Capitolo 2

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«Amore dove lo metto questo quadro?»

Alzo lo sguardo dalla pila di libri ai miei piedi davanti alla libreria e guardo il quadro tra le sue mani raffigurante la Tour Eiffel di Parigi e come sfondo un tramonto.

«Mmh..» Mi guardo intorno cercando un parete su cui appenderlo. «Li va benissimo. I colori si abbinano molto bene al divano.» Continuo indicando la parete dall'altra parte della stanza.

«Perfetto.»

Lo guardo prendere chiodi e martello dalla cassetta degli attrezzi ai suoi piedi per poi ritornare a posare i libri nella libreria, togliendo il leggero strato di polvere formatosi con il tempo sulle copertine.

Sto per posare l'ultimo libro vicino a tutti gli altri, quando la mia attenzione viene catturata da uno dal l'apparenza molto vecchio, a giudicare dalla copertina ingiallita.

È un romanzo di inizio Ottocento, i segni degli anni visibili su ogni pagina mentre velocemente le faccio scivolare tra le mie dita, respirando a fondo l'odore della carta antica.

Mi fermo a metà libro circa, una foto anch'essa antica che cattura la mia attenzione.

Incuriosita, la prendo tra le mani, notando i bordi leggermente rovinati.

La guardo attentamente: raffigura un uomo, giovane, un berretto in testa e una mano poggiata allo schienale di una sedia.

Deve essere molto giovane, vent'anni al massimo, ma nonostante la foto sia in bianco e nero, non posso fare a meno di notare il velo di tristezza che incupisce il suo sguardo.

Sul retro, una frase scritta a mano in bella grafia, l'inchiostro sbiadito con il passare degli anni.

«Ovunque sarò, ti amerò anche lì.»

-6 Giugno 1944.

Giro di nuovo quella fotografia e quasi immediatamente capisco che quella foto apparteneva a una giovane donna e quell'uomo era il suo fidanzato o suo marito, in partenza per la guerra.

Sfoglio altre pagine di quel vecchio libro, in cerca di qualche indizio o magari di qualche altra foto, ma con scarsi risultati, fino a quando quella che sembra una lettera cattura la mia attenzione.

Sto quasi per prenderla e leggere il nome del destinatario, quando sento dei passi scendere le scale e la voce di Federico chiamarmi.

«Amore, sei di sotto?»

Immediatamente, infilo di nuovo nel libro la foto e la lettera, per poi posarlo velocemente nella libreria di legno davanti a me.

«Allora sei qui.» Scende l'ultimo gradino e mi viene incontro sorridendo.

Mi alzo da terra dalla mia posizione a gambe incrociate e lo raggiungo, sorridendogli anch'io.

«Ho finito di montare i letti nella camera del bambino, che ne dici di venire a dare un'occhiata?»

Annuisco e salgo al piano di sopra con lui, diretti nella camera.

«Che ne dici? Li ho montati bene?»

Mi fermo appoggiandomi allo stipite della porta e incrocio le braccia al petto, dando una veloce occhiata alla stanza per poi soffermare lo sguardo sui due piccoli lettini.

«Si. Hai fatto proprio un bel lavoro.» Gli sorrido sinceramente e gli vado incontro, allacciando le mani dietro il suo collo per poi baciarlo.

Entrambi abbiamo intenzione di avere due figli: un maschio e una femmina.

A lui piacerebbe avere un maschio, qualcuno che gli faccia compagnia nel vedere le partite di calcio in TV e che lo aiuti nelle "cose da maschi" come dice lui.

A me, invece, piacerebbe avere una femmina, una piccola bambina che corre per casa e che mi aiuti a preparare biscotti con glasse colorate o una compagna di shopping.

«L'unica cosa che resta da montare è la culla.» Indica un cartone in fondo alla stanza. «È ancora inballata, ma avevo intenzione di montarla oggi, così anche questa stanza è completata. Che ne dici?»

«Mi sembra un'ottima idea.» Rispondo. «Io nel frattempo finisco il lavoro qui.» Continuo indicando i due lettini incompleti al nostro fianco.

«Mettiamoci al lavoro allora.» Mi sorride e si allontana, diretto allo scatolo in fondo alla stanza.

Prendo delle lenzuola precedentemente comprate in un negozio per bambini e le appoggio su un letto, seguite poi dai cuscini.

Sprimaccio i cuscini per poi infilarli nelle federe colorate e li metto da parte.

Stendo su entrambi i letti le lenzuola colorate e dai motivi floreali per poi fare la stessa cosa con il piumino bianco.

Una volta completati entrambi e aver aggiunto anche qualche peluche, faccio un passo indietro, ammirando con soddisfazione il mio lavoro, quando sento due mani appoggiarsi sui miei fianchi.

Appoggia il mento sulla mia spalla e alzo la testa per guardarlo negli occhi.

«Ti va di fare un bagno?» Propone.

Annuisco sorridendo e mi lascio trasportare fino al bagno nella nostra camera da letto.

Lo guardo riempire la vasca con movimenti fluidi e naturali, i suoi muscoli tesi sotto la sua maglietta bianca attillata, per poi sfilarsela e girarsi nella mia direzione.

Mi avvicino a lui e faccio la stessa cosa, seguita poi dal resto degli indumenti.

Entro nella vasca riempita da acqua tiepida e schiuma, posizionandomi tra le sue gambe e appoggio la testa sulla sua spalla, per riuscire a guardarlo negli occhi.

«Credi che il signor Brown riesce a venderti il suo vecchio studio?»

«Non lo so. Gliene ho parlato  l'altro giorno e gli ho anche fatto un'offerta.»

«E lui cosa ti ha detto?»

«Ha apprezzato la mia offerta. Mi ha chiesto il numero e quando glielo ho dato mi ha detto che mi avrebbe chiamato e mi avrebbe fatto sapere.»

«Pensi che ti chiamerà?»

«Credo di sì. Sembrava molto interessato alla mia offerta. Spero che mi richiamerà. Tengo molto ad aprire uno studio medico per bambini come già sai e vorrei che questo non rimanga solo un semplice sogno.»

«Non rimarrà solo un sogno. Riuscirai ad aprirlo questo studio.» Gli dico con sincerità.

«Già, ci riuscirò.» Mi sorride ma con quelle semplici parole sembra quasi volersi autoconvincere.

You seth my heart on fire || Federico Rossi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora