Fidarmi

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L'indomani mattina mi sveglio tra le lenzuole candide di camera mia, ispiro il profumo del sapone che ho utilizzato qualche giorno fa per lavarle, un mix di frutti tropicali e olio di jojoba, e mi stiracchio. Mi trascino con le lenzuola verso la finestra e la apro leggermente.

Il sole è come un'arancia matura che rende dorate le strade e i palazzi; il profumo di salsedine e di terra calda mi investe; i sorrisi aperti e arsi dal sole della gente che passeggia sul lungomare.

Poi, sopravvenne un conato di vomito. I rimasugli della sera prima erano sparsi su tutta la superficie del pavimento accanto il mio lato del letto. Poi, qualcuno mi appoggiò la mano nei capello e li strinse formando una coda per aiutarmi a non sporcarli. Quando ebbi finito, mi voltai nella sua direzione e per poco non mi venne un colpo: August a petto nudo, il cui membro era coperto da un misero lenzuolo bianco.

Sbianchii in volto, poi balbettai qualcosa, mi alzai dal letto barcollando e mi chiusi a chiave in bagno.

CHE CAZZO È SUCCESSO IERI SERA?
QUANTO CAZZO DI ALCOL HO BEVUTO PER AVERE UN'AMNESIA DEL GENERE?

Respirai più volte, tastando il cuore e la fronte. Mi faceva male l'esogafo e la laringe a causa del vomito acido. Tentai di aprire la porta diverse volte, il mondo vorticava attorno a me come un meteorite. Chiudevo gli occhi per scacciare l'uragano che si abbattava in casa mia, ma invano. Uscii dal bagno e mi buttai sopra il letto a peso morto. August mi posò una mano sulla testa e mi accarezzò i capelli docilmente.

<<Ch... >>, provai a parlare, ma finii per avere un altro conato di vomito. Mi misi a sedere con la mano tappata nella bocca, in cui fuoriuscì un misero e volgare rutto.

<<Oh, Dio mio! Scusami, sono una vergogna!>>, mi dimenai su me stessa e ansai convulsamente.

Lui mi sollevò il viso e mi guardò come se fossi la cosa più bella del mondo, nonostante la puzza che emanavo, il trucco sbavato e il groviglio informe in testa.

Gli presi la mano docilmente e la poggiai sul mio ginocchio, poi gli chiesi cosa fosse successo ieri sera. Lui accennò al fatto che fossimo nudi e che le lenzuola del letto fossero spiegazzate. Solo allora mi guardai il petto e notai che fossi nuda, completamente dalla testa ai piedi.

Divenni più rossa di un peperone, acciuffai un angolo di coperta e mi coprii dal seno in poi, affondando il viso poco dopo.

<<Non ricordi proprio nulla?>>, disse rammaricato. Si vede che per lui era una cosa speciale, e scordandomela l'ho in qualche modo tradito e ferito.

<<Zero.>>, lo guardai dritto negli occhi trasmettendo il mio dispiacere. Avrei voluto ricordare. Almeno il perché siamo andati a letto. Il motivo per cui mi avesse accompagnato lui e non Dean. Così glielo chiesi.

E lui non rispose.

La suoneria del mio cellulare squarciò il silenzio tra noi. Fissai August per una frazione di secondi, poi afferrai il cellulare e risposi. Era Monique.

<<Alba, dove diavolo sei?>>, disse con voce molto alta e concitata tant'è vero che allontanai di scatto il cellulare dall'orecchio per prevenire la lacerazione del timpano.

<<Ma buongiorno anche a te, darling.>>, risposi apatica.
<<Non è momento di fare spirito, Alba. Dean è all'ospedale e non si sveglia, cazzo. A quanto pare c'è stato un'incidente stradale ieri notte. Vieni subito!>>, disse allarmata e il mio tono sarcastico svanì come neve al sole. Il resto fu come un flashback: una macchina fracassata, due corpi ammaccati e ridotti in macerie. Io che urlavo il loro nome, ma non potevano ribattere. Mamma. Papà.

Ombre d'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora