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Ottavo giorno.

Eravamo seduti sulle panchine del parco sotto casa tua, ascoltavi una canzone in napoletano, non la capivo.

"È il mio dialetto." - dicesti cupa.

C'era il sole ed eri arrabbiata, nervosa.

Cercai di capire bene le parole della canzone, di associarle, solo alcune le comprendevo, quelle facilimente intuibili.
"Me la traduci?" - chiesi all'improvviso.

Volevo conoscere ogni cosa che ti riguardasse, volevo scavare a fondo alla tua anima, avevo voglia di scoprirti e di proteggerti, di poter guardare finalmente i tuoi occhi.

Tu annuisti semplicemente e sorridesti. "È una canzone di Lucio Dalla, però remixata e Clementino c'ha cantato sopra. Mi mette i brividi per quanto è bella." - spiegasti felice. "Ti dico solo la parte che preferisco." - dicesti chiara.

Annuì semplicemente, volevo ascoltare la tua voce che era come musica per me, appuntai velocemente il nome di quel cantante e ti stetti a sentire.
"Vada vada, voglio capire." - dissi facendoti ridere.

Ti leccasti le labbra e tolsi le cuffiette, per far risuonare meglio la musica attorno a noi.

"Vir Naple e po' muore
Dicevano ccà
Quando t pija rint' o' core
Nun c'è sta niente a fa
Gente c'ha dato 'o calore
chesta città
Ncopp e tast e pianoforte
Dice a verità:
Io te voglio tanto bene assaie."

Mi traducesti questo pezzo, capì che ti mancava la tua terra la tua casa, giurai a me stesso che prima o poi ti avrei riportato là, tra il sole e la luce del tuo sud.

Il sole, con me, non ti faceva poi così paura.
Ti prometto che non avrai mai più paura, Neve.

Neve || Mauro IcardiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora