltarsi e allontanarsi insieme al ricciolino.

Mentre lo osservavo da lontano con la coda dell'occhio, notai che una ragazza bionda gli bloccò la strada appositamente. Era molto più bassa di lui e magrissima, di una magrezza di cui provavo invidia. Lui gli rivolse un sorriso smagliante e cominciarono a parlare del più e del meno. In quel momento desideravo tremendamente di essere al suo posto.

Ombre d'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora