1) Il Labirinto

5.3K 196 18
                                    

Felice solamente colui che avendo provato la vertigine fino a tremare in tutte le sue ossa e a non misurare più la sua caduta ritrova d'improvviso la potenza insperata di fare della sua agonia una gioia capace di gelare e di trasfigurare quelli che la incontrano."

- Georges Bataille, Il labirinto


Ero stremata. Correvo da ore, odiavo dover correre, nonostante mi avesse salvato la vita diverse volte. Stavo scappando da qualcosa - o forse da qualcuno?
Non lo ricordavo.
Continuavo a scappare da quando ne avevo memoria, eppure mi ero messa a correre da, al massimo, un paio di giorni.

Mi passai una mano sul viso. Le profonde occhiaie sotto gli occhi erano più accennate ad ogni secondo che passava, i vestiti più sporchi e i battiti forsennati del mio cuore sempre più veloci. Non avrei resistito ancora per molto.

Svoltai a destra e un raggio di sole mi colpì gli occhi chiari. Mi riparai il viso con una mano e, quando mi fui abituata alla luce, la passai tra la chima lunga e bionda. Non mi piacevano tanto i miei capelli, erano d'impiccio per correre ma, nonostante fossi stata tentata più volte di tagliarli con il grosso pugnale che portavo alla cintura, il qualcuno che mi inseguiva me lo aveva sempre proibito, in un modo o nell'altro.

Rallentai il passo. Il qualcosa che mi inseguiva (non sapevo ancora come chiamarlo) non usciva mai di giorno.

Svoltai di nuovo e mi ritrovai di fronte ad una specie di grosso ragno metallico, schiumoso, bavoso e dalle zampe decisamente affilate.

Come non detto.

Il mostro stridette, spalancando la bocca irta di zanne da cui colavano rivoli di bava appiccicosa.

Corsi verso di lui, scivolandogli sotto la pancia e squarciandogliela con il pugnale.
Gli saltai sopra e gli tranciai le zampe, una ad una.

Quando la carcassa smise di tremare e contorcersi, cercai sotto la coda il pungiglione. Quando lo trovai, lo staccai e lo nascosi vicino ad una parete che, come avevo previsto, si spostò poco dopo, schiacciando il metallo come fosse carta stagnola.

Mi allontanai in fretta. Se conoscevo il qualcuno che mi inseguiva almeno la metà di quanto pensavo di conoscerlo, provabilmente la bestia era morta solo la metà del doppio di come ero morta io.

In sintesi: era ancora viva.

O, se non lo era, i suoi amichetti in lutto erano vicini almeno il doppio della metà della metà... okay, la smetto.

Continuai a correre, rallentando solo per confermare che la mia desertica borraccia era deserticamente vuota.

Uno stridio mi fece rizzare i peli sulla nuca.

Maledizione, venivano a prendermi!

Accelerai, nonostante i polmoni mi stessero minacciando di risalire la gola e andare a prendere un the con quelle dannate bestiacce.

Il rumore della roccia incisa dal metallo si faceva sempre più vicino.

"Maledizione, maledizione, maledizione! E adesso come faccio?!" pensai guardandomi attorno all'invana ricerca di un nascondiglio.

Ripresi a correre, ormai il cuore mi esplodeva in petto ma era l'unica cosa che potessi fare per sopravvivere. Svoltai a destra e a sinistra, fino a ritrovarmi davanti ad un muro in ombra ricoperto di edera.

"Grandioso, Elise" pensai guardandomi attorno "un vicolo cieco! Non potevi trovare di meglio, vero?!"

Cominciai ad arrampicarmi tra le foglie, sentendo che le bestie, dietro di me, mi avevano ormai raggiunto e stavano scalando il rampicante.

Piantai il piede su un ramo troppo piccolo che si spezzò, facendomi scivolare per un paio di metri, ma mi fermai prima di finire in bocca alla bestia.

Ricominciai ad arrampicarmi, nonostante i palmi delle mani bruciassero per i minuscoli tagli che mi ero provocata fermando la caduta.

Una bestia, sotto di me, scivolò sulla bava di un'altra e cadde trascinanadosi dietro una compagna. Ne restavano due e l'edera stava finendo.

Mancavano un paio di metri alla cima del muro, liscio, levigato e privo di piante.

"Pensa, Elise, svelta!" mi urlavo nella testa, cercando di sovrastare le urla dei mostri. Come potevo liberarmi di due creature viscide e letali? Senza morire, ovvio.

Slacciai le cinghie del mio zaino, cercando qualcosa che mi potesse aiutare. Una borraccia vuota, un paio di metri di corda, due fiammiferi e una carota (tutto ciò che restava dei miei viveri).

Legai il pugnale alla corda, roteandola sopra la testa e lanciandola oltre il muro.

"Ti prego, fa che regga."

Probabilmente parlavo con la corda, probabilmente era una cosa stupida, probabilmente non mi importava.

Iniziai a scalare, arrivando in cima in qualche secondo.

Presi i fiammiferi e cercai di accenderli, sfregandoli contro la roccia.

Il primo si spezzò tra le mie mani tremanti mentre i mostri si avvicinavano sempre di più.

"Tranquilla, Elise." mi ordinai "La fretta ti farà solo uccidere."

Il fiammifero si accese. Diedi fuoco alla corda e la lanciai addosso al mostro che, sorpreso, lasciò la presa e cadde. Ma, fortunato avvenimento, l'altra bestia schivò il compagno e continuò a salire imperterrito.

Iniziai a calarmi dall'altra parte e, una volta arrivata a metà muro, mi rannicchiai tra le foglie.

Il mostro, senza pensarci due volte, si lanciò dal muro tenendosi aggrappato all'edera, che si staccò dalla pietra e lo fece precipitare a terra con un sonoro squash. Rivoltante!

Non avevo nessuna voglia di spaccarmi la testa o le gambe cadendo, così continuai a calarmi lentamente, fino ad un punto abbastanza basso. Saltai sulla carcassa del mostro, atterrando fino alle ginocchia nella parte viscida - ma morbida - del suo corpo melmoso.

Ripresi a camminare più lentamente, lasciando dietro di me una vischiosa bava giallognola. Che schifo, forse quella di usare il mostro come tappeto non è stata una buona idea.

Mi trascinai per i corridoi giganteschi del Labirinto senza sapere dove andare. Non sarei resistita un'altra notte senza cibo né acqua né un pisolino. Mi restava solo il pugnale ma non ero più molto lucida.

Poi, proprio mentre mi stavo per arrendere, uno squarcio tra due muri lasciò intravedere un prato verde, delle costruzioni in legno, una piccola foresta e, cosa più importante di tutte, dei ragazzi. Passare due giorni da sola nel Labirinto ti fa riconsiderare di molto la presenza umana.
C'era solo un minuscolo problema: i muri si stavano chiudendo.

She's The Last One. Ever. || The Maze RunnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora