Capitolo 20

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Tre mesi dopo.

"Hai per caso visto i miei orecchini?" urlo in modo da rendere ben udibile la mia voce, dopo aver controllato anche l'ultima scatolina nel cassetto del comò ma dove ho trovato l'esatto contrario di ciò che sto cercando.

"No tesoro non li ho visti." Grida a sua volta.

Sospirando, mi dirigo verso il bagno, dove per mia fortuna trovo il paio di orecchini che cercavo appoggiati sulla mensola.

Li prendo tra le mani e li infilo nei lobi bucati delle orecchie mentre mi dirigo in direzione della cucina, dove mi è parso di sentire la voce di Federico.

La mia supposizione si rivela esatta nel momento in cui, entrando nella stanza, lo trovo seduto su una sedia e completamente rivolto verso il seggiolone dove Ginevra, la nostra bambina di ormai tre mesi, è accomodata, il viso per metà già sporco e il cucchiaio a pochi centimetri dalla sua bocca anch'esso pieno per metà.

Lo rifiuta, girando il viso dal lato opposto e unendo le labbra in una linea sottile, nonostante le mille preghiere del padre e le altrettante moine.

Glielo avvicina di nuovo al viso, imitando il suono di quello che dovrebbe essere un aeroplano in volo, ma gira il viso nella direzione di prima e lo getta in basso con uno scatto, sporcando il suo vestito.

"Basta, ci rinuncio!" Esclama ormai esasperato alzandosi in piedi. "È da mezz'ora che provo a farla mangiare in ogni modo possibile ma non ne vuole proprio sapere." Ormai è davanti a me e riesco a notare le numerose macchie di cibo sulla sua camicia.

"La camicia." La indico, e nonostante la situazione chieda il contrario, non riesco a fare a meno di trattenere una risata, che in poco tempo coinvolge entrambi.

"Vado di sopra a cambiarmi." Annuncia per poi scomparire su per le scale.

Mi avvicino al seggiolone e prendo Ginevra di peso, la porto al piano di sopra e la cambio, vestendola con un vestito bianco con dettagli di pizzo e un paio di scarpe del medesimo colore.

Sulla testa le poggio un cappello simile al vestito che indossa, e quando ho finito di prepararla, osservo fiera quella che è la mia bambina.

"Sono pronto." Entra nella stanza abbottonandosi gli ultimi bottoni della camicia.

Mi giro verso di lui con lo stesso sorriso, colmo di amore e di felicità.

Giulia.

Guardo il mio riflesso allo specchio e sospiro rumorosamente, non riuscendo a fare a meno di trovare imperfezioni dappertutto.

"Non credi che sia troppo esagerato?" Le chiedo, riferendomi all'abito.

"No." Alza lo sguardo dalla ciocca di capelli che sta arricciando. "Credo che sia perfetto."

In questo giorno è stato a lei che ho chiesto aiuto per prepararmi.

Odio avere gente intorno e ciò servirebbe solo ad aumentare la mia ansia.

Spruzza un po' di lacca sui miei capelli biondi acconciati in boccoli e sistema il velo, l'unica parte mancante e con le mani lo aiuta a scendere libero sulla schiena.

"Abbiamo finito." Annuncia osservando soddisfatta il suo lavoro.

Mi avvicino ancora di più allo specchio per riuscire ad osservarmi meglio e non posso fare a meno di sorridere spontaneamente.

"Hai fatto davvero un bel lavoro!" Mi volto nella sua direzione.

A sua volta sul suo viso compare un sorriso, e quasi istintivamente, nella mia mente ripercorro il momento in cui, due anni prima, ci siamo conosciute, lasciando che una piccola lacrima carica di commozione scenda lungo il mio viso.

Prontamente, la asciuga con il pollice, ma anche nei suoi occhi leggo gli stessi sentimenti, nonostante cerca di nasconderli, mentre mi passa il bouquet di rose bianche e rosse.

Dall'esterno sento varie voci, alcune delle quali sono di passaggio e non riesco a riconoscerle, ma una in particolare cattura la mia attenzione.

Tendo l'orecchio in quella direzione e mi avvicino, nel tentativo di sentirla meglio.

Sembra familiare ma allo stesso tempo sembra di non averla mai sentita, così decido di eliminare dalla mia mente ogni dubbio.

"Di chi è questa voce?" Le chiedo indicando con il pollice la porta.

"Vai a scoprirlo, no?" Scrolla le spalle, un sorriso sul volto e le braccia incrociate al petto, e ciò serve solo a confondermi di più.

Titubante, afferro la maniglia nella mia mano e la abbasso, rivelando il viso appartenente a quella voce e rimanendo letteralmente a bocca aperta.

"Papà!" Esclamo, portando le mani sul viso.

"Bambina mia!" Esclama a sua volta e mi viene incontro abbracciandomi, proprio come faceva quando ero piccola.

"Cosa ci fai qui?" Gli chiedo alzando di poco la testa dalla sua spalla e riuscendo a malapena a trattenere una lacrima.

"Non potevo certo mancare al matrimonio di mia figlia?" Risponde asciugando la lacrima dal mio viso e mi stringe di nuovo a sé.

Dopo alcuni istanti sciogliamo l'abbraccio e ci sediamo sul divano l'uno di fronte all'altra, ma tenendo comunque le nostre mani intrecciate tra di loro.

"Dove sei stato tutto questo tempo? Perché non sei venuto a trovarmi?"

"Aah bambina mia." Sospira. "Sono stato molto lontano a causa del lavoro, per questo non ci siamo visti per tutto questo tempo."

"E la mamma?"

"La mamma mi ha seguito durante tutti i miei spostamenti, nonostante per lei sia stato molto difficile."

"Adesso dov'è?"

"È nell'altra stanza. Credo si sia innamorata di Brian."

"Attento o si dimenticherà di te." Affermo ridendo.

"Ora che mi ci fai pensare credo proprio che possa succedere!"

Ci guardiamo negli occhi e scoppiamo a ridere, pensando a quanto mi sia mancato il suo senso dell'umorismo e la sua spontaneità.

"Mi piacerebbe molto restare qui a ridere con te." Si alza e afferra entrambe le mie mani, invitandomi a imitarlo. "Ma abbiamo un matrimonio da celebrare!"

You seth my heart on fire || Federico Rossi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora