Capitolo 16

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Percorro per l'ennesima volta con le braccia incrociate al petto il breve corridoio dell'ospedale, sotto lo sguardo di Federico seduto su una delle sedie rosse poggiate al muro.

"Amore." La sua voce richiama la mia attenzione.

"Cosa c'è?" Smetto di camminare e mi paro davanti a lui, il mio tono di voce risulta più arrabbiato e freddo di quanto mi aspettassi.

"Sono due ore che cammini avanti e dietro per questo corridoio, vieni a sederti." Indica le restanti sedie vuote vicino a lui, il restante occupato soltanto da un'anziana signora intenta a leggere un giornale mentre aspetta sua nipote.

"Non voglio sedermi. Preferisco stare in piedi." Gli rispondo, ricominciando a camminare come poco prima.

Federico, notando la mia determinazione, decide di riprovarci: "So che sei agitata perché è lì dentro da molto tempo." Indica con un dito la porta poco distante da noi in cui due ore prima è entrata Giulia. "Ma ci vorrà ancora molto, e l'unica cosa da fare è portare calma." Prosegue, il suo tono stranamente pacato contro il mio duro e scontroso.

"Non riesco a stare calma! La mia amica è lì dentro da più di tre ore e ancora non sappiamo nulla!" Sbotto a voce un po' troppo alta, attirando l'attenzione di qualche medico di passaggio e della signora in attesa con noi che ha alzato gli occhi dal suo giornale ed ora li ha puntati su di me.

Senza dire una parola, Federico si alza dal suo posto e si avvicina a me, sotto il mio sguardo confuso: delicatamente, prende la mia mano e la stringe nella sua, portandomi con sé al posto di prima, facendomi sedere vicino a lui.

Con un braccio mi cinge la vita e appoggio la testa sulla sua spalla, iniziando a sentire poco dopo un tocco leggero sui miei capelli, iniziando a sentirmi all'istante più rilassata.

"Scusami per prima, non volevo risponderti in quel modo." Borbotto a occhi chiusi.

"Non devi scusarti." Sussurra al mio orecchio, il suo respiro che si infrange sul mio lobo, provocandomi brividi lungo la schiena che si intensificano poi quando ci lascia un bacio sopra.

Restiamo in questa posizione per non so quanto tempo, lasciandomi andare contro le sue carezze leggere fino a quando non sento qualcuno correre affannatamente nella nostra direzione, ed è solo quando sento Federico alzarsi, che capisco di chi si tratta.

Mi alzo a mia volta, le mani in tasca e lo sguardo fisso su di lui: "Dov'è?" Chiede con una mano sul petto e rosso in viso per la grande corsa.

"È ancora dentro, abbiamo provato a chiedere informazioni a qualche medico ma ci hanno soltanto detto di aspettare qui fuori." Gli risponde Federico, poggiandogli una mano sulla spalla. "Nel frattempo siediti, non ci vorrà ancora molto."

Con la coda dell'occhio getto uno sguardo alla mia destra e mi accorgo che la vecchia ha ormai abbandonato il suo giornale per concentrare a pieno la sua attenzione su di noi.

Fa per ribattere, ma accorgendosi che non servirà a nulla, decide di accettare, se pur di malavoglia: "D'accordo."

Si lascia cadere sulla sedia e affonda le dita nei suoi capelli mori, cercando di regolarizzare il battito cardiaco e il respiro facendone di grandi e profondi.

"Siediti anche tu, sei stata fin troppo tempo in piedi." Mi lascia un bacio sulla fronte e rimane in piedi, appoggiato con la schiena al muro vicino al posto in cui sono seduta e la mia mano intrecciata nella sua, nel tentativo di infondermi un po' della sua calma.

"Quanto tempo fa siete venute qui?" Chiede il moro guardandomi negli occhi.

Velocemente faccio un calcolo mentale, ripercorrendo le ore precedenti e la corsa in ambulanza per arrivare qui.

"Circa tre ore fa." Rispondo.

Annuisce brevemente e torna alla posizione di prima, per poi pormi un'altra domanda: "Stava scegliendo il vestito per il matrimonio, non è vero?" Incrocio di nuovo gli occhi nei suoi, ma a differenza di prima, questa volta hanno una strana luce.

"Sì." Sorrido brevemente. "Stava scegliendo il vestito."

"E lo ha fatto?" Chiede senza staccare i suoi occhi dai miei. "Lo ha scelto?"

"Sì, lo ha scelto."

"Era bellissima, non è vero?" Continua con le sue domande.

"L'avresti trovata sicuramente bellissima."

A questa confessione, i suoi occhi iniziano a brillare come poco fa e si poggiano sulla parete davanti a lui, e sono certa che sta cercando di immaginarla, fino a quando una porta che si spalanca seguita da una voce non interrompe il suo flusso di pensieri: un' ostetrica con un camice azzurro e un paio di guanti di lattice sporchi di sangue viene nella nostra direzione.

"È un maschio!" Esclama. "È nato e sta bene." Continua sorridendo.

A questa confessione scattiamo tutti in piedi, tirando un sospiro che giaceva nelle nostre bocche da chissà quanto tempo.

"Possiamo vederli?" Chiede speranzoso Benjamin.

"Certo, seguimi." Risponde la donna.

Benjamin con evidente sollievo sul volto, si avvicina la donna, ma subito si volta verso di noi, chiedendo: "Volete venire anche voi con me? Avete aspettato tutto questo tempo, anche voi volete vederla."

"Tranquillo, la vedremo dopo. Ora vai, ti starà aspettando." Risponde Federico per entrambi.

Con un sorriso riconoscente nei nostri confronti, segue l'ostetrica per il lungo corridoio, fino a scomparire dietro quelle porte scorrevoli.

Benjamin.

"È qui dentro." Indica la stanza davanti a noi. "Ci sono sia lei che il bambino.
Ti conviene andare prima che si addormentino."

Prima che posso dire qualsiasi cosa, è già lontana da me, e con mano tremante, prendo la maniglia tra le mani e la abbasso, rivelando dietro questa porta bianca una stanza con l'inconfondibile odore di disinfettante di ogni ospedale.

Giro il capo verso destra e la trovo sorridente con lo sguardo fisso su di me, quasi come se mi stesse aspettando, la stanchezza come la felicità ben visibile sul suo volto.

"Ciao." La sua voce non è più alta di un sussurro.

"Ciao." La saluto a mia volta, lasciandole un bacio sulla fronte e la vedo socchiudere gli occhi quando le mie labbra entrano in contatto con la sua pelle.

"Si è addormentato." Mi avvisa con lo stesso tono di voce, indicando la piccola culla ai piedi del letto.

In silenzio e con un sorriso sul volto, mi avvicino, e con tutta la delicatezza possibile, lo prendo tra le mani e gli bacio la punta del naso, sussurrando dolcemente sul suo volto: "Benvenuto al mondo, piccolo Brian."

You seth my heart on fire || Federico Rossi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora