Capitolo 8

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Una volta finita la la breve dormita si alzarono e, per prima cosa, analizzarono la flora presente nel lago. La cosa che saltava velocemente all'occhio erano le ninfee.

"Sai, mia zia Marge mi raccontava tantissime leggende sulla creazione di fiori ed alberi. Ne ricordo una sulle ninfee, vuoi sentirla?"

Chiese Harriet, prendendo un quaderno ed una matita. Abbozzó un disegno del fiore e cominciò a scrivere. Nel mentre raccontava la storia alla studentessa più giovane, che la ascoltava meravigliata.

"C'era una volta una bellissima Ninfa, che viveva presso un lago. Un raggio di sole la vide e si innamorò perdutamente di lei. Quando si fece vedere, la Ninfa si vergognó... perché il raggio di sole indossava un bellissimo abito d'oro mentre lei un semplice vestito di perle. Per compiacere il raggio di sole, la Ninfa si gettò in acqua e prese dal fondale dell'oro. Ma ciò che trasportava era troppo pesante e quindi la fece sprofondare nel lago. Solo le sue mani rimasero in superficie, ancora cariche d'oro. Quando il raggio di sole la cercò non la trovò, la Ninfa era diventata un meraviglioso fiore acquatico che si apre solo quando un raggio di sole la sfiora... per poi richiudersi"

Honey rimase rapita da quella storia. Era semplice e allo stesso tempo bellissima.

"Credo sia un'antica leggenda greca..."

Sì giustificó Harriet, finendo di scrivere.

"È proprio una bella storia"

Sì guardarono per un paio di secondi, ma interruppero il contatto visivo quando udirono un fruscio provenire dai cespugli spinosi.
Si avvicinarono e cercarono di scorgere qualcosa. Una squamosa testolina nera fece capolino dai rovi.
Honey fece un passo indietro, mentre la maggiore sporse una mano verso la pianta. Un serpente si avvolse al suo braccio, cominciando ad odorare l'aria.

"È solo una serpe nera. Non è velenosa"

Harriet ridacchió e prese ad accarezzare la testa del rettile.
La studentessa più giovane fissava il serpente con aria curiosa.

"Dai, avvicinati. Non fa niente!"

La spronó la maggiore. Honey si avvicinò piano ed avvicinò la mano alla serpe. Il rettile scattò in avanti, sfiorando con la lingua la sua mano facendola rabbrividire.

Non sapeva perché ma ad Honey la ragazza che le stava vicino in quel preciso istante somigliava ad una serpe.
Potrebbe non essere bello da dire... ma era proprio così. Era una creatura complessa nella sua semplicità, che nonostante l'aspetto minaccioso o le voci che correvano sul suo conto in realtà... era innocua.

***

Il colore azzurro del cielo lasciò il posto ad un bel blu notte. Le due studentesse erano andate a prendere una porzione di pasta per cena, al piccolo locale nella periferia della foresta.

Poi tornarono alla tenda, dove Harriet prese dalla sua valigia un binocolo e se lo appese al collo.

"Cerchiamo qualche civetta!"

La moretta si guardò intorno, cercando un albero dove fosse facile arrampicarsi. Suo padre le insegnò a salire sugli alberi quando aveva appena otto anni, erano andati in campeggio quell'estate.
Alla fine ne avvistó uno, era un enorme ippocastano.

"Vuoi una mano per salire?"

Chiese Honey alla più grande, che guardava perplessa la pianta.
Forse era colpa del suo orgoglio ma nonostante lei non avesse idea di come scalare un albero non voleva ammettere di essere in difficoltà. Non voleva fare qualche brutta figura davanti alla sua accompagnatrice.

"No, ce la faccio!"

Quando furono su un ramo abbastanza largo e spesso da ospitarle entrambe, Harriet si poggió al tronco mentre Honey si sedette domodamente tra le sue gambe. Quest'ultima prese immediatamente il binocolo e si mise a guardare il cielo.

"Sei sicura che ci siano dei gufi o delle civette qui?"

La giovane interpellata annuì con sicurezza e riprese ad osservare tra gli alberi.

"Harriet. Noi siamo le quarte e le quinte classi, non dovremmo fare uscite d'istruzione leggermente più... impegnative?"

Harriet dovette mettere insieme i pensieri che ronzavano confusionari nella usa mente, visto che stava quasi per addormentarsi.

"A Novembre siamo andati in Canada. Ricordo che dovetti fare un sacco di extra per poter andare"

L'altra non disse nulla, ma si limitò ad ascoltare.

Ad un certo punto, verso le due del mattino, Honey sentì tubare. Si girò velocemente, osservando in agitazione tra la vegetazione.

Esplose di emozione quando vide ben due gufi, poggiati sul ramo di una sequoia.

"Harriet! Eccoli!"

La mora, che intanto si era assopita di nuovo, raddrizzó la schiena e prese il binocolo che le porgeva Honey.

Osservò i due gufi, stavano sfregando le teste fra di loro. Uno era grigio e l'altro bianco, pieno di macchie marroni.

"Sei felice adesso?"

Chiese piano Harriet, prendendo la ragazza davanti a lei per le spalle.
La fece sdraiare lentamente sul suo petto, le accarezzò i capelli e le diede un bacio sulla testa.

Il giorno dopo entrambe misero il costume da bagno e, armate di maschera e boccaglio, cominciarono ad analizzare i tipi di pesci o piccoli crostacei che si trovavano nel lago.

Inutile dire che vedere Harriet in costume da bagno mise parecchio in agitazione Honey. Ovviamente l'altra fece finta di non accorgersi dell'effetto che faceva alla più piccola, ma in realtà le piacque molto sapere di poterla mette in imbarazzo e di farla arrossire in modo così evidente.

Nel tardo pomeriggio, invece, ritornarono ad arrampicarsi sugli alberi. Avvistarono diversi tipi di volatili, tra cui un'aquila di passaggio.

***

Il giorno prima della partenza Honey si svegliò carica di energia, cercò Harriet al suo fianco ma non la trovò.
Un sandwich alla marmellata era rinchiuso in un fagottino di carta accanto al sacco a pelo dove dormiva la maggiore.
Non poteva assolutamente essere andata a fare colazione, era troppo presto. Circa le sei e mezza del mattino, doveva aver preso qualcosa la sera precedente.

Sbadiglió e scartó quella che doveva essere la sua colazione. Diede un morso e riconobbe quella che era marmellata di fragole.

Prese una maglietta a maniche corte e dei pantaloni. Quel giorno avrebbe dovuto fare molto più caldo.

Quando uscì dalla tenda avrebbe voluto sprofondare per l'imbarazzo.

Harriet era appena uscita dal lago, la sua pelle era resa lucida dalla fioca luce del sole. I capelli neri erano appiccicati al volto per via dell'acqua.

Solo allora si accorse che con aveva nulla addosso tranne uno striminzito paio di pantaloncini.

Era come paralizzata.

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