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Primo giorno.

Il primo giorno che ti vidi ricordo che ero in macchina, dovevo andare ad un appuntamento e c'era molto traffico, così, invece di passare per la strada principale, passai per una stradina poco affollata dove a malapena passavano i pullman e i ragazzi, appena usciti dall'università, li aspettavano impazienti.

È proprio lì che ti vidi: in quella stradina, seduta su una panchina lontana da tutti, vestita solo di nero. Sulle tue gambe avevi poggiato un libro e accompagnavi la lettura di esso con una bibita d'asporto.

Era un pomeriggio di metà settembre, l'orologio segnava le 16 e in quella zona c'erano le università, quelle private, costose, con figli di papà in ogni dove.
Eppure tu eri diversa, con quegli occhiali sul viso, a nascondere gli occhi a chiunque ti volesse parlare.
I capelli restavano coperti al di sotto del cappuccio della felpa ma notai due fili rossi spuntare da essi e collegarsi al cellulare; ascoltavi musica, forse per estraniarti ancora un po' da quelle ragazze vestite di tutto punto o da quei ragazzi che ti guardavano con disgusto.

Non sapevo cosa c'era di sbagliato in te, certo si vedeva che non eri una che se la tirava: sola con la testa bassa. China su quel libro come ad assorbire ogni parola.

Fumavi, lo notai all'ultimo. Avevi una sigaretta stretta tra le dita, consumata a metà. Ogni tanto facevi un tiro ma poi ti perdevi a leggere quelle righe e lasciavi che il vento la consumasse per te.

Muovevi la gamba su e giù, non capivo se per nervosismo o a ritmo con la musica che, in quel momento, ascoltavi.

Avrei voluto sapere cosa stavi leggendo e cosa stavi sentendo, i pensieri che tenevi nascosti all'interno della tua mente e vedere le frasi che sottolineavi con quell'evidenziatore giallo che tanto stonava con te.

La pelle era candida e bianca, come la neve, un po' ci assomigliavi sai? Non ero mai rimasto così tanto tempo ad osservare una cosa o una persona, ma tu per me eri neve e rimasi incantato da te che eri così diversa in confronto a tutto il resto.

Quel giorno era nuvoloso e grigio, minacciava pioggia ma tu eri tranquilla. Anche vestita di nero risplendevi come sole in quel grigiore.

Ti avevo osservato così tanto che non mi accorsi del fatto che mi fossi fermato, avessi accostato e ti stavo scrutando con un'intensità non mia.

Solo quando passò il pullman e la mia vista fu oscurata da esso misi in moto e me ne andai.

Ma la tua immagine continuava ad occuparmi la mente, eri costantemente avanti ai miei occhi, vestita di nero, con gli occhiali a coprirti il volto.

Potevo solo immaginare gli occhi che si nascondevano al di dietro di quelle lenti scure.

Ma dovevo togliere dalla mente la tua immagine misteriosa, eri solo di passaggio...

O così pensavo...
...invece, mi hai consumato i pensieri.

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Fatemi sapere cosa ne pensate e scusatemi per gli eventuali errori

Neve || Mauro IcardiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora