Capitolo 1

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«Vuoi tu Francesca, prendere il qui presente Federico come legittimo sposo, per amarlo e onorarlo, in salute e in malattia, finché morte non vi separi?»

Sono passati due anni da quell'incidente.
Due anni da quando le nostre vite sono completamente cambiate.

Ricordo perfettamente quel giorno, il suo volto insanguinato e sofferente che a volte continua a tormentarmi nei miei peggiori incubi, senza darmi pace.

«Sì, lo voglio.»

Quello fu un incidente davvero molto grave, e con tutte le ferite che aveva sul corpo, è quasi un miracolo che sia ancora vivo, o almeno è stato questo quello che mi hanno detto i medici.

La ferita alla tempia aveva perso molto sangue e ci vollero due sacche di sangue per ristabilire quello perso.

Aveva una costola rotta e da quanto risultò dalle lastre, quella alla gamba era una frattura scomposta.

Rimase in coma per due settimane.

I dottori continuavano a ripetermi giorno dopo giorno che le sue condizioni erano troppo gravi e che probabilmente non ce l'avrebbe fatta.

«E tu Federico, vuoi prendere la qui presente Francesca come tua legittima sposa, per amarla e onorarla, in salute e in malattia, finché morte non vi separi?»

Rimasi vicino a lui per tutte e due le settimane di coma, giorno e notte.

Gli tenevo la mano e gli accarezzavo il viso, raccontandogli ciò che era successo poche ore prima in città o a volte ciò che riuscivo a vedere fuori dalla piccola finestra della camera d'ospedale, parlando con lui come si parla a una persona viva, ancora lì con te.

«Sì, lo voglio.»

A volte mi capitava che mi addormentavo vicino a lui, la mano intrecciata nella sua e la testa poggiata sul bordo del letto.
Mi addormentavo mentre gli parlavo, o semplicemente quando restavo a guardarlo.

I primi giorni furono terribili: il dolore e il senso di colpa mi colpivano come una pugnalata dritta nel cuore.

Le crisi di pianto erano così forti da non riuscire più quasi a respirare e piegandomi il corpo in due.

«Allora vi dichiaro marito e moglie.» Il prete fa una breve pausa. «Federico ora puoi baciare la sposa.»

Guardandomi negli occhi, avvicina il mio viso al suo e poggia delicatamente le sue labbra sulle mie, come il nostro primo bacio.

Dopo i primi giorni, le cose andarono, se possibile, meglio: le crisi di pianto erano sempre meno frequenti fino a scomparire del tutto.

Ero sempre più fiduciosa in un suo possibile risveglio, nonostante i medici continuavano a ripetere di spegnere le macchine.

Attraversiamo il breve tappeto formato da petali di rose, i pochi invitati in piedi ai lati che applaudono sorridenti.

Il vento soffia leggero e mi scompiglia i capelli raccolti in morbide onde sciolte sulle spalle, contornati dal velo bianco con dettagli di pizzo.

Quando Federico aprì gli occhi, non riuscivo a fare altro che se non piangere dall'emozione.

Restò altre due settimane in ospedale, e ce ne vollero altrettante per riuscire a poggiare il peso del corpo su entrambe le gambe.

Quando uscì dall'ospedale, non riusciva a camminare molto bene, ma il primo posto in cui mi portò fu al mare.

Non riusciva a camminare molto a causa della gamba, così fummo costretti a fermarci dopo una breve passeggiata, ma quando ci fermammo, si inginocchiò davanti a me e mi fece la fatidica proposta, nella stessa spiaggia in cui pochi mesi prima mi aveva chiesto di essere la sua ragazza, e la stessa in cui questo giorno ci siamo giurati amore eterno.

La persona che più mi è stata vicina in quelle due settimane è stata Giulia.

Avevo perso circa cinque chili ed ormai mi si potevano contare lo costole, gli occhi contornati da occhiaie che sfumavano dal grigio al rosso e il volto scavato, ma lei era sempre vicino a me.

Si assicurava sempre che io mangiassi, portandomi il pranzo in un sacchetto di un fast-food lì vicino e a volte mi obbligava quasi a tornare a casa, restando lei vicino a Federico e permettendomi di farmi una doccia e di riposare qualche ora.

Nel giorno più importante della mia vita, lei è Benjamin sono i nostri testimoni di nozze.

La loro relazione è migliorata moltissimo in questi due anni, diventando molto più forte e stabile.

Benjamin ha già comprato un anello, e sta cercando il momento adatto per fare il grande passo.

Entrambi si sono trasferiti a casa di Benjamin e i genitori di Giulia hanno trovato un posto fisso qui a Modena.

Io non sento i miei genitori dal giorno dell'incidente.

A volte sono tentata di chiamarli, ma ogni volta che mi succede le immagini di quel giorno mi ritornano in mente e ciò mi da la forza di posare giù il telefono.

«Sei pronto?» Mi giro a guardarlo negli occhi, una leggera cicatrice appena sul sopracciglio a indicare dove prima c'era la ferita.

«A cosa?»

«A una vita insieme.» Rispondo.

Mi sorride sinceramente.

«Se tu lo sei allora lo sono anche io.»

In risposta sorrido e incastro la mia mano nella sua, incamminandoci verso quello che sembra essere il nostro futuro.

You seth my heart on fire || Federico Rossi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora